Vicenza, Domenica 28 Aprile 2024

>> Anno 2004

La nuova disciplina del finanziamento soci nella S.r.l.

di Giuseppe Rebecca ed Enrico Zanetti
Impresa Commerciale Industriale, N. 4/2004

1.Premessa

L’art. 2467 del “nuovo” codice civile introduce una disciplina del tutto innovativa in materia di finanzia­menti erogati dai Soci alla società.

Si tratta di una novità di assoluto rilievo, posto che va ad incidere su di una prassi quanto mai diffusa nel­l’operatività quotidiana delle S.r.l., ossia la copertura del fabbisogno finanziario della S.r.l. mediante apporti dei soci non nella forma di conferimenti (ossia apporti di capitale), bensì nella forma di prestiti (ossia debiti per la società).

2. Disposto normativo

Ai sensi del nuovo art. 2467, comma 1, il rimborso dei finanziamenti a suo tempo fatti a soci a favore del­la società:

- “è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori”;

- “e, se avvenuto nell’anno precedente la dichia­razione di fallimento della società, deve essere resti­tuito”.

Il comma 2 dell’art. 2467 individua l’ambito di appli­cazione della disposizione, stabilendo che in esso si intendono inclusi tutti i finanziamenti {in qualsiasi for­ma effettuati) dei soci a favore della società che sono stati concessi:

- “in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al pa­trimonio netto”;

- oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.

La disposizione recata dall’art. 2467, oltre che co­stituire una peculiarità della disciplina della S.r.l. (non essendo prevista una corrispondente previsione nor­mativa nell’ambito della S.p.a.), rappresenta una no­vità di assoluto rilievo, posto che va ad incidere pro­prio su una prassi quanto mai diffusa, ossia quella del finanziamento soci, come strumento di copertura del fabbisogno della società, preferenziale rispetto alla “strada maestra” del conferimento (o del versamento a fondo perduto).

La norma sostanzialmente prospetta quanto segue:

- se la S.r.l. abbisogna dell’apporto di risorse fi­nanziarie fresche per la copertura di fabbisogno finan­ziario di medio-lungo periodo;

- oppure se la società versa in uno stato di squili­brio nel rapporto tra fonti di finanziamento proprio (patri­monio netto) e fonti di finanziamento di terzi (passività);

- nell’istante in cui uno o più soci procedono a un apporto nei confronti della S.r.l. a titolo di debito (fi­nanziamento), anziché a titolo di capitale (conferimen­to o versamento a fondo perduto);

- allora quel finanziamento può essere rimborsato al socio solo se tutti gli altri creditori sociali risultano soddisfatti (e comunque deve essere restituito dal so­cio se il rimborso è avvenuto entro l’anno dalla even­tuale data di dichiarazione di fallimento della società).

3. Finalità della norma

La ratio della disposizione è sostanzialmente quella di contrastare la diffusa pratica (attuata in particolar modo in contesti societari caratterizzati da ristrette compagini sociali, circostanza appunto molto ricorren­te nell’ambito della S.r.l.) di “sostituire” i versamenti in conto capitale con i versamenti a titolo di finanzia­mento, il cui vantaggio è rappresentato per i soci, dal fatto che la restituzione di un apporto effettuato a tito­lo di finanziamento (debito per la società) è insita nel finanziamento stesso, di norma effettuato appunto a scadenza.

Per effetto del disposto dell’art. 2467 del codice ci­vile, in presenza delle condizioni che ne consentono l’applicazione, i finanziamenti dei soci vengono so­stanzialmente “avvicinati” agli apporti effettuati a titolo di conferimento o a fondo perduto, nel senso che an­che per essi vengono poste delle limitazioni alla resti­tuzione ai soci.[1]

La norma si pone nel filone delle disposizioni volte a contrastare la cosiddetta “sottocapitalizzazione delle imprese”, che costituisce un fenomeno estremamente diffuso nel nostro sistema economico.[2]

