Vicenza, Lunedì 29 Aprile 2024

Recesso del socio non imprenditore: aspetti civilistici e fiscali (parte I)

di Giuseppe Rebecca ed Enrico Zanetti
Diritto e Pratica delle Società, N. 16/2003

Mediante il recesso (atto unilaterale volontario), ciascun socio può fuoriuscire da una compagine sociale, ottenendo la liquidazione del valore della propria partecipazione.

L’esperibilità dell’istituto del recesso da parte del socio soggiace alla sussistenza di determinate condizioni, la cui mancanza preclude l’esercizio del diritto, da attuarsi secondo precise modalità procedurali.

Le condizioni che rendono possibile per il socio recedere (e così pure i criteri di calcolo del valore della partecipazione che deve essere liquidata al socio) variano a seconda della tipologia della società dalla quale il socio intende fuoriuscire.

La disciplina che regola l’esercizio del diritto di recesso nelle società di capitali è stata peraltro oggetto di modifiche significative nell’ambito della riforma del diritto societario.

Dal punto di vista dell’imposizione diretta, se il socio che recede è una persona fisica, una società semplice, nonché un ente non commerciale (e assimilati), che non esercita attività di impresa o che, pur esercitandola, non possiede la partecipazione nell’ambito dell’esercizio della predetta attività[1], si applicano anzitutto le disposizioni previste dall’art. 44 co. 3 del DPR 917/86 [2]. Il recesso può determinare l’insorgenza di componenti positivi o negativi di reddito.

Nell’esame della disciplina si tiene conto delle modifiche apportate dalla riforma del diritto societario in materia di recesso e delle conseguenti implicazioni fiscali. Non si analizzano, invece, le previsioni di cui alla riforma fiscale tributaria ancora in itinere. In questo articolo trattiamo soprattutto degli aspetti fiscali, dopo un breve excursus sugli aspetti civilistici ed anche contabili.

2 condizioni per l’esercizio del diritto

L’istituto del recesso può essere esperito solo se sussistono determinate condizioni previste dalla legge o dal contratto sociale.

2.1 Società di capitali

Per le società di capitali, le condizioni che consentono al socio l’esercizio del recesso devono essere valutate:

· nel contesto normativo ante riforma del diritto societario;

· nel contesto normativo post riforma del diritto societario.

2.1.1 Disciplina ante riforma

Se la società dalla quale il socio intende recedere è una spa, una sapa o a una srl, il diritto può essere esercitato solo se sussistono le condizioni previste dal codice civile all’art. 2437, nonché nel particolare caso di cui all’art. 2343 co. 4 c.c..

Ai sensi dell’art. 2437 c.c., il diritto di recesso può essere esperito dal socio che risulti dissenziente in relazione a una delibera dell’assemblea straordinaria dei soci con la quale sia stato approvato il cambiamento dell’oggetto sociale o del tipo societario (trasformazione), oppure il trasferimento della sede sociale all’estero.

Oltre che dal socio dissenziente, il recesso è esperibile anche dal socio che risulti essere stato assente all’assemblea che ha assunto le predette deliberazioni[3].

Ai sensi dell’art. 2343 co. 4 c.c., la facoltà di recedere è attribuita al socio di società di capitali anche nel particolare caso in cui egli abbia effettuato conferimenti in natura che, nel termine di sei mesi dalla costituzione della società, vengano valutati da amministratori e sindaci di valore inferiore di oltre un quinto a quello per il quale erano stati inizialmente valutati in sede di sottoscrizione del capitale sociale.

2.1.2 Disciplina post riforma

Nel quadro normativo post riforma, la disciplina delle condizioni che rendono esercitatile il diritto di recesso del socio nelle società di capitali viene a differenziarsi tra quanto previsto per le spa e le sapa da un lato e quanto previsto per le srl dall’altro.

Spa e sapa

Se la partecipazione dalla quale il socio intende recedere afferisce a una spa, o a una sapa, il diritto può essere esercitato solo se sussistono le condizioni previste dal codice civile all’art. 2437, nonché nel particolare caso di cui all’art. 2343 co. 4:

· ai sensi dell’art. 2437, hanno diritto, per tutte o parte delle azioni, i soci che non hanno concorso all’approvazione delle delibere che hanno per oggetto:

- modifica dell’oggetto sociale, quando comporta un significativo mutamento dell’attività sociale;

- trasformazione della società;

- trasferimento della sede sociale all’estero;

- revoca dello stato di liquidazione;

- modifica dei criteri di determinazione del valore delle azioni in caso di recesso;

- eliminazione di cura a più cause di recesso;

- proroga del termine;

- introduzione o rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.

