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>> Anno 2017

Come ti abbrevio il Dottore

di Giuseppe Rebecca
Il Commercialista Veneto, N. 235 - Gennaio  / Febbraio 2017

Sì, lo so, noi pubblichiamo solamente articoli inediti. Ma questo simpatico pezzo è datato 1990, io iniziavo a muovere i primi passi della professione nello studio dell’amico Giampaolo, almeno la metà dei lettori del nostro giornale non era ancora laureata, qualche giovane commercialista di oggi non era ancora nato. E allora perché no? Potrebbe diventare anche una consuetudine ripescare nel nostro passato... (Filippo Carlin)

[Giuseppe Rebecca, tratto da “Il Giornale dei Dottori Commercialisti”, giugno 1990)

Diventiamo tutti Dottori. Noi colleghi lo siamo la legge ce lo impone, per l’iscrizione all’Albo professionale dei Dottori Commercialisti, se non altro. Talaltri lo sono sia in quanto laureati, sia in quanto così apostrofati da guardamacchine o da portieri più o meno interessati, più o meno compiacenti. Dottore: persona di grande dottrina; studioso, dotto, sapiente, esperto in un campo del sapere o nella sua professione...; chi è stato insignito della laurea o dell’apposito titolo; chi ha ottenuto l’idoneità a esercitare una professione. Così si esprime il Dizionario Utet del Battaglia. E i Dottori, che pur son sapienti, non sanno abbreviarsi bene.

L’importanza di un punto - Non alludiamo alla logorrea, che peraltro ne affligge più d’uno, proprio all’abbreviazione del titolo. Le abbreviazioni oggi usate sono due, e precisamente: “Dott. e Dr.”. La prima è un troncamento della parola Dottore ed in quanto tale Dott. è seguito correttamente dal punto, l’interpunzione sta appunto ad indicare il troncamento della parola. E lo stesso procedimento adottato per altre sigle, quali Avv., Prof., Ing., dove il punto sta ad indicare che la parola è stata troncata

La seconda abbreviazione, “Dr.”, non è certamente troncamento, in quanto dopo la r non c’è più alcuna lettera che segua. Si tratta in effetti di una abbreviazione per sincope dalla parola latina “Doctor”. Ma se c’è una sincope della parola, s’intende che non c’è alcuna lettera e allora quel punto non vuoi aire proprio nulla. Ove proprio piacesse mettere un punto, a mo’ di punto fermo, al massimo potrebbe scriversi “D.r” , un po’ come si fa con certe espressioni del tipo: rev. mo per reverendissimo, dev. mo per devotissimo e così via. Non c’è quindi alcuna ragione per mettere quel puntino dopo Dr. A meno che, come nella frase che precede questa, non si chiuda il periodo.

Un’usanza anglosassone - Non sapremmo, invero, se quest’uso improprio sia stato importalo dai paesi anglosassoni dove, forse, potrebbe anche essere corretto. Chissà poi perché ai Ragionieri non è venuta la stessa idea: loro si abbreviano da sempre in Rag., a nessuno che sia mai venuto in mente di abbreviarsi, per sincope, in Rr oppure Rr. (con punto finale). E sì che abbreviare così sarebbe proprio come l’abbreviazione Dr.; dottore ridotto in Dr. equivale a ragioniere ridotto in Rr.. Forse la cacofonia era troppo evidente, e così non è nemmeno mai stato evidentemente introdotto quest’uso, oppure, stante la limitata diffusione domestica, non c’è stata alcuna interferenza esterna. Certo è che loro sanno abbreviarsi senza alcuna indecisione. Preveniamo subito il lettore che ci ha fin qui pazientemente seguito; non si tratta di fantasie personali, l’argomento è trattato anche da Aldo Gabrielli, ne Il Museo degli errori, Oscar Mondadori. In conclusione, se ci abbreviamo noi o se abbreviano gli altri, poco importa, ma mettiamo le sigle giuste: Dott. Paolo Rossi oppure Dr Paolo Rossi. Evitiamo il Dr. Paolo Rossi. Ma quanta importanza, questo puntino!

Giuseppe Rebecca (Ordine di Vicenza)

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