Vicenza, Domenica 28 Aprile 2024

Cessione dello studio professionale. Aspetti Fiscali

di Giuseppe Rebecca e Carlotta Pilotto
Il Fisco, N. 45/2003

L’evoluzione del settore della consulenza vede l’intensificarsi delle operazioni di cessione degli studi individuali a realtà maggiormente struttura­te. Con tale cessione si realizzano una serie di tra­sferimenti di beni e di diritti. Il nuovo titolare subentra gradualmente nei rapporti in essere; con­siderata la difficoltà del trasferimento dei rapporti, il cedente solitamente si impegna ad agevolare il subentro.

La ricerca del corretto trattamento fiscale, ai fini Iva e ai fini delle imposte dirette, da applicare alla cessione dello studio professionale, assume così un’importanza crescente, soprattutto considerando il fatto che non esiste una disciplina specifica. Infat­ti, la vigente normativa tributaria non disciplina la fattispecie del trasferimento di uno studio profes­sionale, né per quanto attiene al soggetto cedente, né per quanto attiene al soggetto subentrante.

Attività professionale e avviamento

Nel caso di cessione di uno studio professionale non è possibile parlare di avviamento in senso stretto.

La peculiarità dell’attività professionale risiede nell’apporto intellettuale del professionista. Il rap­porto che si viene a creare con i clienti, infatti, si basa sull’aspetto fiduciario e strettamente persona­le, rapporto che trova il suo fondamento nelle qua­lità e nella fama di cui gode il soggetto che esercita l’attività professionale.

Il concetto di azienda, che si riferisce al com­plesso di beni organizzati dall’imprenditore, mal si presta (e non può prestarsi) a rappresentare l’atti­vità professionale. Di conseguenza, per quanto riguarda lo studio professionale, non si può ravvi­sare un’autonomia dell’organizzazione di beni, in quanto prevale, sempre e comunque, l’attività svol­ta dal professionista stesso.

Nel caso di cessione dello studio professionale, non può attribuirsi un valore a titolo di avviamen­to. Non è di norma attribuibile nemmeno un mag­gior valore all’organizzazione posta in essere dal professionista, in quanto non è detto che, in segui­to al mutamento del professionista, permanga la stessa capacità reddituale. Concetti questi che sicuramente ben rappresentavano la realtà di qual­che tempo fa, ma che, con il passare del tempo, diventano forse dai confini meno precisi. Le atti­vità professionali, tutte le attività professionali, stanno mutando molto sotto certi aspetti, e l’orga­nizzazione sta diventando un elemento rilevante. Si è quindi in presenza di organizzazione e di clientela; non organizzazione di beni, ma organiz­zazione come metodo, come coordinamento di rapporti, come prestazioni.

L’attività professionale, infatti, viene sempre più spesso esercitata nell’ambito di studi organizzati, di studi anche certificati ai fini della qualità, nei quali le dotazioni informatiche e la ripartizione dei compiti da svolgere tra i diversi soggetti fanno in modo che la struttura assuma una “certa autono­mia” rispetto alla figura del professionista.

La cessione dello studio professionale comporta la cessione di una pluralità di beni e di posizioni contrattuali. In relazione a tale cessione si eviden­zia un diverso componente reddituale costituito dal valore attribuito al “portafoglio clienti”. Tale valore viene anche definito con l’espressione, forse non del tutto felice, di “avviamento professionale”.

La cessione di uno studio professionale, in rela­zione alla cessione del “pacchetto clienti”, compor­ta l’assunzione, da parte del soggetto cedente, di obblighi di fare, di non fare o di permettere, ricon­ducibili alle attività che deve porre in essere al fine di favorire il trasferimento della sua clientela verso il professionista subentrante.

Sulla base delle considerazioni appena esposte, si analizza la disciplina fiscale relativa alla cessio­ne dello studio professionale, sotto l’aspetto Iva e sotto l’aspetto imposte dirette.

Assoggettabilità ad Iva

La cessione dello studio professionale, come pre­cedentemente illustrato, comporta il trasferimento di una pluralità di beni e di posizioni contrattuali.

