Dividendi distribuiti ad imprese da società partecipate non residenti nella riforma tributaria

di Filippo M. Baggio e Giuseppe Rebecca
Il Fisco, N. 22/2003

La riforma del sistema tributario italiano, defini­ta dalla L. n. 80 del 7 aprile 2003 (in “il fisco “ n. 16/2003, fascicolo n. 2, pag. 2519), comporterà importanti cambiamenti per l’intera materia fisca­le. Tale provvedimento è caratterizzato da una estrema concisione e descrive gli obiettivi e le modalità che il legislatore delegato dovrà adottare nel definire, in concreto, i nuovi istituti giuridici.

La ratio comune viene individuata nella volontà di semplificare e di razionalizzare l’intero sistema tributario.

All’interno delle linee guida si presentano nuovi e molteplici istituti: partecipation exemption, la thin capitalization, il bilancio consolidato, domestico e mondiale, e la tassazione per trasparenza delle società di capitali.[1]

L’introduzione del nuovo assetto normativo verrà accompagnata dall’eliminazione di consoli­dati istituti che oggi si trovano alla base dell’attua­le sistema tributario. Aspetti quali l’eliminazione del credito d’imposta,[2] a favore del metodo del­l’esenzione, le limitazioni al riconoscimento fiscale delle minusvalenze, ancorché non realizzate,[3] ed altri nuovi istituti, comporteranno notevoli riper­cussioni.

Analizziamo in questo articolo il regime fiscale applicabile ai dividendi distribuiti da società parte­cipate estere.

Il regime di imposizione applicabile ai dividen­di percepiti da società

La lettera d) del comma 1 dell’art. 4 della L. n. 80 del 7 aprile 2003, contiene, tra l’altro, disposi­zioni in materia di tassazione dei dividendi distri­buiti da società residenti e non residenti. Nel det­taglio, viene disposta “l’esclusione dal concorso alla formazione del reddito imponibile del 95 per cento degli utili distribuiti da società con persona­lità giuridica sia residenti che non residenti nel territorio dello Stato, anche in occasione della liquidazione, ferma rimanendo l’applicabilità del­l’articolo 127-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, per quelle residenti in Paesi a regi­me fiscale privilegiato. I dividendi che verranno distribuiti alla società partecipante, non più tassati se non nella misura del 5 per cento, non saranno più accompagnati dal credito d’imposta. L’esenzione completa potrà essere applicata nel caso in cui la società partecipata appartenga ad un gruppo societario che abbia optato per un bilancio consolidato.

Le descritte modifiche riguardano, principal­mente, il regime fiscale dei dividendi distribuiti da società partecipate residenti in Italia.

Per i dividendi distribuiti da società partecipate non residenti, il principio dell’esenzione era già stato introdotto nell’art. 96-bis del Tuir, limitata­mente a determinate tipologie societarie residenti nell’Unione europea.

Successivamente, il legislatore tributario ha esteso l’ambito di applicazione dell’art. 96-bis anche ai dividendi distribuiti dalle società control­late residenti negli Stati compresi nella white list, come descritta nel D.M. 21 novembre 2001. [4]

Con riferimento a tale tipologia di dividendi, la norma modifica il campo di applicazione della disciplina contenuta nella Direttiva “madre-figlia” di cui all’art, 96-bis del Tuir.

Non dovrebbe venir più richiesta la soglia mini­ma di possesso delle partecipazioni per usufruire dell’esenzione, oggi non inferiore al 25 per cento, né la detenzione ininterrotta da almeno un anno; inoltre, l’esenzione dovrebbe venire applicata anche alle somme ricevute in sede di liquidazione della società partecipata.

Le predette disposizioni si presentano quindi migliorative, e tendono a semplificare il regime fiscale, introducendo un trattamento eguale ai dividendi ricevuti dalle società di capitali, a pre­scindere dallo Stato di residenza della società estera. Vengono fatte salve le limitazioni in mate­ria di Controlled Foreign Companies per le società residenti in Stati compresi nella black list.

La disciplina fiscale applicabile alle somme ricevute da società di capitali partecipate, non residenti, che abbiano optato per il regime di tassazione per trasparenza

La riforma fiscale prevede “l’esclusione dal con­corso alla formazione del reddito imponibile del 95 per cento degli utili distribuiti da società con personalità giuridica sia residenti che non residen­ti nel territorio dello Stato. Nel caso in cui la società partecipata risieda in Italia non si riscontrano particolari difficoltà inter­pretative; la normativa stabilisce con chiarezza l’ambito di applicazione delle disposizioni in mate­ria di esenzione. Egualmente, se la società partecipata è residente in uno Stato compreso nella white list, verrà applica­ta l’esenzione del 95 per cento sui dividendi ricevuti.