( per le ultime due delibere, lo statuto può disporre diversamente, nel senso di non prevedere il diritto di recesso; inoltre, nel caso di società contratta a tempo indeterminato, è consentito al socio il diritto di recedere in ogni momento dal contratto sociale previo avviso di almeno sei mesi )

· ai sensi dell’art. 2343 co. 4, la facoltà di recedere è attribuita al socio di società di capitali anche nel particolare caso in cui egli abbia effettuato conferimenti in natura che, nel termine di sei mesi dalla costituzione della società, vengono valutati da amministratori e sindaci di valore inferiore di oltre un quinto a quello per il quale erano stati inizialmente valutati in sede di sottoscrizione del capitale sociale.

Se la società non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può prevedere ulteriori cause di recesso.

Srl

Se la partecipazione dalla quale il socio intende recedere afferisce a una srl, il diritto può essere esercitato solo se sussistono le condizioni previste dal codice civile all’art. 2473 c.c..

Ai sensi del citato articolo, l’atto costitutivo determina liberamente quando il socio può recedere dalla società indicando le relative modalità. In ogni caso tale diritto compete a quei soci che non hanno acconsentito alle seguenti decisioni:

q cambiamento dell’oggetto sociale;

q trasformazione, fusione o scissione della società;

q trasferimento della sede della società all’estero;

q eliminazione di una o più cause di recesso;

q compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo;

q compimento di operazioni che determinano una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell’art. 2468, co. 4, c.c..

Nel caso di società contratta a tempo indeterminato è consentito al socio il diritto di recedere in ogni momento dal contratto sociale previo avviso di almeno sei mesi (l’atto costitutivo può prevedere un termine maggiore, ma non superiore a dodici mesi).

2.2 Società di persone

Se la partecipazione dalla quale il socio intende recedere afferisce a una società semplice, una snc o una sas, il diritto può essere esercitato solo se sussistono le condizioni previste dal codice civile all’art. 2285.

Ai sensi dell’art. 2285 c.c., il diritto di recesso può essere esperito dal socio nei casi previsti nel contratto sociale o quando sussiste una giusta causa, nonché sempre ed in ogni caso quando la società è stata contratta a tempo indeterminato o per tutta la durata della vita di uno dei soci.

3 modalità di esercizio del diritto

Pur in presenza delle condizioni che legittimano l’esercizio del recesso dalla società, perché tale recesso possa essere efficace nei confronti della società è necessario che siano osservati i termini e le modalità procedurali appositamente stabilite dalla legge.

3.1 Società di capitali

Per quanto concerne le società di capitali anche in questo caso bisogna distinguere tra:

· “vecchia” disciplina ante riforma del diritto societario;

· “nuova” disciplina post riforma del diritto societario.

Disciplina ante riforma

Ai sensi dell’art. 2437 co. 2 del codice civile, se la società dalla quale il socio intende recedere è a una spa, una sapa o a una srl, il diritto di recesso deve essere esercitato comunicandolo alla società con raccomandata che deve essere inoltrata:

· entro tre giorni dalla chiusura dell’assemblea che ha assunto la deliberazione dalla quale discende la giusta causa di recesso, nel caso in cui il socio che intende recedere abbia preso parte a tale assemblea;

· entro quindici giorni dalla data di iscrizione nel Registro delle Imprese della predetta delibera assembleare, nel caso in cui il socio che intende recedere non abbia preso parte alla relativa assemblea.

Il successivo terzo comma del citato art. 2437 c.c. stabilisce che deve considerarsi nullo ogni patto che rende più gravose le modalità di esercizio del diritto di recesso.

Disciplina post riforma

Nel nuovo quadro normativo delineato dalla riforma del diritto societario, se la partecipazione dalla quale il socio intende recedere afferisce a una spa, o a una sapa, il diritto di recesso deve essere esercitato comunicandolo alla società con raccomandata che deve essere inoltrata entro quindici giorni dalla data di iscrizione nel Registro delle Imprese della delibera assembleare che lo legittima (anche se il socio ha preso parte alla relativa assemblea).