Per quanto riguarda il trasferimento dei beni, questo costituisce una normale cessione, come disposto dall’art. 2, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, imponibile Iva in relazione alla tipo­logia di bene che viene trasferito. Per la cessione di crediti in denaro, lo stesso art. 2, comma 3, preve­de che non costituisce cessione di beni ai fini Iva e quindi non è assoggettabile a tale imposta.

Più problematico appare l’inquadramento della cessione del “pacchetto clienti”.

Il professionista cedente, in relazione alla tipolo­gia di accordo sottoscritto, o assume l’obbligo di favorire il passaggio della propria clientela al pro­fessionista subentrante o si impegna a non eserci­tare attività in concorrenza con quest’ultimo o, più semplicemente, si limita a permettere il subentro nei rapporti con i suoi clienti. Di conseguenza, l’o­perazione deve ritenersi soggetta ad Iva in quanto, a norma dell’art. 3 del D.P.R. n. 633/1972, rappre­senta il corrispettivo per la prestazione di un servi­zio consistente nel permettere la prosecuzione del rapporto professionale tra i suoi vecchi clienti e il soggetto subentrante, nell’impegno di non prose­guire il rapporto con i clienti ceduti e nell’impegno di favorire il passaggio dei suoi vecchi clienti verso il nuovo soggetto.[1] Inoltre, la cessione dello stu­dio professionale è effettuata da un soggetto nell’e­sercizio della sua professione, derivando dai rap­porti che sono connessi a tale attività.

Vi è però chi ritiene che la cessione di uno stu­dio professionale non sia soggetta ad Iva in quanto il corrispettivo non è conseguito nell’esercizio del­l’attività professionale, essendo in presenza di un’attività occasionale, non abituale. Tale opera­zione non risulterebbe quindi imponibile in quan­to gli artt. 1 e 5 del D.P.R. n. 633/1972 prevedono che le cessioni di beni e le prestazioni di sei-vizi debbano essere effettuate nell’esercizio di arti e professioni.[2] [3]

Il combinato disposto degli artt. 1 e 5 del D.P.R. n. 633/1972, inoltre, prevede la non imponibilità Iva delle operazioni che nulla hanno a che fare con l’esercizio della professione, ma lascia aperta la problematica relativa ad operazioni connesse a tali attività. [4]

La soluzione appare pertanto dubbia. Cessione di beni sicuramente imponibile, cessione di clien­tela di incerto assoggettamento ad Iva.

Imposte dirette - Professionista cedente

Premesso che non esiste una disciplina specifica per quanto riguarda la cessione dello studio pro­fessionale, si rileva come un’attenta analisi della disciplina fiscale, per quanto riguarda l’imponibi­lità ai fini delle imposte dirette, non possa prescin­dere dalla scomposizione del corrispettivo percepi­to in tre parti:

- cessione di beni;

- trasferimento dei crediti;

- cessione del “pacchetto clienti”.

Si analizzano questi aspetti separatamente.

Cessione di beni strumentali

Nella disciplina dei redditi di lavoro autonomo e cioè derivanti dall’esercizio di arti e professioni, non è attribuita alcuna rilevanza ad eventuali plusvalenze e minusvalenze. La cessione di beni strumentali risulta pertanto non essere rilevante ai fini impositivi.

Gli artt. 49 e 50 del Tuir (approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), infatti, non disciplina­no in alcun modo la cessione di beni. Si ritiene quindi che il legislatore abbia voluto escludere dal calcolo dell’imponibile tutti quei proventi ai quali non possa essere riconosciuta la natura di “com­pensi”.

Inoltre, la previsione dell’imponibilità della plus­valenza in base all’art. 54 è riferibile solo ai redditi d’impresa e non può essere estesa ai redditi di lavoro autonomo.

Anche la Norma di comportamento n. 37 dell’As­sociazione dei Dottori commercialisti di Milano prevede che le plusvalenze derivanti dalla cessione di beni strumentali non costituiscono mai reddito di lavoro autonomo.