Possono peraltro venire individuate alcune situazioni che potrebbero presentare difficoltà applicative, in assenza di specifici chiarimenti. Si ipotizzi il caso di una società, residente in Ita­lia, che detiene partecipazioni in una società di capitali, estera, che abbia optato per un regime di tassazione per trasparenza. Alcuni ordinamenti stranieri consentono, infatti, a società di capitali di tassare i soci attraverso un regime fiscale di trasparenza. Si tratta di un regi­me applicato in Italia, di norma, solamente alle società di persone.[5]

Tali società possono godere di una autonoma capacità giuridica e patrimoniale; tuttavia le stesse potrebbero non essere riconosciute come autono­mi soggetti di imposta nello Stato estero.

Nel caso in cui il reddito prodotto dalla società estera sia ripartito direttamente ai soci, si possono presentare difficoltà in sede di qualificazione tri­butaria. Si ipotizzi il caso di una partecipazione detenuta in una Limited Liability Company (LLC), società di capitali costituita secondo il diritto statunitense. Questa tipologia societaria è considerata quale autonomo soggetto di imposta, e sconta le imposte nello Stato della residenza fiscale, al pari delle altre società di capitali americane.[6]

Oltre che al regime tributario tipico delle società di capitali, le Limited Liability Companies possono scegliere di applicare un regime di trasparenza; in tal caso, i redditi vengono imputati direttamente in capo ai soci. I titolari dell’obbligazione impositiva, relativa ai redditi prodotti dalla LLC, sono i singoli soci. L’analisi dei flussi di reddito prodotti da una LLC, tassata per trasparenza, assume rilevanza per la società italiana che detiene partecipazioni nella società statunitense. I redditi prodotti dalla società estera verranno ad essere imputati alla società residente in base al principio della wordwide taxation. In tal caso, la società italiana è tenuta a dichiarare i redditi erogati dalla società americana nel periodo d’imposta in cui i medesimi sono per­cepiti. Di pari passo, viene riconosciuto il credito d’imposta per le eventuali ritenute effettuate dallo Stato della fonte ex art. 15 del Tuir.

In presenza delle condizioni richieste dalla leg­ge, la società italiana potrebbe richiedere l’applica­zione dell’art. 96 del Tuir; [7] in tale ipotesi, gli uti­li ricevuti concorrono a formare la base imponibile della società residente per il 40 per cento del loro importo complessivo.

Con riferimento al regime tributario applicabile al caso proposto, si sottolinea che la recente estensione dell’ari. 96-bis del Tuir [8] ai dividendi distribuiti da società fiscalmente residenti in Stati compresi nella white list, ha rilevato alcune difficoltà interpretative. Le problematiche afferenti l’applicabilità dell’art. 96-bis del Tuir agli utili distribuiti da una Limited Liability Company, tassata per trasparenza, riguardano il concetto di residenza fiscale della società estera, e l’assoggettamento ad imposizione della stessa.

Per il momento non sono stati emessi chiarimen­ti ministeriali in merito alle condizioni di applica­bilità dell’art. 96-bis del Tuir al caso proposto.

Attualmente, l’imposizione del reddito derivante dal possesso di partecipazioni in società di capitali estere così si presenta:

TASSAZIONE DEI DIVIDENDI DISTRIBUITI A IMPRESE
DA SOCIETÀ PARTECIPATE NON RESIDENTI
(1)

Disciplina ordinaria

I redditi prodotti all’estero concorrono integralmente alla formazione del reddito d’impresa; l’imposizione avviene nel periodo di imposta in cui i dividendi vengono percepiti (art. 56 del Tuir).

Dividendi distribuiti da società collegate (art. 96 del Tuir)

Esenzione del 60% dei redditi prodotti da società collegate ai sensi dell’art. 2359 del codice civile. Una nota dell’Ammi­nistrazione finanziaria ha consentito (2) l’applicazione del­l’art. 96 del Tuir agli utili derivanti dalla partecipazione in società di persone.

Dividendi distribuiti da società residenti in Stati compresi nella white list (art. 96-bis del Tuir)

Esenzione del 95% degli utili distribuiti, in occasione diver­sa dalla liquidazione, da società controllate estere residenti in Paesi compresi della white list, di cui al D.M. 21 novem­bre 2001; viene richiesta una partecipazione non inferiore al 25%;-e possesso ininterrotto per almeno un anno. L’ambi­to di applicazione viene limitato alle partecipazioni detenu­te in società di capitali non residenti.

