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Successione, denaro e inventario

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 9 settembre 2021

Nelle successioni il denaro, i gioielli, i mobili e le opere d’arte, dichiarati o presunti, sono tassati.

Questa la previsione della norma (art. 9 comma 2 del D.Lgs. 346/90):

“Si considerano compresi nell’attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell’asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore, salvo che da inventario analitico redatto a norma degli articoli 769 e seguenti del codice di procedura civile non ne risulti l’esistenza per un importo diverso”.

Ne abbiamo già trattato nel nostro articolo “Denaro, gioielli, mobili e opere d’arte nella successione” ne II Commercialista Telematico del 17 marzo 2020.

Qui analizziamo un aspetto particolare, e cioè la redazione di un inventario ad hoc, redatto appunto per vincere la presunzione del 10%.

Riportiamo la conclusione del nostro precedente intervento:

“In estrema sintesi si può affermare che se non si dichiara nulla, vale la presunzione del 10% sul netto ereditato (attività meno passività), al netto della franchigia. Se si dichiara di meno del 10%, serve un inventario, altrimenti vale sempre il 10%. Se si dichiara di più, vale quanto dichiarato”.

I beni culturali vincolati sono esclusi, mentre sono da considerare, in aggiunta alla previsione del 10%, conti correnti (Cass. nn. 8191 e 8198/2011 e, indirettamente, 21901/2020), titoli, monete d’oro, lingotti e opere d’arte non presso la propria abitazione. [1]

Sono altresì esclusi i gioielli (Cass. n.6684/1990) di ornamento, e non di commercio o investimento. Sono altresì da considerare mobili e arredi esistenti in luoghi diversi dalla abitazione (ad esempio uffici o altro).

Si ricorda come, al di là della letteralità della norma, legata alla normativa precedente, il 10% si applichi su ogni quota ereditaria, al netto di passività e franchigie spettanti.

Secondo Cass. n. 21901 del 9 ottobre 2020 (Relatore Maura Caprioli) sui saldi dei conti correnti non si applica la presunzione del 10%. Le motivazioni non ci paiono in ogni caso ben espresse, in quanto applicandole non si avrebbe mai la maggiorazione del 10%.

In ogni caso, quanto dichiarato nella dichiarazione di successione per denaro, mobili e gioielli non concorre a determinare la base di calcolo del 10% (Cass. n. 31806/2019).

L’inventario in sede di successione

La Cassazione, con la sentenza n. 4751 del 25 febbraio 2008, poi ripresa dalla sentenza n. 31806/2019, [2] ha chiarito che, in presenza di una dichiarazione di successione in cui siano indicati denaro, mobilia o gioielli di cui all’alt. 9 del DLgs. 346/90,

“il valore presunto di tali beni comprende anche quanto eventualmente dichiarato dal contribuente, con la conseguenza che è illegittima la pretesa del fìsco di calcolare la percentuale presuntiva del dieci per cento sull’attivo ereditario, dopo avere aggiunto il valore dichiarato dall’erede per denaro, gioielli e mobilia”.

Tale presunzione è relativa (risoluzione n, 212/1995 dell’Agenzia delle Entrate) e non si applica qualora l’esistenza dei suddetti beni risulti, per un importo diverso (inferiore al 10% dell’asse), da inventario analitico redatto a norma dell’art. 769 e ss. c.p.c..

Ma essendo appunto una presunzione relativa, quella del 10%, la Cassazione aveva ritenuto, ancorché con riferimento alla normativa precedente (art. 8 dpr 637/1972) che potesse essere vinta anche dalla stessa Amministrazione finanziaria (Cass. n. 5773/2000). Nella fattispecie, erano stati redatti degli inventari per altre ragioni.

Per quanto riguarda la redazione dell’inventario, tale documento dovrà avere tutti i requisiti sostanziali e formali richiesti dal codice civile e dal codice di procedura civile.