Trasferimento dei crediti

II corrispettivo percepito in relazione alla cessio­ne dei crediti costituisce reddito da lavoro autono­mo in base all’art. 6, comma 2, del Tuir, il quale prevede che i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto della cessione dei crediti, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti.

Cessione del “pacchetto clienti”

L’aspetto più problematico relativo alla cessione dello studio professionale è collegato alla cessione del “pacchetto clienti”. A tale proposito sono state avanzate diverse tesi che partono dall’analisi degli artt. 50 (redditi di lavoro autonomo) e 81 (redditi diversi) del Tuir.

L’art. 50 del Tuir prevede che siano imponibili tutti i compensi derivanti dall’esercizio dell’arte o della professione. Nel caso di cessione dello studio professionale, il corrispettivo percepito per il tra­sferimento del “pacchetto clienti” non sembra essere riconducibile alla definizione di compenso, non avendo la natura di corrispettivo derivante da una prestazione rientrante nell’esercizio di un’atti­vità di lavoro autonomo.

Si ritiene, pertanto, che tale importo non sia rilevante ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo. Per lo stesso motivo, come pre­cedentemente indicato, non rilevano neanche le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni stru­mentali.

Nemmeno la previsione dell’art. 81, comma 1, lettera h), del Tuir può essere applicata a tale fatti­specie, in quanto prevede la tassazione come red­dito diverso delle plusvalenze derivanti dalla ces­sione di aziende.

L’art. 81, comma 1, alla successiva lettera l), pre­vede l’imponibilità dei redditi derivanti dall’assun­zione di obblighi di fare, non fare o permettere.

La cessione del “pacchetto clienti” sembra essere riconducibile a tale fattispecie in quanto il profes­sionista cedente o si impegna ad agevolare il passag­gio della sua clientela al professionista subentrante o si obbliga a non effettuare attività in concorrenza o si limita a permettere che tale passaggio avvenga.

In tal senso si è espressa anche l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 108/E del 29 marzo 2002. In relazione ad un’istanza di interpello pre­sentata da un professionista iscritto all’Albo dei Ragionieri commercialisti che intendeva cedere ad un altro professionista la parte meramente opera­tiva della propria attività, mantenendo quella consulenziale, l’Agenzia ha sostenuto che tra i due contraenti si viene ad instaurare un rapporto di tipo obbligatorio nel quale il cedente, a fronte del corrispettivo percepito, favorisce il subentro nei rapporti con i suoi vecchi clienti e rinuncia ad esercitare la propria attività professionale nei loro confronti. Il compenso relativo deve quindi essere fatto rientrare nell’art. 81, comma 1, lettera l), del Tuir, che qualifica espressamente come redditi diversi quelli derivanti dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere. La somma deve quindi essere assoggettata a tassazione in capo al soggetto percipiente in base alle aliquote per sca­glioni previste dall’art. 11 del Tuir.

Alcuni Autori hanno sostenuto invece la non imponibilità di tale reddito. A sostegno di tale tesi si è espressa anche la Commissione tributaria di I grado di Ravenna, Sez. I, con decisione n. 1505 dell’I 1 luglio 1988 (in banca dati “il fiscovideo”). Con tale provvedimento è stato sottolineato che “i nuovi artt. 81 e 85 contengono un’elencazione da ritenersi tassativa dei redditi che si intendono attrarre a tassazione e tra questi non figurano quel­li derivanti da cessione di studi professionali”.[5]

L’assenza di una previsione normativa legata alla cessione del “pacchetto clienti” da parte del profes­sionista genera una serie di dubbi collegati al cor­retto trattamento fiscale del corrispettivo percepito a tale titolo. Premesso che tale importo non risulta essere riconducibile al reddito da lavoro autono­mo, si considera la disciplina relativa ai redditi diversi. Le diverse interpretazioni dell’art. 81 del Tuir portano, però, a soluzioni contrarie.

Inoltre, le tesi sostenute dalla Commissione tri­butaria di Ravenna e dall’Agenzia delle Entrate, non offrono certo una soluzione. La prima sostie­ne la non imponibilità, in quanto gli artt. 81 e 85 del Tuir non disciplinano in modo specifico tale fattispecie, mentre la seconda afferma debba esse­re ricondotto a tassazione, in base all’art. 81, com­ma 1, lettera l), in quanto il professionista assume un obbligo di fare o di non fare.