Se il fatto che legittima il recesso è diverso da una deliberazione, il termine per la comunicazione a mezzo raccomandata è di trenta giorni dalla data in cui il socio viene a conoscenza di tale fatto. Nel caso di recesso da Srl, invece, nulla è previsto dalla legge e la disciplina delle modalità di recesso è rimessa all’atto costitutivo della stessa Srl.

Se la società (spa, sapa, o srl) è costituita a tempo indeterminato, il socio può recedere in qualsiasi momento comunicandolo a mezzo raccomandata, ma in questo caso è previsto un onere di preavviso di almeno sei mesi (elevabile fino a un anno per previsione statutaria).

3.2 Società di persone

Per il recesso del socio di società semplici, snc e sas la legge non prevede procedure particolari.

Nel solo caso in cui il recesso non sia riconducibile a una giusta causa[4], il comma 3 dell’art. 2285 c.c. stabilisce un obbligo di preavviso, da parte del socio, di almeno tre mesi.

4 determinazione dell’importo spettante al socio

Le modalità di determinazione dell’importo che la società deve liquidare al socio recedente, si differenziano a seconda che la partecipazione sia relativa a:

  • una società quotata;
  • una società di capitali non quotata;
  • una società di persone.

Inoltre, nell’ambito delle società di capitali non quotate, bisogna ulteriormente distinguere tra:

· la disciplina in vigore ante modifiche della riforma del diritto societario;

· la disciplina in vigore post modifiche della riforma del diritto societario.

4.1 Società quotate

Per quanto concerne le società di capitali quotate, l’art. 2437 del codice civile stabilisce che la liquidazione della quota del socio uscente deve essere effettuata sulla base del prezzo medio delle azioni fatto registrare nell’ultimo semestre. Criterio analogo è previsto dall’art. 2437 c.c. -ter post riforma del diritto societario al comma 3; sono comunque salve eventuali diverse previsioni statutarie.

4.2 Altre società di capitali

Per quanto concerne le società di capitali diverse da quelle quotate, la riforma del diritto societario comporta alcune sostanziali modifiche alla disciplina in materia di determinazione dell’importo spettante al socio recedente.

Disciplina ante riforma

Nel quadro normativo ante riforma, l’art. 2437 del codice civile stabilisce che la liquidazione della quota del socio uscente deve essere effettuata sulla base del patrimonio sociale risultante dal bilancio dell’ultimo esercizio concluso.

In questo caso, dunque, il valore della partecipazione del socio che recede viene valutato sostanzialmente sulla base dei valori contabili, senza possibilità di considerare il valore dell’avviamento e dei plusvalori latenti.

Disciplina post riforma

Per effetto delle modifiche recate dalla riforma del diritto societario, il valore di liquidazione della quota non deve più essere riferito al patrimonio sociale risultante dal bilancio dell’ultimo esercizio concluso, bensì riflettere il valore di mercato della quota al momento della dichiarazione di recesso.

Per le spa il valore è determinato dagli amministratori, sentito il collegio sindacale ed il soggetto incaricato della revisione contabile e deve essere desunto da una situazione patrimoniale della società riferita ad un periodo non anteriore a tre mesi dalla data della delibera che legittima il recesso. Tale valore deve tenere conto:

q della consistenza patrimoniale;

q delle prospettive reddituali;

q dell’eventuale valore di mercato delle azioni.

Lo statuto può prevedere diversi criteri di determinazione del valore di liquidazione, indicando:

q gli elementi patrimoniali attivi e passivi di bilancio che possono essere rettificati;

q i criteri di rettifica;

q gli altri elementi suscettibili di valutazione patrimoniale da tenere in considerazione.

In caso di contestazione, il valore della quota è determinato tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale.

4.3 Società di persone

Per quanto concerne le società di persone, l’art. 2289 del codice civile stabilisce che la liquidazione della quota del socio uscente deve essere effettuata sulla base della situazione patrimoniale della società alla data in cui si verifica il recesso.

Nella determinazione di tale valore, secondo un consolidato orientamento dottrinale e giurisprudenziale, devono essere considerati i seguenti elementi:

· capacità reddituale dell’azienda nel suo complesso (avviamento);

· valore effettivo dei singoli elementi patrimoniali (considerando quindi le eventuali plusvalenze latenti);

· risultato economico dell’eventuale frazione di esercizio antecedente alla data in cui si verifica il recesso (utile o perdita).

