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Riqualificabilità della cessione di fabbricato da demolire in cessione di terreno

di Giuseppe Rebecca
Il Fisco, N. 37 - 11 ottobre 2010 

La cessione di un fabbricato inserito in un Pia­no di recupero da un punto di vista tributario è ora considerata dall’Amministrazione finan­ziaria cessione di area edificabile. Ciò com­porta la conseguenza di far divenire tassabili come reddito diverso operazioni che non lo sarebbero state. Si pensi alla cessione di fab­bricato posseduto da oltre cinque anni o per­venuto per successione. L’interpretazione ap­pare forzata, e non supportata da valide ra­gioni giuridiche.

1. Premessa

La fiscalità immobiliare ha raggiunto un grado di complessità esagerato ed esasperato, nel si­stema tributario italiano. Stupisce, invero, os­servare come si insista con pervicacia a colpire un settore specifico, quello immobiliare, appun­to, quasi che i malanni causati dall’evasione fi­scale derivino essenzialmente dagli immobili. Appare certamente fin troppo facile legare l’impo­sizione a beni che necessariamente sono di pub­blica evidenza, nella più parte dei casi, censiti e conosciuti, ma non per questo si può giustificare il sempre maggior ricorso all’imposizione. C’è sicuramente evasione, in questo settore, ma non più che in altri, e non per questo si deve col­pevolizzare un intero settore produttivo.

Si è andati in ogni caso anche al di là, colpendo persino i privati.

Ci si riferisce alla ris. n. 395/E del 22 ottobre 2008[1] dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Cen­trale Normativa e Contenzioso, in risposta a un interpello, ed è proprio questo l’argomento che qui tratteremo.

2. L’area edificabile secondo il Fisco

Il legislatore dal 2006 è intervenuto definendo ai fini tributari l’area edificabile e, conseguen­temente, l’area non edificabile Il riferimento è al D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (art. 36, comma 2) convertito, con modificazioni nel­la L. 4 agosto 2006, n. 348: “un’area è da consi­derare fabbricabile se utilizzabile a scopo edifi­catorio in base allo strumento urbanistico gene­rale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”.

Si è così risolta gran parte dei contrasti ad allo­ra esistenti. Come ha precisato la stessa norma, i criteri per individuare le aree edificabili hanno valore per l’Iva, l’imposta di registro, le imposte sui redditi, Ilei, l’imposta sulle successioni e do­nazioni, le imposte ipotecarie e catastali. Ed ecco che, dopo solo due anni di previsioni così chiare e definitive, è intervenuta l’Ammini­strazione finanziaria, con la risposta all’inter­pello che si commenterà. Un fabbricato inserito in un piano di recupero equivale, fiscalmen­te, a un terreno; stessa cosa se chi acquista poi demolisce.

Addio principi, addio certezze.

3. Il caso - ris. n. 395/E del 2008

Il caso evidenziato nella richiesta di interpello è abbastanza semplice e diffuso nel settore immo­biliare: un privato cede un fabbricato, inserito o meno in un piano di recupero, a un’impresa che lo demolisce; talvolta per il pagamento non richiede denaro (o comunque non in tote), ma si accontenta di una permuta sul fabbricato da costruire.

In definitiva, il privato finanzia in parte l’impre­sa che così è invogliata a sottoscrivere l’atto di compravendita.

Poco importa che il fabbricato sia una casa sin­gola o un condominio, che sia o meno inserito in un piano di recupero, che faccia parte di un pia­no casa o di altra tipologia di intervento urba­nistico.

Ipotizziamo un Piano di recupero. Il venditore intende cedere un fabbricato, ad uso di civile a­bitazione o anche strumentale, posseduto da più di cinque anni e facente parte di un eventuale anche più ampio Piano di recupero, già approva­to dal Comune.

Tenuto conto che il costruttore dovrebbe abbat­tere tale fabbricato, un contribuente si era preoccupato di richiedere se si trattasse comun­que di cessione di area, e quindi di operazione speculativa (terreno edificabile), oppure no (ces­sione di fabbricato posseduto da più di cinque anni), e nel primo caso ha chiesto se i beni po­tessero comunque essere oggetto di rivalutazio­ne, in base alla normativa di allora, normativa specificamente dettata per le aree fabbricabili e non per i fabbricati.