La soluzione appare pertanto ancora incerta.

La bozza della riforma tributaria (in pocket n. 7 allegato a “il fisco” n. 35/2003) non ha integrato la disciplina vigente in relazione a tale fattispecie, non prevedendola tra i redditi da lavoro autono­mo, bozza dei nuovi artt. 64 e 65. Inoltre, la bozza del nuovo art. 66, comma 1, lettera l), sui redditi diversi, riporta, pari pari, l’art. 81, comma 1, lette­ra l), dell’attuale Tuir e non prevede alcuna inte­razione rispetto alla fattispecie da noi trattata.

Intero prezzo

Nel caso in cui il corrispettivo sia determinato in modo unitario, senza procedere al calcolo analiti­co dei singoli componenti, e si ritenesse valida la tesi prospettata dalla risoluzione n. 108/E del 2002 dell’Agenzia delle Entrate [secondo la quale il cor­rispettivo derivante dalla cessione del “pacchetto clienti” è imponibile in base all’art. 81, comma 1, lettera l), del Tuir], alcuni Autori sostengono che l’intero prezzo andrebbe assoggettato ad imposta come reddito diverso, quale provento derivante dall’assunzione di “obblighi di fare, di non fare e permettere”.[6]

Sembra preferibile, in ogni caso, trovare un metodo per ripartire in modo adeguato il corri­spettivo percepito, anche perché non si capisce il motivo per il quale la disciplina dei redditi diversi risulti assorbente rispetto alle altre categorie di reddito. Una soluzione, ad esempio, potrebbe esse­re quella di assegnare ai singoli beni il valore di mercato, calcolare il valore dei crediti e considera­re la parte rimanente come corrisposta per l’acqui­sto del “pacchetto clienti”.

Imposte dirette - Professionista subentrante

II prezzo pagato per l’acquisto dello studio pro­fessionale è interamente deducibile, per il profes­sionista subentrante, a condizione che il costo sia stato effettivamente sostenuto, che sia documenta­to e che sia inerente all’esercizio della professione (art. 50, comma 1, del Tuir).

Nel caso in cui si tratti di beni strumentali, que­sti sono ammortizzati in base a quanto previsto dall’art. 50, comma 2, del Tuir e cioè in base all’ap­plicazione dei coefficienti, stabiliti con decreto del Ministro delle finanze, al costo. Un’eccezione a tale principio riguarda la deducibilità del costo sostenuto per il subentro nell’utilizzo delle licenze del software, subentro che avviene previo assenso da parte del licenziante, la quale avviene in base al principio di cassa.

Per quanto concerne, invece, la quota relativa all’acquisto della clientela, questa risulta essere deducibile nell’esercizio in cui avviene effettiva­mente l’esborso.[7]

Tra le eccezioni previste dall’art. 50, nei commi successivi al secondo, infatti, non si può ravvisare alcuna fattispecie a cui poter ricondurre il corri­spettivo relativo all’acquisto del pacchetto clienti.

La bozza della riforma tributaria, allo stato attuale, non comporta alcuna modifica della fatti­specie (bozza del nuovo art. 65).

Conclusioni

La disciplina Iva, in relazione ad un’operazione di cessione di studio professionale, per quanto riguarda il cedente, prevede quanto segue:

- imponibilità dei beni strumentali in relazio­ne alla natura degli stessi (art. 2, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972);

- non imponibilità delle somme percepite a fronte dei crediti ceduti;

- dubbi sul trattamento del valore del “pac­chetto clienti”:

- imponibile, se considerato connesso all’at­tività professionale;

- non imponibile, nel caso opposto.

Anche per quanto attiene alla rilevanza ai fini delle imposte dirette del corrispettivo percepito dal professionista cedente, si deve suddividerlo in tre parti.

L’eventuale plusvalenza sui beni non risulta esse­re imponibile in quanto non rientra nella defini­zione di reddito di lavoro autonomo.