Coordinata con il mantenimento della soglia minima del capitale sociale della S.r.l. a 10.000. euro e l’am­pliamento delle forme mediante le quali è possibile procedere alla sottoscrizione del relativo capitale so­ciale, l’art. 2467 del codice civile ci dice sostanzial­mente che per il legislatore è senz’altro importante mantenere una facilità di accesso alla forma giuridica della S.r.l. per gli operatori economici che intendono intraprendere attività di impresa, ma al tempo stesso che, al crescere dei volumi dell’impresa (e, segnata­mente, al crescere del suo fabbisogno finanziario) re­sta pur sempre un obbligo per i soci dotare la società di adeguate risorse finanziarie proprie, piuttosto che ricorrere a formule improprie, quale appunto l’apporto di risorse nella forma di capitale di debito.

4. Aspetti di criticità

Dopo esserci brevemente soffermati sulla finalità del­la nuova disposizione normativa introdotta dalla riforma del diritto societario con riferimento alle S.r.l., pare op­portuno richiamare l’attenzione su quelli che sembrano essere i principali aspetti di criticità della norma:

- in primo luogo, se nel novero dei finanziamenti dei soci “in qualsiasi forma effettuati”, cui si rende ap­plicabile il disposto dell’art. 2467, rientrano solo i fi­nanziamenti diretti o anche quelli indiretti;

- in secondo luogo, quando devono considerar­si sussistenti le condizioni per l’applicabilità dell’art. 2467;

- in terzo luogo, se la postergazione del rimborso al socio rispetto alla soddisfazione di tutti gli altri cre­ditori è da intendersi su un piano “temporale” o “di ca­pacità patrimoniale”;

- infine, quali effetti la norma è destinata a pro­durre sui finanziamenti soci “pregressi”, ossia su quel­li effettuati prima del 1° gennaio 2004, ma che per­mangono nella S.r.l. a tale data.

4.1. Finanziamenti diretti e indiretti

L’art. 2467 del codice civile parla di finanziamenti dei soci “in qualsiasi forma effettuati”.

Sotto questo profilo non si pongono dubbi in merito all’indistinta applicabilità della disposizione sia ai fi­nanziamenti a titolo oneroso che ai finanziamenti a ti­tolo gratuito.

Più complessa appare, invece, la questione riguar­dante la potenziale (nel senso che devono comunque sussistere i presupposti di squilibrio finanziario) appli­cabilità della norma, oltre che chiaramente ai finanzia­menti direttamente erogati dal socio alla S.r.l., anche ai finanziamenti “indiretti” del socio, ossia in buona sostanza:

- ai finanziamenti erogati da terzi, ma garantiti dal socio,

- oppure ai finanziamenti erogati da terzi senza garanzie da parte del socio, ma comunque in contesti che, in ultima analisi, riconducano il soggetto terzo erogante alla figura del socio (ad esempio, finanzia­mento erogato alla S.r.l. da altra società controllata da un socio della S.r.l.).

A questo proposito, vale la pena sottolineare che, nell’ambito della normativa fiscale, le disposizioni fina­lizzate appunto a contrastare le pratiche di sottocapi­talizzazione delle imprese (cosiddette “thin capitalization”) prevedono espressamente l’applicabilità delle relative norme di contrasto in presenza di finanzia­menti dei soci sia erogati, che garantiti, che erogati da “parti correlate” dei soci.

Nell’ambito della norma civilistica questo espresso richiamo non viene ripreso, ma del resto si potrebbe obiettare che l’inciso “in qualsiasi forma effettuati” sia di per sé più che sufficiente a ricomprendere nell’am­bito oggettivo di applicazione dell’art. 2467 del codice civile anche i finanziamenti che il socio effettua in fa­vore della società in modo “indiretto”, ossia mediante la prestazione di garanzie o mediante l’intervento di sue parti correlate.

