Vicenza, Domenica 28 Aprile 2024

L'equità nell'arbitrato

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di Giuseppe Rebecca
Il Commercialista Veneto, N. 139 gennaio-febbraio 2001

Cordine di Vicenza i sono due luoghi comuni molto diffusi in materia arbitrale, anche tra gli addetti ai lavori, luoghi comuni non facili da sfatare. Uno riguarda la preferenza per le presunte minori formalità dell’arbitrato irrituale, l’altro riguarda le modalità di giudizio, che ove fosse di equità parrebbero, ai più, più semplici, più giuste. Sono due luoghi comuni da sfatare. Per quanto concerne l’arbitrato irrituale basterà qui ricordare la sua natura contrattuale; il lodo di arbitrato irrituale ha valenza di contratto, tra le parti, e una eventuale impugnazione si dovrà fare avanti il giudice di I grado. Nell’arbitrato rituale, attività giurisdizionale, una eventuale impugnazione del lodo si farà invece avanti la Corte di Appello. Tenuto conto che l’arbitrato ha comunque un costo, e una durata, pare difficile intravvedere l’utilità dell’arbitrato irrituale, come più volte espresso (vedasi miei precedenti articoli anche ne IL COMMERCIALISTA VENETO). Qui tratto dell’altro luogo comune, l’equità. Generalmente si pensa che far giudicare gli arbitri secondo equità, sia per l’arbitrato rituale che per quello irrituale, sia più snello, più facile, più “giusto” piuttosto che giudicare secondo il diritto. Anche questo non è assolutamente vero, come non è vero l’altro luogo comune, che irrituale si sposi con equità, e rituale con diritto. Ogni combinazione è possibile, e ben può esserci arbitrato rituale con lodo emesso secondo equità come pure lodo di arbitrato irrituale emesso secondo diritto. (...)

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