5 riflessi fiscali in capo al socio non imprenditore

In capo al socio che recede dalla società la liquidazione della partecipazione può generare base imponibile ai fini delle imposte sui redditi.

Con riferimento all’ipotesi del socio non imprenditore rilevano le seguenti disposizioni del DPR 917/86:

  • art. 16 co. 1 lett. l);

· art. 16 co. 1 lett. m);

  • art. 44 co. 3;

5.1 Recesso da società di capitali

Ai sensi dell’art. 44 co. 3 primo periodo del DPR 917/86, costituiscono redditi di capitale le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso da società soggette all’Irpeg per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote. Questo è il caso in cui la società riduca il capitale sociale.

TABELLA 1 - Reddito di capitale per il socio che recede

=

Somma o valore normale del bene ricevuto

-

Costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione

5.1.1. Credito di imposta sui dividendi nelle società quotate

Il secondo periodo del citato comma 3 stabilisce che al socio spetta il credito di imposta sui dividendi (di cui all’art. 14 del DPR 917/86), ma limitatamente alla parte del reddito di capitale corrispondente alle poste del patrimonio netto della società formate con utili (anziché con apporti di capitale), ivi comprese le riserve di utili imputate a capitale.

La ratio della norma è quella di limitare l’attribuzione del credito di imposta alla sola parte di reddito di capitale che si forma in capo al socio riconducibile agli utili effettivamente realizzati che hanno concorso a formare la base imponibile della società ai fini delle imposte sul reddito.

È appena il caso di sottolineare che, in linea generale, tale norma esplica un effetto concreto solo con riferimento alle società quotate, per le quali la determinazione della somma da liquidare al socio che recede deve essere effettuata sulla base della quotazione di mercato delle azioni nell’ultimo semestre.

La quotazione di mercato potrebbe infatti esprimere un valore superiore alla corrispondente frazione del patrimonio netto contabile della società.

In questo caso, al socio spetterebbe il credito di imposta di cui all’art. 14 del DPR 917/86 solo per la parte di reddito corrispondente, nella sostanza, alla differenza tra la frazione del patrimonio netto contabile della società e il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione (a tale proposito si rinvia agli esempi numerici svolti nella tabella 2).

Impostazione confermata da C.M. 17/05/2000 in 98/E.

TABELLA 2 - Attribuzione del credito di imposta nel recesso da società quotata

Esempio 1

· Patrimonio netto della società: 1.000 (300 capitale suddiviso in 100 azioni; 100 versamenti dei soci a fondo perduto e 600 riserve di utili)

· Entità della partecipazione del socio recedente: 10% (ossia 10 azioni)

· Quotazione di mercato media degli ultimi sei mesi: 12 ad azione

· Costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo al socio: 40

In caso di recesso al socio spetta la liquidazione di un importo pari a 12 x 10 azioni = 120

Il reddito che si determina in capo al socio è pari a 120 – 40 = 80

Il capitale della società è composto per 400 da apporti di capitale e per 600 da riserve da utili.

Il credito di imposta compete al socio nel limite della parte di utile proporzionalmente corrispondente alle riserve di utili ossia nel limite di 600 x 10% (entità della partecipazione del socio) = 60

Sugli ulteriori 20 (= 80 – 60) al socio non compete il credito di imposta[5].

Esempio 2

· Patrimonio netto della società: 1.000 (300 capitale suddiviso in 100 azioni; 100 versamenti dei soci a fondo perduto e 600 riserve di utili)

· Entità della partecipazione del socio recedente: 10% (ossia 10 azioni)

· Quotazione di mercato media degli ultimi sei mesi: 12 ad azione

· Costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo al socio: 15

In caso di recesso al socio spetta la liquidazione di un importo pari a 12 x 10 azioni = 120

Il reddito che si determina in capo al socio è pari a 120 – 15 = 105

Il capitale della società è composto per 400 da apporti di capitale e per 600 da riserve da utili.

Il credito di imposta compete al socio nel limite della parte di utile proporzionalmente corrispondente alle riserve di utili ossia nel limite di 600 x 10% (entità della partecipazione del socio) = 60

Sugli ulteriori 45 (= 105 – 60) al socio non compete il credito di imposta[6].