A nostro avviso, questa interpretazione estensiva della norma appare condivisibile, anche perché una diversa lettura della disposizione avrebbe come effet­to un più che facile aggiramento della medesima (co­me, nell’ambito della riforma del sistema fiscale, è stato correttamente evidenziato nel momento in cui sembrava che le disposizioni di thin capitalization ivi previste dovessero risultare applicabili solo in presen­za di finanziamenti erogati dai soci e non anche di fi­nanziamenti garantiti).[3]

Vale poi la pena di sottolineare che, fatta eccezione per il particolare caso del rimborso avvenuto entro un anno dalla data di dichiarazione di fallimento della S.r.l. (per cui scatta l’obbligo di restituzione da parte del socio di quanto ricevuto a rimborso), la disposizio­ne recata dall’art, 2467 del codice civile attiene princi­palmente all’insorgenza di profili di responsabilità da parte degli amministratori,[4] che provvedono al rim­borso del socio di un finanziamento per il quale si ren­de applicabile l’art. 2467 del codice civile senza ri­spettare le condizioni da esso poste (preliminare sod­disfazione di tutti gli altri creditori sociali).

Ciò detto, nell’ottica di un procedimento contenzioso volto all’accertamento dell’eventuale sussistenza di profili di responsabilità degli amministratori verso la società o verso i creditori sociali, la questione dell’ap­plicabilità o meno del disposto dell’art. 2467 del codice civile a un determinato finanziamento (e conseguente rimborso) “indiretto” del socio dovrebbe potersi ritene­re risolta in senso favorevole, [5] ferme restando le maggiori difficoltà che si possono incontrare in ordine alla prova dell’effettiva natura di finanziamento indiret­to del socio di quello che, prima facie, può apparire co­me mero finanziamento da parte di soggetto terzo.

4.2. Presupposti per l’applicabilità della norma

Una volta individuato l’ambito oggettivo dell’art. 2467 del codice civile (che, nella lettura da noi propo­sta, deve essere inteso in un senso assai ampio), bi­sogna comunque tenere presente che tale norma si applica solo se i finanziamenti in questione risultano essere stati effettuati:

- in un momento in cui in capo alla S.r.l. vi è una situazione di squilibrio finanziario tra capitale di debito e capitale proprio;

- in un momento in cui sarebbe risultato “ragione­vole” un conferimento.

La norma non pone alcun criterio oggettivo ai fini dell’individuazione della sussistenza o meno dei pre­supposti che comportano l’applicazione delle limita­zioni al rimborso sui finanziamenti che (potenzialmen­te appunto) vi rientrano.

La scelta del legislatore appare comunque corretta, perché parametri fissi, o comunque meno elastici, avrebbero potuto comportare gravi distorsioni rispetto alla reale finalità della norma, costringendo magari a non considerare situazioni che invece avrebbero molte ragioni di esservi ricondotte e a comprendere situazio­ni che in realtà avrebbero potuto essere tralasciate.

Una volta di più si richiama l’attenzione sul fatto che questa norma si propone essenzialmente di determi­nare i seguenti effetti:

- un obbligo assoluto di restituzione del finanzia­mento rimborsato, nei casi di rimborso avvenuto entro un anno dalla data di dichiarazione di fallimento;

- l’insorgenza di responsabilità in capo agli ammi­nistratori (e ai soci che hanno deciso o autorizzato il rimborso) in tutti gli altri casi.

Di fatto, dunque, la norma è stata concepita per operare in contesti quali quelli di una procedura falli­mentare che agisce in revocatoria o comunque quelli di un’azione di responsabilità promossa (da altri soci, dai terzi o, anche qui, dal curatore fallimentare) contro amministratori e soci.

Chiarito questo, è evidente che la scelta da parte del legislatore di parametri suscettibili di libero apprez­zamento risulti la più consona in funzione del contesto in cui ne è implicitamente concepita l’operatività.