L’Agenzia delle Entrate ha risposto all’interpello con la ris. n. 395/E del 22 ottobre 2008: “mentre le plusvalenze derivanti dalla cessione, a titolo oneroso, di fabbricati sono assoggettate alla di­sciplina di cui alla lett. b), dell’art. 1, citato art. 67 del TUIR, che ne prevede l’imponibilità nella sola ipotesi in cui tale cessione avvenga prima del decorso del quinquennio dall’acquisto ovvero dalla costruzione - fatte salve le ipotesi in cui l’acquisto avvenga per successione o donazione e le cessioni di unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso fra l’ac­quisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari - le plusvalenze realizzate dal­la vendita, anche parziale, dei terreni (e degli e­difici) dopo che su di essi sono state eseguite opere intese a renderli edificabili, invece, vanno ricondotte nell’ambito applicativo della lettera a) del comma 1 dello stesso articolo 67 del TUIR che ne prevede la tassabilità a prescindere dal periodo di possesso dell’immobile. Ulteriore fattispecie impositiva ricorre qualora la plusvalenza sia realizzata a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizza­zione edificatoria secondo gli strumenti urbani­stici vigenti al momento della cessione. Quest’ultima previsione, introdotta nel nostro or­dinamento dalla legge 30 dicembre 1991, n. 413, ricollega la tassazione al semplice intervento della destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica dei terreni a prescindere dalla esisten­za o meno di una attività speculativa”. L’Agenzia ritiene quindi che, per il solo fatto che i fabbricati siano ricompresi in un piano di recu­pero, l’oggetto della compravendita vari. Non potranno più essere considerati oggetto della compravendita “i fabbricati, oramai privi di ef­fettivo valore economico, ma, diversamente, l’a­rea su cui gli stessi insistono, riqualificata in re­lazione alla potenzialità edificatorie in corso di definizione”.

Ecco quindi che si trasforma l’oggetto della vendita, da fabbricato a terreno. Ne deriva, ovviamente, che è ammessa la rivalutazione dell’area, ove gli interessati dovessero decidere in tal senso.

Di seguito, analizzeremo questo particolare a­spetto, sotto più punti di vista.

4. Un precedente dell’Amministrazione finanziaria

L’Amministrazione finanziaria era già intervenu­ta su una fattispecie per certi versi simile con la ris. n. 181/E del 24 luglio 2007. [2] Il caso si riferiva a un interpello presentato da un privato relativamente a un conferimento in una società di beni immobili inseriti in un pro­gramma integrato di intervento ai sensi di una legge della Regione Campania. L’Amministrazione finanziaria ha negato che il fatto che i beni fossero inseriti in un programma integrato di intervento facesse parificare tali be­ni alla situazione di un piano di recupero. Secondo l’Agenzia delle Entrate non si era in presenza di un Piano di recupero. Siccome la domanda riguardava anche il trat­tamento fiscale delle imposte dirette, così ha ri­sposto l’Amministrazione finanziaria: “Per chiarezza si precisa che il trasferimento di cui è causa genera plusvalenza in quanto inte­ressa un’area destinata ad essere edificata ex no­vo in base alla regolamentazione del Piano inte­grato di riqualificazione urbanistico ambientale. Se la cessione, invece, avesse avuto ad oggetto dei fabbricati, la plusvalenza non si sarebbe rea­lizzata in quanto l’atto di acquisto da parte del soggetto che intende procedere al conferimento risulta essere avvenuto nel 1975. Non sarebbero rispettate, quindi, le condizioni temporali di cui all’articolo 67, lett. b), TUIR in base al quale so­no redditi diversi le plusvalenze realizzate me­diante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni”. La pronuncia lascia invero un po’ di incertezza, in quanto pare negare, nelle conclusioni, quanto invece precedentemente affermato.

5. Osservazioni

Analizzeremo due fattispecie diverse:

• la semplice vendita di fabbricato da demo­lire, fabbricato inserito o meno in un piano di recupero;

• la vendita di un fabbricato con pagamento, to­tale o parziale, in permuta sull’edificio co­struendo.

Sono fattispecie abbastanza simili, la cui diffe­renza è data solo dalla modalità di pagamen­to, denaro oppure beni. In un caso la demoli­zione è inserita nello stesso piano di recu­pero, nell’altro caso è solo prevista, e non neces­sariamente riportata in atto, salvo che non ci sia una permuta, totale o parziale, con il costruito, nel qual caso il riferimento è necessariamente evidenziato.

Partiamo da un’osservazione molto semplice: il salto logico che compie l’Amministrazione fi­nanziaria, salto fatto con eccessiva - esagerata - scioltezza.