Esempio 3

· Patrimonio netto della società: 1.000 (300 capitale suddiviso in 100 azioni; 100 versamenti dei soci a fondo perduto e 600 riserve di utili)

· Entità della partecipazione del socio recedente: 10% (ossia 10 azioni)

· Quotazione di mercato media degli ultimi sei mesi: 10 ad azione

· Costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo al socio: 40

In caso di recesso al socio spetta la liquidazione di un importo pari a 10 x 10 azioni = 100

Il reddito che si determina in capo al socio è pari a 100 – 40 = 60

Il capitale della società è composto per 400 da apporti di capitale e per 600 da riserve da utili.

Il credito di imposta compete al socio nel limite della parte di utile proporzionalmente corrispondente alle riserve di utili ossia nel limite di 600 x 10% (entità della partecipazione del socio) = 60

L’intero reddito del socio è coperto dal credito di imposta.

5.1.2 Credito di imposta sui dividendi nelle altre società di capitali

Viceversa, per le altre società di capitali diverse da quelle quotate (per le quali, come si è visto, la determinazione della somma da liquidare al socio che recede deve essere effettuata sulla base del patrimonio netto contabile risultante dall’ultimo bilancio di esercizio approvato), vi è generalmente perfetta identità tra quota del patrimonio netto della società formata con utili e ammontare della somma liquidata al socio uscente che costituisce reddito di capitale in capo a quest’ultimo, con conseguente spettanza del credito di imposta di cui all’art. 14 del DPR 917/86 sull’intero “utile da recesso” realizzato dal socio[7].

L’unica circostanza in cui ciò non si verifica sembrerebbe riconducibile al caso (assai infrequente) in cui il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo al socio risulti inferiore alla corrispondente frazione della quota del patrimonio netto della società formata con apporti di capitale (si vedano gli esempi numerici di cui alla tabella 3).

TABELLA 3 - Attribuzione del credito di imposta nel recesso da altre società di capitali

Esempio 1

· Patrimonio netto della società: 1.000 (300 capitale suddiviso in 100 azioni o quote; 100 versamenti dei soci a fondo perduto e 600 riserve di utili)

· Entità della partecipazione del socio recedente: 10%

· Costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo al socio: 40

In caso di recesso al socio spetta la liquidazione di un importo pari a 1.000 x 10% = 100

Il reddito che si determina in capo al socio è pari a 100 – 40 = 60

Il capitale della società è composto per 400 da apporti di capitale e per 600 da riserve da utili.

Il credito di imposta compete al socio nel limite della parte di utile proporzionalmente corrispondente alle riserve di utili ossia nel limite di 600 x 10% (entità della partecipazione del socio) = 60

L’intero reddito del socio è coperto dal credito di imposta.

Esempio 2

· Patrimonio netto della società: 1.000 (300 capitale suddiviso in 100 azioni o quote; 100 versamenti dei soci a fondo perduto e 600 riserve di utili)

· Entità della partecipazione del socio recedente: 10%

· Costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo al socio: 70

In caso di recesso al socio spetta la liquidazione di un importo pari a 1.000 x 10% = 100

Il reddito che si determina in capo al socio è pari a 100 – 70 = 30

Il capitale della società è composto per 400 da apporti di capitale e per 600 da riserve da utili.

Il credito di imposta compete al socio nel limite della parte di utile proporzionalmente corrispondente alle riserve di utili ossia nel limite di 600 x 10% (entità della partecipazione del socio) = 60

L’intero reddito del socio è coperto dal credito di imposta.

Esempio 3

· Patrimonio netto della società: 1.000 (300 capitale suddiviso in 100 azioni o quote; 100 versamenti dei soci a fondo perduto e 600 riserve di utili)

· Entità della partecipazione del socio recedente: 10%

· Costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo al socio: 10

In caso di recesso al socio spetta la liquidazione di un importo pari a 10 x 10 azioni = 100

Il reddito che si determina in capo al socio è pari a 100 – 10 = 90

Il capitale della società è composto per 400 da apporti di capitale e per 600 da riserve da utili.

Il credito di imposta compete al socio nel limite della parte di utile proporzionalmente corrispondente alle riserve di utili ossia nel limite di 600 x 10% (entità della partecipazione del socio) = 60

Sugli ulteriori 30 (= 90 – 60) al socio non compete il credito di imposta[8].

È appena il caso di sottolineare che, quanto in precedenza evidenziato con riferimento alle società di capitali non quotate, è vero solo fino al momento in cui non diverranno applicabili le nuove norme introdotte dalla riforma del diritto societario, in materia di modalità di determinazione dell’importo spettante al socio che recede (si veda il precedente paragrafo 4.2).