Società controllate residenti in Stati com­presi nella black list (art. 127-bis del Tuir)

In assenza della disapplicazione della disciplina CFC, il red­dito prodotto dalla società controllata residente in un Paese compreso nella black list viene tassato per competenza.

Metodi utilizzati per ridurre la doppia imposizione economica internazionale:

1) credito di imposta per i redditi prodotti all’estero (art. 15 del Tuir);

2) principio dell’esenzione (artt. 96 e 96-bis del Tuir).

(1) Disciplina applicabile ai dividendi distribuiti nel periodo di imposta 1° gennaio 2002 - 31 dicembre 2002.

(2) Cfr. nota Direzione regionale delle Entrate perla Lombardia, n. 51217/1997.

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Le modifiche della legge delega

Con riferimento alla vigente disciplina, la legge delega contiene alcune modificazione inerenti al regime di tassazione dei dividendi distribuiti da società non residenti:

DIVIDENDI DISTRIBUITI A IMPRESE DA SOCIETÀ PARTECIPATE
NON RESIDENTI POST RIFORMA

Disciplina generale

Concorso dei dividendi esteri alla formazione del reddito imponibile della società residente. Applicazione del princi­pio di tassazione per cassa.

Dividendi distribuiti da società residenti in Stati compresi nella white list

Esenzione del 95% dei dividendi distribuiti da società parte­cipate sia residenti che non residenti; estensione del regime di esenzione anche alle somme distribuite in occasione del­la liquidazione, e probabile eliminazione della soglia mini­ma di partecipazione richiesta nel capitale della società estera.

Disciplina facoltativa

Esenzione completa degli utili distribuiti da società parteci­pate, anche non residenti, in presenza di bilancio consolida­to mondiale.

Società controllate e collegate residenti in Stati compresi nella black list (art. 127-bis del Tuir)

Applicazione della disciplina CFC alle società controllate e collegate residenti in Stati compresi nella black list. In assenza delle condizioni richieste per disapplicare l’art. 127-bis del Tuir, i redditi prodotti dalla società estera con­corrono alla formazione della base imponibile della società controllata nel periodo di maturazione.

Metodi utilizzati per ridurre la doppia imposizione economica internazionale:

1 ) esenzione generalizzata sui dividendi in entrata; 2) credito di imposta; riformulazione della disciplina conte­nuta nell’art. 15 del Tuir.

Con la recente estensione del campo di applica­zione dell’art. 96-bis del Tuir, ci si trova già di fron­te ad una “anticipazione” concreta di alcune delle disposizioni contenute nella legge delega.

Se da una parte viene già applicato il criterio dell’esenzione sui dividendi in entrata, dall’altra si evidenziano alcuni dubbi che potrebbero interes­sare alcuni aspetti della riforma.

Fra le varie questioni inerenti al caso analizzato, si segnalano i seguenti punti problematici:

1) l’esenzione fiscale applicabile ai dividendi esteri viene applicata alle società dotate di un’auto­noma personalità giuridica sotto il profilo societa­rio, oppure la normativa tributaria presuppone anche un’autonoma capacità impositiva della società estera?;

2) in tal caso, quali saranno le condizioni richie­ste per poter applicare la suddetta esenzione? Ed ancora, quale potrà essere il riconoscimento delle eventuali ritenute effettuate sui dividendi distribuiti dalla società partecipata?

Dall’analisi della legge di riforma non risulta possibile delineare la disciplina fiscale che verrà applicata alla questione proposte. Con riferimento al credito per le imposte assolte all’estero, l’art. 4, lettera I), della legge delega prevede l’adattamento del metodo del reddito d’imposta ai nuovi istituti previsti dalla riforma. Per quanto riguarda le con­dizioni che verranno richieste per usufruire piena­mente dell’esenzione sui dividendi esteri, occorre attendere l’attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 4, lettera d), della legge di riforma.


Conclusioni

Le questioni proposte presentano, in primo luo­go, problematiche connesse al concetto di residen­za fiscale e richiesto ai fini convenzionali. Tuttavia, oltre agli aspetti legati al regime proprio delle Con­venzioni contro le doppie imposizioni, dovranno essere specificate le condizioni necessarie per applicare le nuove disposizioni alle somme ricevu­te dalla società partecipante.