Dovrà in ogni caso avere una dettagliata descrizione dei beni nonché la loro stima, ed essere completo, come si vedrà più avanti.

Ci si è anche chiesti se l’inventario potesse limitarsi ai beni di cui alla presunzione del 10%, ovviamente in ogni caso tutti quei beni, nulla escluso, o dovesse invece riguardare tutti i beni caduti in successione.

Ci sono motivazioni a sostegno delle due diverse tesi; si è pronunciata per la completezza dell’inventario, che quindi deve riguardare tutti i beni caduti in successione, nulla escluso, la rivista il Torresino dell’ordine dei dottori Commercialisti di Bologna. [3]

Nella analisi viene anche fatto un completo excursus temporale delle varie modifiche normative. Si osserva invece come la stessa Amministrazione finanziaria abbia interpretato la norma come limitata ai soli beni mobili; in questo senso vedasi anche la Risoluzione ministeriale n. 212/E- IV-9-238 del 15 luglio 1995.

Redazione inventario di successione: alcuni aspetti pratici

Non è quindi necessario che la redazione dello stesso sia preceduta dall’apposizione dei sigilli (Ris. 212/E/IV-9.238 del 15 luglio 1995), né che venga redatto entro un determinato periodo di tempo.

L’inventario dovrà essere compilato con l’osservanza delle norme prescritte dall’art. 775 c.p.c. e dovrà contenere l’esatta descrizione di tutti i beni (denaro, gioielli e mobili) appartenenti al de cuius.

Tale inventario non ha quindi alcun termine per la sua redazione, al contrario invece del termine di tre mesi indicato dalla legge per la accettazione con il beneficio di inventario.

In quello specifico caso vige appunto quel termine trimestrale, la cui inosservanza comporta l’effetto della accettazione.

Nel caso invece della presunzione fiscale del 10% di denaro ed altro, l’alternativa redazione dell’inventario non ha alcun termine.

In questo senso, ove ce ne fosse bisogno, vedasi anche una risalente sentenza della Commissione Tributaria di Milano, n. 47 del 26 febbraio 2002 , Sex. XXX, Rel. Chiametti della quale riportiamo qualche estratto:

“il disposto dell’art. 485 c.c. è una norma specificatamente prevista per il caso dell’accettazione dell’eredità con beneficio”. Tale “norma, oltre a prevedere il termine di tre mesi per la redazione dell’inventario, dispone anche al secondo comma che nel caso di mancato rispetto di tale termine, “il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice”“.

Nella fattispecie non era stato rispettato il termine di tre mesi; da ciò consegue soltanto che ci si trova di fronte ad un’eredità accettata puramente e semplicemente, senza il beneficio di inventario.

Con riferimento all’art. 9 del D.Lgs. n. 346/1990, così si esprime, la Commissione: “Tale norma non prevede alcun termine per la redazione dell’inventario”.

Pertanto, l’inventario previsto dal secondo comma dell’art. 9 deve quindi essere steso senza alcun vincolo temporale, indipendentemente dal fatto che nel codice civile vi siano altre norme che impongono il rispetto di determinati termini.

Ma c’è di più: la stessa Cassazione (Sentenza n. 24098 del 25 novembre 2015) ha sentenziato l’assenza di alcun termine per la redazione dell’inventario, potendo essere redatto anche successivamente ai termini per la presentazione della dichiarazione di successione:

“come questa Corte ha chiarito con la sentenza n. 4626/09, l’inventario, redatto analiticamente in conformità all’art. 769 c.p.c.e segg., è idoneo a vincere la presunzione posta dal D.Lgs.n. 346 del 1990, art. 9, comma 2, anche se non sia stato chiesto entro il termine di sei mesi stabilito per la presentazione della dichiarazione di successione, o non sia stato allegato alla dichiarazione di successione; purché, però, detto inventario venga richiesto prima che sia stato notificato l’accertamento d’ufficio”.