Particolarmente interessanti sono dunque le consi­derazioni in ordine ai profili di prova utilizzabili da par­te di chi vuol dimostrare:

- la sussistenza degli estremi per l’applicazione dell’art. 2467 del codice civile (ossia: in primo luogo l’avvenuto rimborso di un finanziamento riconducibile al novero dei finanziamenti soci, diretti o indiretti; in secondo luogo la sussistenza, alla data in cui il finan­ziamento era stato effettuato, delle condizioni di squi­librio finanziario previste dal comma 2 dell’art. 2467 del codice civile; in terzo luogo il mancato rispetto del­l’obbligo di postergazione del rimborso rispetto al sod­disfacimento degli altri creditori);

- o, all’opposto, l’insussistenza degli estremi per l’applicazione dell’art. 2467 del codice civile (a tale fi­ne basta dimostrare che uno dei tre fattori di cui al punto precedente non corrisponde a verità).

4.3. Natura della “postergazione” del rimborso

Per quanto attiene alia postergazione del rimborso dei finanziamenti soggetti alla disciplina dell’art. 2467 del codice civile, rispetto al soddisfacimento degli altri creditori sociali, può porsi il dubbio se tale posterga­zione assuma natura temporale o di capacità patrimo­niale della società, ossia se:

- il rimborso deve comunque essere subordinato al preventivo pagamento di tutti gli altri debiti sociali;

- il rimborso sia subordinato al fatto che, in ogni caso, la dotazione patrimoniale della società resta sufficiente a garantire il soddisfacimento degli altri creditori.

La prima ipotesi, francamente, non ci sembra per­corribile.

Non pare infatti ragionevole ritenere che il rimborso del socio possa avvenire solo dopo la concreta soddi­sfazione di tutti gli altri creditori, posto che una simile interpretazione porterebbe a rendere rimborsabile il fi­nanziamento solo una volta che la S.r.l. non ha più al­cun debito verso terzi (una forma di tutela dei terzi che diverrebbe addirittura più stringente di quella pre­vista per gli apporti fatti dai soci a titolo di capitale).

La postergazione di cui all’art. 2467 del codice civi­le, sembrerebbe piuttosto dover essere letta nel sen­so di “capacità patrimoniale della S.r.l.”.

In altre parole, sembra corretto ritenere che il rim­borso al socio di un finanziamento, per il quale si ren­dono applicabili le previsioni dell’art. 2467 del codice civile (in quanto finanziamento soci, o comunque ad essi riconducibile, ed in quanto effettuato in un mo­mento in cui sussistevano le condizioni di squilibrio fi­nanziario), sia comunque effettuabile senza l’insor­genza degli effetti della norma citata se chi vi procede (essenzialmente gli amministratori) è in grado di di­mostrare che il patrimonio della società e gli altri fi­nanziamenti soci per cui non si procede al rimborso sono “capienti” rispetto alla sommatoria dei debiti del­la società verso gli altri creditori sociali.

Sul punto ci si chiede se la predetta “capienza” pa­trimoniale della società rispetto ai debiti verso gli altri creditori:

- sussista solo se il patrimonio netto contabile (più gli altri finanziamenti non rimborsati) risulta supe­riore alla sommatoria dei debiti verso gli altri creditori sociali;

- oppure se sia possibile procedere a una valuta­zione della consistenza patrimoniale effettiva della S.r.l., considerando dunque gli elementi dell’attivo sul­la base del loro valore reale, anziché sulla base del loro valore contabile.

Fermo restando che si tratta di questione merite­vole di approfondimento, per questioni prudenziali sembra corretto prediligere la strada della “capienza contabile”.

4.4. Finanziamenti soci “pregressi”

Vale infine la pena richiamare l’attenzione sul fatto che nessuna specifica norma di natura transitoria ri­sulta prevista in relazione all’entrata in vigore del nuo­vo ari 2467 del codice civile.

