Vicenza, Domenica 28 Aprile 2024

I compensi dei curatori fallimentari-2001

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di Giuseppe Rebecca
Il Commercialista Veneto, N. 142 luglio-agosto 2001

Nel numero 136 del giornale (Luglio/Agosto 2000) è stato pubblicato un commento con dati statistici dei fallimenti in Italia, fino al 1998 (fonte ISTAT). Vale la pena di approfondirne l’aspetto economico, per i curatori. Sono significativi i dati, arrotondati, di una procedura media, per il 1998 (gli anni precedenti sostanzialmente confermano questi dati): Attivo medio 200 milioni Passivo medio 1.100 milioni Durata media della procedura 6 anni Spese per procedura (escluso compenso curatore) 30 milioni Compenso medio per il curatore 12 milioni Questo, su un totale di 11 mila procedure concorsuali chiuse. L’analisi, strettamente statistica, è questa: il curatore medio ha lavorato mediamente 6 anni per ricevere un compenso di 12 milioni (2 milioni l’anno), e ha pagato spese di procedura, per lo più ai legali, per 30 milioni a procedura (5 milioni l’anno). Quindi, una attività lavorativa di 6 anni, tramutatasi in un incasso medio, per la procedura, di 200 milioni. Oltre agli incassi, il curatore ha necessariamente svolto tutta una serie di formalità e di adempimenti, ha sicuramente iniziato azioni legali di diversa tipologia. Tutto questo per 12 milioni, mediamente. Al di là di tutto, è proprio il caso di dirlo: è anche questione di soldi. La tariffa odierna per i curatori fallimentari, assai rozza, è prevista da un Decreto Ministeriale che, come tutti i Decreti Ministeriali, non vincola il Giudice. Questo Decreto Ministeriale prevede dei minimi e dei massimi; per importi di incassi della procedura che superino il miliardo, potrebbe anche essere, in linea del tutto teorica, un compenso di zero, essendo inopinatamente previsto un compenso fino a ......, e non da...... a...... Ad ogni buon conto, il compenso massimo, superati i 3 miliardi di attivo, è dello 0,90%. Quindi, al massimo, 9 milioni ogni miliardo incassato. E non si venga a dire che è tanto. Tutti noi sappiamo, se non altro per propria esperienza professionale, quanto sia difficile incassare nelle procedure fallimentari. E incassare 1 miliardo non è mai cosa semplice; se poi deriva da cause intraprese dalla procedura, è il frutto del lavoro di più anni, di molte udienze, di una attività minuziosa, lunga e precisa. Una nuova tariffa, una tariffa che si possa ritenere equa, innanzitutto non dovrebbe essere prevista da un semplice D.M., quanto piuttosto da un provvedimento legislativo, e dovrebbe essere molto più analitica, prevedere compensi differenti per le varie attività. I Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri hanno proposto, ancora nel 1997, una revisione della tariffa, revisione però basata sempre sugli stessi criteri, oramai vecchi e superati. La tariffa pare in dirittura d’arrivo; prevede piccoli ritocchi alle aliquote, per l’attivo, e il riferimento, per il passivo, agli importi richiesti, non solo agli ammessi. La struttura della tariffa dovrebbe invece essere diversificata, a seconda delle fonti dell’attivo realizzato, con percentuali comunque diverse in funzione delle diverse attività svolte. Adottare una percentuale unica è indubbiamente cosa rozza e per nulla gratificante, ai fini dell’analisi dell’operatività svolta. Ciò al di là della discrezionalità che comunque il giudice ha nella scelta delle aliquote applicabili. Cerchiamo di dare una possibile indicazione. (...)

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