In ogni caso l’inventario dovrà essere completo, ed in particolare aver inseriti tutti i mobili di arredo delle abitazioni a disposizione (non ovviamente di quelle locate, se non arredate, in toto o anche solo in parte). In questo senso vedasi anche la Commissione Tributaria Provinciale di Modena n. 243 del 19 novembre 1997:

“Questa Commissione non ignora che anche I’ inventario redatto a mera iniziativa della parte privata al solo fine di evitare la presunzione prevista dalla legge sull’ imposta di successione viene ritenuto dalla giurisprudenza in tutto ammissibile e idoneo al raggiungimento della suddetta finalità (Commissione Tributaria Centrale sez. X 13-10-1995, n. 3272), ma sembra evidente che detta idoneità’ sussista soltanto nel caso che l’inventario sia completo e fedele”.

Finalità dell’inventario e l’individuazione, la descrizione e la stima di tutti i beni ereditari, I’ accertamento, cioè, della reale consistenza del patrimonio del de cuius.

L’allegazione di un inventario palesemente incompleto, come nel caso in esame, impedisce il superamento della presunzione prevista dall’ art. 9 comma 2 del decreto legislativo n. 346/1990 (cfr. Cass. n. 2048/1979).

Il caso dei beni culturali vincolati

Altro inventario, specifico, può riguardare i beni culturali vincolati (D.Lgs 42/2004) i quali sono esclusi dall’attivo ereditario se già sottoposti al vincolo previsto da tale normativa.

E alla condizione che siano stati assolti i conseguenti obblighi conservativi e di protezione (art.13 D.Lgs 346/90).

In questo particolare caso l’erede o il legatario deve appunto presentare l’inventario di tali specifici beni, e fornirne una descrizione particolareggiata, oltre ad ogni possibile notizia idonea alla loro identificazione, alla Sovraintendenza per i Beni Culturali e Ambientali, che potrà così attestare per ogni singolo bene l’esistenza o meno del vincolo, come pure l’assolvimento degli obblighi.

Il vincolo di interesse storico deve comunque in ogni caso preesistere al decesso del de cuius.

Si ricorda che per tali beni l’alienazione entro un quinquennio dall’apertura della successione, la tentata esportazione non preventivamente autorizzata, come pure il mancato assolvimento degli obblighi di conservazione da parte del successore, comportano l’inclusione delle opere nell’attivo ereditario, con conseguente applicazione dell’imposta.

Si segnala come la presunzione del 10% non valga per successioni di soggetti non residenti, per I quali la tassazione si ha solo per beni e diritti esistenti in Italia (Cass. nn. 6955/1994 e 8346/2006).

È possibile l’accertamento sull’inventario?

Ci si è chiesti se, ove fosse dichiarato un valore superiore al 10% di cui alla presunzione di legge, l’amministrazione finanziaria avesse la possibilità di accertare eventuali maggiori valori.

La risposta dovrebbe essere negativa, come anche precisa Angelo Busani [4] per i seguenti due motivi:

• Il primo è in quanto l’art. 32 c. 3 TUS prevede la possibilità di accertare valori dichiarati ai sensi degli articoli da 14 a 19, e il denaro e simili è invece dichiarato ex art. 9;

• Il secondo è che la norma richiede un valore che sia pari almeno al 10%, escludendo quindi la possibilità di accertamenti su eventuali dichiarazioni più elevate (Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito 99-2016/T).

Qualora invece si ometta la indicazione di un bene (ad esempio il denaro liquido sia dichiarato in misura inferiore) si dovrebbe rientrare nella dichiarazione infedele ex art. 51 c. 1 TUS e comunque, come già indicato, l’inventario non avrebbe alcuna validità (Cass. n. 2048/1979).

Una risalente e isolata sentenza (Cass. n. 5773 dell’8 maggio 2000) ha ritenuto che l’Amministrazione finanziaria avesse la Facoltà di effettuare accertamenti circa l’esistenza di valori superiori a quanto dichiarato o presunto.