Questo sembrerebbe significare che le nuove di­sposizioni trovano tout court applicazione anche con riferimento ai finanziamenti soci effettuati prima del 1° gennaio 2004 e non ancora rimborsati a tale data.[6]

Posto tuttavia che le limitazioni al rimborso di cui al­l’art. 2467 si applicano nel solo caso in cui alla data di effettuazione del finanziamento sussistevano i pre­supposti di cui al comma 2 del citato articolo (ossia i più volte richiamati “squilibrio finanziario” oppure “maggiore ragionevolezza di un conferimento”), è dunque necessario tornare indietro nel tempo, al mo­mento dell’effettuazione del finanziamento, per verifi­care se in relazione al caso specifico l’applicazione dell’art. 2467 da potenziale diviene reale.

5. Direzione e coordinamento

Un breve cenno, a corollario della presente analisi, merita il nuovo comparto normativo introdotto dalla riforma con riferimento alle cosiddette “società sog­gette ad attività di coordinamento e controllo”.

Le norme recate dal nuovo Capo IX del Titolo V del Libro V del codice civile (articoli da 2497 a 2497-sexies del codice civile) costituiscono una presa di co­scienza da parte del Legislatore delle dinamiche pro­prie dei cosiddetti “gruppi di imprese” ed un tentativo di dare a questo fenomeno una rilevanza giuridica unitaria.

Il principale strumento cui si è fatto ricorso è quello della creazione di una “responsabilità di gruppo”, inte­sa come responsabilità della società che esercita l’at­tività di direzione e coordinamento verso i soci e i cre­ditori sociali delle società soggette a tale attività.

L’art. 2497 del codice civile stabilisce infatti che:

- “le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nel­l’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprendi­toriale delle società medesime, sono direttamente re­sponsabili nei confronti dei soci di queste per il pre­giudizio arrecato alla redditività e al valore della parte­cipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patri­monio della società”;[7]

- dei danno “risponde in solido chi abbia comun­que preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantag­gio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio”;

- il socio ed il creditore sociale della “coordinata” “possono agire contro la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento” (ma solo se pri­ma non sono stati soddisfatti dalla società “coordinata”);

- “nel caso di fallimento, liquidazione coatta am­ministrativa e amministrazione straordinaria di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l’azione spettante ai creditori di questa è esercitata dal curato­re o dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario”.

Parallelamente all’introduzione del nuovo istituto della “responsabilità di gruppo”, la nuova disciplina stabilisce inoltre:

- alcune ipotesi, al verificarsi delle quali, il socio della società “coordinata” ha diritto di recedere;

- l’applicabilità delle disposizioni previste dall’art. 2467, in materia di finanziamento dei soci di S.r.l. alla società, ai finanziamenti effettuati a favore della società “coordinata” da parte di chi esercita su di essa l’attività di direzione e coordinamento.

In questa sede, è opportuno sottolineare il disposto dell’art. 2497-quinquies, ai sensi del quale la discipli­na dell’art. 2467 trova appunto applicazione anche nei confronti dei finanziamenti effettuati a favore della so­cietà da parte di chi esercita nei suoi confronti l’attività di direzione e coordinamento.

Merita in particolare di essere sottolineato il fatto che la previsione dell’art. 2497-quinquies rende appli­cabile la disciplina in materia di finanziamenti soci (che costituisce una peculiarità della S.r.l.) anche alle S.p.a., qualora esse siano soggette ad attività di dire­zione e coordinamento e ricevano un finanziamento da parte del soggetto che tale attività esercita nei suoi confronti.

6. Riepilogo delle conclusioni

Nella tabella che segue si riepilogano le considera­zioni sin qui svolte in materia di finanziamenti dei soci in favore di società a responsabilità limitata.

Disposto del nuovo art. 2467

II rimborso dei finanziamenti a suo tempo fatti a soci a favore della società:

- è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori,

- e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.

Finalità della norma

Contrastare la diffusa pratica di “sostituire” i versamenti in conto capitale con ver­samenti a titolo di finanziamento (cosiddetta “sottocapitalizzazione della S.r.l.”)

Ambito di applicazione della norma

SÌ applica a tutti i finanziamenti (“in qualsiasi forma effettuati”) dei soci a favore del­la S.r.l. che sono stati concessi:

- in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla S.r.l., risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto;

- oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragio­nevole un conferimento.