Si sottolinea che il regime di esenzione, previsto per la generalità dei casi, presuppone che la società partecipata sia già stata sottoposta a tassa­zione nel Paese di residenza.[9]

La ratio,[10] alla base di quanto contenuto nella Direttiva “madre-figlia”, come recepita nell’art. 96­ bis del Tuir, viene individuata nella volontà di evi­tare i fenomeni legati alla doppia imposizione eco­nomica. Tale aspetto deve essere considerato in sede di interpretazione della normativa tributaria.

Le questioni brevemente analizzate si riferisco­no a problematiche di carattere settoriale. Tutta­via, considerata l’attuale fase di rimodulazione del sistema tributario, e l’introduzione di un regime di tassazione per trasparenza anche in capo alle per­sone giuridiche residenti, viene rilevata l’esigenza di normare anche il regime fiscale applicabile agli utili distribuiti da società partecipate estere tassate per trasparenza.



[1] Cfr. G. Rebecca-E. Zanetti, Riforma tributaria: prime con­siderazioni sulla tassazione per trasparenza in capo ai soci degli Mili delle società dì capitali, in "il fisco" n. 14/2003, fascicolo n. 1, pag. 2109.

[2] Cfr. G. Rebecca-E. Zanetti, L’abolizione del meccanismo del credito di imposta sui dividendi nel disegno di legge delega per la riforma del sistema fiscale, in Forum fiscale, n. 2/2002

[3] II principio dell’irrilevanza fiscale della svalutazione delle partecipazioni è stato peraltro anticipatamente introdotto nel D.L. 24 settembre 2002, n. 209, come modificato dalla L. 22 novembre 2002, n. 265.

[4] Provvedimento pubblicato in G.U. n. 273 del 23 novem­bre 2001 e in “il fisco n. 44/2001, pag. 14056.

[5] Cfr. Legge delega n. 80 del 7 aprile 2003, art. 4, comma 1, lettera h). Viene prevista la possibilità, in certi casi, per le società di capitali residenti in Italia di optare per il regime di trasparenza fiscale tipico delle società di persone.

[6] Le società di capitali statunitensi vengono comunemente denominate Corporations ‘, differentemente, le società di perso­ne sono identificate nelle Partnerships.

[7] D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modifica­zioni ed integrazioni

Art. 96

Dividendi esteri (comma 1)

1. Gli utili distribuiti da società collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile non residenti nel territorio dello Stato concorrono a formare il reddito del 40 per cento del loro ammontare. Tuttavia, la parte di detti utili che non concorre a formare il reddito rileva agli effetti della determinazione del­l’ammontare delle imposte di cui al comma 4 dell’articolo 105, secondo i criteri previsti per i proventi di cui al numero 1 di tale comma. Le minusvalenze e gli altri componenti negativi di reddito derivanti dalle partecipazioni nelle società indicate nel periodo precedente sono deducibili limitatamente, per ciascun periodo d’imposta, all’ammontare che eccede quello dei relati­vi utili non concorrenti a formare il reddito ai sensi del presen­te comma.

[8] D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni ed integrazioni

Art. 96-bis

Dividendi distribuiti da società non residenti (commi 1, 2 e I-ter)

1. Gli utili distribuiti, in occasione diversa dalla liquidazione, da società non residenti aventi i requisiti di cui al comma successivo, se la partecipazione diretta nel loro capitale è non inferiore al 25 per cento ed è detenuta ininterrottamente per almeno un anno, non concorrono alla formazione del reddito della società o dell’ente ricevente per il 95 per cento del loro ammontare e tuttavia, detto importo rileva agli effetti della

determinazione dell’ammontare delle imposte di cui al comma 4 dell’articolo 105, secondo i criteri previsti per i proventi eli cui al numero 1 ) di tale comma.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica se la società non residente:

2-ter. Le disposizioni del comma 1 possono essere applicate anche per le partecipazioni in società, residenti in Stati non appartenenti all’Unione europea, soggetto ad un regime di tassazione non privilegiato in ragione dell’esistenza di un livello di tassazione analogo a quello applicato in Italia nonché di un adeguato scambio di informazioni, da individuare con decreti del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzella Ufficiale. Con i medesimi decreti possono essere individuate modalità e condizioni per l’applicazione del presente comma.

[9] Cfr. G. Vasapolli-A. Vasapolli, Esenti da imposizione i divi­dendi distribuiti da società figlie non residenti, in “Corriere Tri­butario” n. 46/2000, pag. 3346.

[10] Cfr. Siegfried Mayr - Fort Giovanni, Società di capitali resi­denti, imposte pagate all’estero e dividendi extra UÈ, in “Corriere Tributario” n. 32/2000, pag. 2344.

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