In conclusione

La presunzione (semplice) del 10% di denaro, gioielli e mobilia nelle successioni può essere vinta con la redazione di un inventario, redatto secondo le prescrizioni del codice di procedura civile (artt. 769 e seguenti).

Non c’è un termine per la sua redazione (entro comunque la notifica dell’avviso di liquidazione) e se incompleto non ha alcuna valenza.

In sintesi, con l’inventario si sarà tassati su quanto indicato, sia se inferiore che superiore al 10%.



[1] Secondo Pietro Fiorillo, Il Fisco n. 11 del 15 marzo 1999, p. 3818, conti correnti e depositi postali sono da considerare denaro a tutti gli effetti. In senso contrario, Cass. nn. 19160, 19161/2003 e 8198/2011.

[2] Cassazione n. 31806 del 5 dicembre 2019: Premesso che l'attivo ereditario è costituito da tutti i beni ed i diritti che formano oggetto della successione, esclusi quelli specificatamente esentati dall'imposta, la norma di cui all'alt.9 D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 stabilisce che denaro, gioielli e mobilia si presumono compresi nell'attivo "per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell'asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore".

Tale norma deve essere interpretata nel senso che il valore presunto comprende anche quanto eventualmente dichiarato dal contribuente, con la conseguenza che è illegittima la pretesa del fisco di calcolare la percentuale presuntiva del 10% sull'attivo ereditario, dopo aver aggiunto il valore dichiarato dall'erede per denaro, gioielli e mobilia; in presenza pertanto di un valore dichiarato inferiore a quello presunto, l'imposta principale di successione deve essere sempre calcolata. Per quanto riguarda i beni mobili, sul valore presunto , mentre l'imposta complementare deve essere liquidata sulla differenza fra il valore presunto e quello dichiarato (Cass. 25.2.2008 n. 4751).

Si deve quindi ritenere illegittima la pretesa del fisco di calcolare la percentuale presuntiva del dieci per cento sull'attivo ereditario alla luce di importi dichiarati superiori alla suddetta percentuale.

[3] "Si ritiene illuminante, al riguardo, la sentenza 15 ottobre - 28 novembre 1968 n. 3837 nella quale la Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla validità ai fini fiscali (vigente il R.D. 3269/23), di un inventario incompleto, ha affermato che la presunzione dell'esistenza di attività mobiliari "può essere vinta solo mediante la redazione di un inventario compilato secondo le modalità prescritte tassativamente dalla legge e non a mezzo di inventario irritualmente formato o incompleto anche se conservi efficacia ai fini dei rapporti civili, per difetto di contestazioni".

Ad avviso di chi scrive il suddetto principio, pur se riferito alla precedente disciplina, è applicabile anche a quella in vigore in quanto, ai fini di cui trattasi, rileva la conformità dell'inventario alle prescrizioni della legge vigente all'epoca in cui si è aperta la successione.

Ai sensi dell'alt. 9 del D.L.gs. 346/90, che rinvia alle modalità fissate dall'alt. 769 e segg. c.p.c., l'inventario deve contenere l'indicazione e la descrizione di tutti i beni facenti parte della massa ereditaria, ivi compresi gli immobili di tutte le altre attività e passività nonché la descrizione e sottoscrizione delle scritture reperite nel domicilio del de cuius, relative allo stato attivo e passivo.

Un inventario parziale, mancante dell'esatta riproduzione della consistenza del patrimonio del defunto, verrebbe meno alla funzione, attribuitagli dalla legge, di fotografia della massa ereditaria, funzione realizzabile soltanto mediante la ricognizione di tutte le attività è passività del de cuius, effettuata secondo la procedura prevista dagli artt. 769 e segg. del c.p.c..

[4] Angelo Busani, Imposta di successione e donazione, IPSOA 2020 , pag. 287

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