Come si è evidenziato, infatti, a decorrere da tale momento anche per le società di capitali non quotate si passerà da una determinazione sulla base del patrimonio netto contabile della società a una determinazione sulla base del valore di mercato della quota, generando pertanto riflessi simili a quelli analizzati con riferimento alle società quotate.

5.1.3. Acquisto delle azioni proprie da parte della società

Nel caso di recesso da società per azioni (sia quotate che non quotate), in alternativa alla riduzione del capitale sociale e all’annullamento delle azioni possedute dal socio, la società può optare per l’attuazione del recesso mediante acquisto delle azioni dal socio (c.d. “acquisto di azioni proprie”) al prezzo che compete a quest’ultimo in dipendenza di quanto evidenziato in precedenza[9].

In questo caso, posto che per il socio si realizza una vera e propria cessione a titolo oneroso della partecipazione posseduta, potrebbe porsi il dubbio se la differenza tra il prezzo o il valore normale dei beni ricevuti e il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione costituisca per il socio un reddito di capitale ex art. 44 co. 3 del DPR 917/86 o un reddito diverso ex art. 81 co. 1 lett. c) o c-bis) del DPR 917/86 [10].

A tale proposito, sembrerebbe corretto ritenere comunque riconducibile all’ambito dei redditi di capitale di cui al citato art. 44 il reddito determinatosi in capo al socio per effetto della cessione delle azioni alla società, quando tale cessione trae le proprie premesse dalla volontà del socio di recedere dalla società, posto che il prezzo di cessione (da determinarsi, come accennato, secondo le modalità proprie del recesso) costituirebbe comunque una somma ricevuta dal socio in caso di recesso[11].

5.2 Recesso da società di persone

Per quanto concerne i riflessi reddituali in capo al socio che recede da società di persone, l’art. 6 del DPR 917/86 richiama quanto disposto dall’art. 44 co. 3 del DPR 917/86 con riferimento alle società e agli altri enti soggetti all’Irpeg.

Una differenza sostanziale, oltre naturalmente all’assenza delle dinamiche proprie dell’attribuzione del credito di imposta, è tuttavia costituita dal fatto che non concorre alla formazione del reddito del socio la parte della somma o del valore normale dei beni ricevuti in dipendenza del recesso riconducibile alle riserve di utili della società che, conformemente alla natura di tali soggetti, risultano essere state già tassate ai fini Irpef in capo ai soci per trasparenza nel periodo di imposta di formazione (si veda la tabella 4).

In altre parole, dunque, della somma (o del valore normale dei beni) attribuita al socio è tassabile solo la parte che corrisponde all’avviamento, ai plusvalori aziendali latenti, all’utile del periodo di recesso in corso di formazione e, se presenti nel patrimonio della società e “attribuite” al socio recedente: le riserve in sospensione di imposta.

TABELLA 4 - Reddito per il socio che recede da società di persone

=

Somma o valore normale del bene ricevuto

-

Costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione

-

Riserve di utili accantonate dalla società nei precedenti esercizi e tassate per trasparenza in capo ai soci

Natura del reddito conseguito dal socio

Il reddito conseguito dal socio in dipendenza del recesso da una società di persone non dovrebbe fare eccezione alla regola generale che prevede il mantenimento in capo al socio della natura reddituale assunta in capo alla società[12].

Nel caso dunque di soci di società in nome collettivo o in accomandita semplice[13], il reddito eventualmente realizzato in dipendenza del recesso avrebbe per il socio natura di reddito di partecipazione, con conseguente possibilità di evidenziazione di una perdita “compensabile”, ai sensi dell’art. 8 del DPR 917/86, nella determinazione del reddito complessivo del socio, laddove il valore fiscalmente riconosciuto in capo al socio della partecipazione risulti superiore all’importo o al valore normale del bene attribuito (eventualità che si può verificare nei casi di recesso da società in perdita). Tele perdita è compensabile con redditi di altre categorie nel caso in cui la società sia in contabilità semplificata; solo con altri redditi della stessa categoria per società in contabilità ordinaria.

Sul punto, merita di essere evidenziata la circostanza che, trattandosi di redditi di impresa per i quali vige il principio di competenza (anziché di redditi di capitale per i quali vige il principio di cassa), i soci delle predette società si ritrovano costretti ad assoggettare a tassazione l’eventuale reddito conseguito in dipendenza del recesso nel periodo di imposta in cui esso si verifica, a prescindere dall’effettiva percezione della somma ad essi spettante[14].




