Contratto di leasing: cessione. Aspetti contabili relativi al soggetto subentrante

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di Carlotta Pilotto
Il Commercialista Veneto, N. 156 novembre-dicembre 2003

INTRODUZIONE Nell’esercizio dell’attività d’impresa può accadere che un soggetto subentri in un contratto di leasing già in corso. Ciò può verificarsi per ragioni diverse quali, ad esempio, essere una possibile alternativa all’acquisto del bene o alla stipula di un contratto di leasing ex novo, derivare dall’acquisizione di un’azienda, da operazioni di fusione o di scissione. Il soggetto subentrante, in tali situazioni, si assume l’obbligo di pagare i canoni residui ed eventualmente il riscatto a fronte del diritto di utilizzo del bene e di esercitare il riscatto al termine del contratto. Questa operazione, da un punto di vista contabile, implica la soluzione di alcune problematiche. Non risulta infatti semplice trovare un metodo per imputare, per competenza, il costo sostenuto. Inoltre, in assenza di una specifica normativa fiscale e dovendo quindi applicare anche ai fini impositivi i corretti principi contabili, tale problema assume maggiore rilevanza. A tale proposito è intervenuta, nel settembre 2000, la Norma di Comportamento n. 141 dell’Associazione dei Dottori Commercialisti di Milano, la quale ha prospettato una soluzione che, se a livello teorico risulta essere appagante, da un punto di vista pratico non sembra essere soddisfacente, in quanto richiede calcoli di non immediata risoluzione che non vengono mai effettuati. LA NORMA DI COMPORTAMENTO N. 141 DELL’ASSOCIAZIONE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI DI MILANO La Norma di Comportamento n. 141 dell’Associazione dei Dottori Commercialisti di Milano considera il subentro nel contratto di leasing sotto un duplice aspetto: 1 – godimento del bene; 2 – opzione d’acquisto della proprietà. In relazione a tale suddivisione viene proposto di scomporre il valore corrisposto per il subentro nel contratto di leasing in due parti. La prima viene riscontata per la durata residua del contratto mentre la seconda viene capitalizzata. A questa seconda parte viene sommato l’eventuale valore del riscatto e, a seguito dell’acquisto della proprietà del bene, si procede con il normale processo d’ammortamento. Per calcolare i due valori la Norma di Comportamento n. 141 considera i seguenti elementi: 1 – godimento del bene: a – canoni residui; b – quota di maxicanone non ancora maturato; c – differenziale tra il tasso d’interesse utilizzato dalle parti per l’attualizzazione dei canoni residui e il tasso d’interesse implicito nel leasing; d – rateo del canone di leasing in corso di maturazione; e – maggiorazione di prezzo pagata per l’opportunità di usare subito il bene. 2 – opzione d’acquisto della proprietà: a – prezzo del riscatto; b – differenziale tra il valore economico del bene al momento della cessione con quello al momento della sottoscrizione del contratto con la società di leasing; c – quota capitale implicita nei canoni già pagati. Tale soluzione lascia perplesso colui che si trova a subentrare nel contratto di leasing. Nella pratica, infatti, i contraenti determinano un valore onnicomprensivo. I due elementi proposti dalla Norma di Comportamento n. 141 che sollevano maggiori dubbi e che non vengono mai calcolati sono quelli relativi ai punti “1c” e “1e” e cioè quelli che si riferiscono al differenziale tra il tasso di interesse utilizzato dalle parti per l’attualizzazione dei canoni residui e il tasso di interesse implicito nel leasing e la maggiorazione di prezzo pagata per l’opportunità di utilizzare subito il bene. La loro determinazione comporterebbe uno sforzo inutile e non giustificato da parte del soggetto subentrante. Per i motivi appena esposti si ritiene opportuno cercare una soluzione alternativa. (...)

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