Per quanto attiene alla cessione dei crediti, que­sti risultano imponibili, come redditi di lavoro autonomo, in base all’art. 6, comma 2, del Tuir.

Come avviene per l’imponibilità ai fini Iva, anche ai fini delle imposte dirette si pone il proble­ma della corretta individuazione della fattispecie “cessione clienti”. Tale importo, a seconda della tesi che si intende sposare, si ritiene imponibile come reddito diverso ai sensi dell’art. 81, comma 1, lettera l), del Tuir oppure non imponibile in quanto non espressamente disciplinato dagli artt. 81 e 85 del Tuir.

Più lineare appare la situazione per quanto riguarda la deducibilità in capo al professionista subentrante. I costi sostenuti devono ritenersi, per intero, inerenti alla sua attività e, in quanto tali, sono deducibili in relazione a quanto disposto dal­l’art. 50 del Tuir.

Ultima osservazione, che può essere interessante fare, riguarda l’imponibilità (per il professionista cedente, nel caso in cui si ritenesse valida la tesi prospettata dalla risoluzione n. 108/E del 2002 del­l’Agenzia delle Entrate) e la deducibilità (per il professionista subentrante) del prezzo pagato per il “pacchetto clienti”. In entrambi i casi si deve applicare il principio di cassa.[8] Ciò comporte­rebbe degli squilibri sulla determinazione del red­dito. Tale problema potrebbe essere risolto preve­dendo un pagamento rateizzato in più esercizi.


TABELLA RIASSUNTIVA IMPONIBILITÀ E DEDUCIBILITÀDELLE COMPONENTI DEL PREZZO DI CESSIONE

Iva
(D.P.R. n. 633/1972)

Cedente
(Tuir)

Subentrante
(Tuir)

Beni strumentali

Imponibili
(art. 2, comma 1)

Plusvalenze
non imponi­bili

Costo deducibile con l’ammortamento (art. 50, comma 2);
eccezione per i software
che sono deducibili in
base al principio di cassa.

Crediti

Non imponibile
(art. 2, comma 3)

Imponibili
(art. 6, comma 2)

Deducibili (art. 50)

“Pacchetto clienti”

AgenziaEntrate, risoluzione n. 108/E del 2002:
Imponibile (art. 3)

Comm. trib. reg. del Veneto, sentenza n. 17/1998:
Non imponibile

Agenzia. Entrate, risoluzione n. 108/E del 2002:
Imponibile
[art. 81, comma 1, lette­ra j ]

Comm. trib. di I grado di Ravenna, decisione n. 1505/1988:
Non imponibile

Deducibile (art. 50)



[1] In tal senso si veda anche la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, n. 108/E del 29 marzo 2002, in “il fisco” n. 15/2002, fascicolo n. 2, pag. 2160.

[2] Si veda I. Macellari e S. Siniscalchi, Cessione di studio professionale, in “Contabilità finanza e controllo - II Sole-24 Ore” n. 8/2001.

[3] Sentenza della Commissione tributaria della regione Veneto, n. 17 del 18 febbraio 1998 (in banca dati “ilfiscovideo”). Il provvedimento nega l’esistenza dei presupposti oggettivo e soggettivo (artt. 1 e 5 del D.P.R. n. 633/1972).

[4] (4) Cfr. M. e G. Mandò, Manuale dell’imposta sul valore aggiunto, 1998, Ipsoa, pag. 95

[5] Si veda anche M. Macellari, Non imponibilità del corrispet­tivo per la cessione dello studio professionale, in banca dati “I Quattro Codici della Riforma Tributaria Big Premium”, Ipsoa.

[6] Si veda S. Siniscalchi e I. Macellari, op. cit., pag. 867.

[7] Cfr. La cessione dello studio professionale e l’interpretazio­ne ministeriale, “Informativa Fiscale SEAC” n. 253 del 30 otto­bre 2002.

[8] Cfr. E. Zanetti e A. Zappi, Profili fiscali della cessione dello studio professionale, in “il fisco” n.. 31/2003, fascicolo n. 1, pag. 4895.

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