[1] La definizione fiscale di “beni relativi all’impresa” è fornita dall’art. 77 del DPR 917/86.

[2] Viceversa, se il socio che recede è un soggetto per il quale vige la presunzione assoluta di commercialità (snc, sas, spa, sapa, srl, enti pubblici economici ed equiparati) o comunque un soggetto che detiene la partecipazione nell’ambito dell’esercizio di un’attività di impresa, i riflessi fiscali del recesso confluiscono nella determinazione del reddito di impresa del socio, secondo le ordinarie disposizioni previste per tale categoria reddituale.

[3] Qualche dubbio è stato manifestato in ordine alla possibilità di esercitare il diritto di recesso anche da parte del socio astenuto. Sembra tuttavia ragionevole attribuire anche a quest’ultimo il diritto di recedere, posto che l’influenza del socio astenuto sulla formazione della delibera assembleare è la medesima del socio dissenziente (ossia concorre a formare il quorum costitutivo, ma non rileva ai fini del computo del quorum deliberativo).

[4] Eventualità possibile, come si è visto, nelle società di persone costituite a tempo indeterminato o per tutta la durata della vita di uno dei soci.

[5] L’ulteriore reddito di 20 è ascrivibile alla quota parte (10%) dell’avviamento della società, ossia al maggior valore che la quotazione di mercato attribuisce alla società rispetto alle risultanze del patrimonio netto contabile (1200 contro 1000).

[6] L’ulteriore reddito di 45 è ascrivibile a due fattori: per 20 alla quota parte (10%) dell’avviamento della società, ossia al maggior valore che la quotazione di mercato attribuisce alla società rispetto alle risultanze del patrimonio netto contabile (1200 contro 1000); per i residui 25 alla differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo al socio (15) e la quota parte del patrimonio netto contabile della società formato con apporti di capitale (10% di 400).

[7] Ferma restando, chiaramente, l’effettiva capienza in capo alla società dei canestri di imposta di cui all’art. 105 del DPR 917/86

[8] L’ulteriore reddito di 30 è ascrivibile alla differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo al socio (10) e la quota parte del patrimonio netto contabile della società formato con apporti di capitale (10% di 400).

[9] In altre parole, l’acquisto delle azioni da parte della società finalizzato a dare attuazione alla volontà di recedere da parte del socio deve avvenire sulla base della media delle quotazioni fatte registrare nell’ultimo semestre, se trattasi di società quotata, oppure sulla base della corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio di esercizio, se trattasi di società non quotata.

[10] Le differenze che potrebbero scaturire dalla riconducibilità del predetto reddito all’una o all’altra disposizione sono sostanziali. Nel caso di reddito di capitale ex art. 44 co. 3 c.c. si avrebbe infatti un reddito in tutto o in parte accompagnato da credito di imposta e assoggettato a tassazione ordinaria. Nel caso di reddito diverso ex art. 81 si avrebbe invece un reddito sprovvisto di credito di imposta, ma assoggettato al regime sostitutivo previsto per i capital gains (con aliquota del 27% o del 12,5%, a seconda che la cessione sia relativa a una partecipazione qualificata o non qualificata).

[11] E’ appena il caso di sottolineare che si potrebbe arrivare ad opposte conclusioni nei casi in cui il socio si fosse limitato a manifestare informalmente la volontà di recedere (senza, dunque, comunicazione a mezzo raccomandata nei tempi previsti dal codice civile) e la società decidesse comunque di rilevare le sue azioni (in questo caso, per altro, non vi sarebbe alcun tipo di limitazione normativa alle modalità di determinazione del corrispettivo spettante al socio).

[12] Il richiamo operato dall’art. 6 del DPR 42/88 all’art. 44 del DPR 917/86 attiene infatti alle modalità di determinazione del reddito e non già alla sua qualificazione, senza dunque che i redditi derivanti da recesso da società di persone possano qualificarsi a priori come redditi di capitale.

[13] Per le quali, ai sensi dell’art. 6 co. 3, vige la perfetta identità tra reddito complessivo e reddito di impresa.

[14] A tale proposito, viene in soccorso dei soci il disposto dell’art. 2289 co. 4 del codice civile, ai sensi del quale il pagamento della quota spettante al socio uscente deve essere fatto entro il termine di sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del socio.

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