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>> Anno 2009

Rischio d'impairment per le società quotate italiane

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di Giuseppe Rodighiero
Il Commercialista Veneto, N. 188 - Marzo/Aprile 2009 

Premessa

L’attuale congiuntura economica internazionale negativa ha fatto emergere una rilevante problematica conseguente all’applicazione degli IAS 36 (impairment of assets) e 38 (intangible assets): la possibile perdita di valore del goodwill acquisito a titolo oneroso, nonché degli intangibili specifici a vita indefinita. Più specificatamente, è lecito ritenere che nelle attuali condizioni di contesto (imprese con capitalizzazione di borsa inferiore al patrimonio netto contabile, variazioni significative con effetto negativo nell’ambiente di mercato, economico e tecnologico, peggioramenti delle attese dei flussi di cassa derivanti dall’utilizzo degli assets intangibili, etc.) esista il rischio che un’impresa sia costretta a svalutare gli intangibili iscritti in stato patrimoniale, con conseguente impatto sui risultati di bilancio. L’analisi che verrà di seguito esposta si propone di comprendere in che misura e per quali settori il timore della volatilità dei valori e dei risultati contabili può avere maggiore ragion d’essere alla luce della recente esperienza italiana. Ne emerge che settori tipicamente brand based (quello tessile, per esempio), come pure quei comparti knowledge driven (come quello elettronico, oppure l’automotive) presentano un grado di esposizione al rischio impairment elevato. D’altro canto, vi è il comparto chimico che, nonostante la dotazione di risorse intangibili (come brevetti piuttosto che progetti di ricerca e sviluppo) sia un asset strategico, il suo livello di esposizione al rischio impairment è basso. (...)

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