Si ritiene che, in presenza dei predetti presupposti di squilibrio finanziario, la norma possa applicarsi a tutti i finanziamenti dei soci, sia a titolo oneroso che a titolo gra­tuito, ivi compresi quelli concessi in forma indiretta.

Postergazione del rimborso

Sembra corretto ritenere che la postergazione del rimborso del finanziamento dei soci rispetto alla soddisfazione degli altri creditori sociali vada intesa nel senso che il rimborso è possibile ogni qual volta le fonti di finanziamento della società, rappre­sentate dalle fonti di finanziamento proprie e dai finanziamenti soci che non vengo­no rimborsati, risultano capienti rispetto all’ammontare dei debiti della società verso gli altri creditori sociali.

Mancato rispetto del disposto normativo

L’effettuazione di un rimborso in violazione di quanto previsto dall’art. 2467 genera

profili di responsabilità in capo agli amministratori che hanno proceduto al rimbor­so, nonché in capo ai soci che hanno deciso o autorizzato l’operazione.



[1] Si tratta, ben inteso, di limitazioni di natura ben diversa rispet­to a quelle operanti nel caso di restituzione ai soci di poste di capi­tale della società. Infatti, nel caso di riduzione dei capitale sociale vi è una apposita procedura (art. 2482 del codice civile), soggetta a specifici obblighi di tipo pubblicitario, procedura che consente ai creditori sociali di fare opposizione prima che la restituzione ai soci abbia luogo e che, in taluni casi, può portare all’esclusione di tale restituzione. Viceversa, nel caso di cui all’art. 2467 del codice civile, siamo in presenza di una norma che non impedisce in concreto la restituzione delle somme ai soci, ma che introduce profili di respon­sabilità per gli amministratori che hanno effettuato l’operazione in violazione del disposto normativo (e per i soci che hanno deciso o autorizzato il rimborso). Altro discorso è poi l’eventuale dichiarazio­ne di fallimento della S.r.l., posto che in questo caso per i rimborsi effettuati entro l’anno precedente l’art. 2467 del codice civile pone effettivamente un obbligo tout court di restituzione da parte dei soci.

[2] Disposizioni di questo genere sono in via di introduzione an­che nell’ambito della normativa fiscale (si pensi infatti all’istituto del­la cosiddetta thin capitalization), ove la leva utilizzata dal legislatore è sostanzialmente quella di disconoscere la deducibilità dal reddito di impresa degli interessi passivi pagati dalla società per la parte di essi in astratto riconducibile a finanziamenti che la società ha rice­vuto non in forza della sua effettiva capacità di credito (che ovvia­mente è tanto maggiore quanto maggiore è il suo patrimonio), bensì alla capacità di credito dei soci. Sul punto si consenta un rinvio a E. Zanetti, La riforma del sistema fiscale, IPSOA, 2003, monografia allegata a Pratica contabile n. 6/2003.

[3] Per alcune considerazioni in ordine all’ambito oggettivo di ap­plicazione dell’ari. 2467 si veda anche L. De Angelis-C. Feriozzi, S.r.l., a rischio i finanziamenti dei soci, in “Italia Oggi” del 18 set­tembre 2003, pag. 34.

[4] Estendibile anche ai soci che hanno deciso o autorizzato il rimborso, in base all’estensione nella S.r.l. della responsabilità soli­dale degli amministratori ai soci, come previsto dall’alt 2476 del codice civile.

[5] Ovviamente, sul punto, sarà importante verificare il consolida­mento degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali.

[6] In senso conforme: L. De Angelis-C. Feriozzi, cit.

[7] La sussistenza del danno deve comunque essere valutata al­la luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordina­mento, non potendosi quindi estrapolare il singolo atto dal contesto in cui è stato effettuato e dalle eventuali operazioni successive di­rette appunto all’eliminazione del danno.

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