Nella nota più sopra citata si afferma che non si vendono “i fabbricati, oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente, l’area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatorie in corso di defini­zione. Al riguardo, è significativa la circostanza che lo schema di convenzione predisposto ha già stabilito le cubature ammesse in relazione alle varie tipologie di edifici realizzabili (residenziali, produttivi e destinati ad uffici e commercio). Dal predetto schema di convenzione risulta, i­noltre, che l’area sarà sottoposta ad interventi di trasformazione urbana che comporteranno mo­difiche all’aspetto, alla consistenza e alle funzio­ni insediate, e che per la realizzazione degli edi­fici residenziali e uffici previsti sarà necessaria la preventiva demolizione degli edifici esistenti. Ad avviso della scrivente, concordemente a quanto ritenuto dalla Direzione Regionale, la fattispecie in esame appare riconducibile alla lettera b), trat­tandosi di terreno suscettibile di utilizzazione edi­ficatoria”.

È di tutta evidenza come si tratti di una affer­mazione illogica e non coerente. Se si vende un fabbricato, non si vende un terre­no, e viceversa.

L’atto di compravendita in ogni caso è riferito a un fabbricato, che dovrà essere in regola da un punto di vista urbanistico (altrimenti l’atto sarà nullo), anche in base alle recenti disposi­zioni; essendo un fabbricato, ha dei dati castali ben precisi e determinati, ha una scheda catasta­le ben precisa che dovrà anche essere relativa al­la realtà. All’atto non si allega certamente il cer­tificato di destinazione urbanistica, relativo solo ai terreni. In presenza di attività commerciali ben potrebbero anche esserci diritti di prela­zione da parte degli affittuari. Ai fini delle imposte indirette, poi, si avrà l’ap­plicazione delle imposte relative al bene ceduto (registro 7% + 3% ipotecarie e catastali, oppure 4% + 3% in caso di regime agevolato), imposte quindi relative a cessione di fabbricato, e non di terreno (nel qual caso sarebbero state le se­guenti: 8% (o 15%) registro + 3% ipotecarie e ca­tastali).

Da un punto di vista di diritto, la cessione è rela­tiva a cessione di fabbricato, e dovrà averne quindi tutti i requisiti; ai fini delle imposte indi­rette, tassazione conseguente. Il bene è inequivocabilmente un fabbricato; non può esserne variata la natura per un solo aspetto utilitaristico, da parte dell’Amministra­zione finanziaria. È il valore che varia, questo è indubbio, valore determinato in base alla volu­metria edificabile e non in base al costruito, ma la cessione riguarda un fabbricato. A ben vedere, in tutti i fabbricati parte del valore è dato dal valore dell’area su cui sono costrui­ti, è pacifico. Nella fattispecie, invece, il valore è dato solo dall’area.

Certo, è prevista la demolizione del fabbrica­to, ma una previsione non può essere ritenuta sufficiente per variare la sostanza delle cose, nemmeno in campo tributario. Tra l’altro, la previsione stessa riguarda la controparte, che potrebbe anche non demolire il bene, mentre qui si sta analizzando il caso del venditore. Si vor­rebbe qualificare un atto ai fini del trattamento fiscale in capo al venditore in base a decisioni che saranno assunte da un terzo, l’acquirente.

Ove il fabbricato fosse demolito prima della cessione, o comunque ne fosse iniziata la de­molizione, come nel caso analizzato dalla Corte Europea, che si analizzerà appresso, allora paci­ficamente si tratterebbe di vendita di un’area scoperta, e il conseguente trattamento fiscale sa­rebbe quello relativo a un terreno, sia da un punto di vista urbanistico, sia per le imposte, di­rette e indirette.

Ma se la demolizione è solo ipotizzata, o an­che solo voluta, appare forzato considerare il bene compravenduto come edificio ai fini di qualche aspetto (urbanistico, di diritto civile e delle imposte indirette), ed invece terreno ai fini delle imposte dirette. E tutto ciò solo per que­stioni di gettito, che altre ragioni non si ravvisa­no. La coerenza non c’è più; non parrebbe quin­di sostenibile una tesi di questo tipo.

I principi devono essere salvaguardati; l’interpre­tazione ministeriale appare errata e non convin­cente. Le norme devono essere applicate per co­me sono scritte, e non interpretate in modo utili­taristico in base a elementi non previsti dalle norme stesse. Certo che se la norma così preve­desse, nulla quaestio, ma la norma, almeno al momento, così non prevede. Appare, quindi, del tutto insostenibile la tesi dell’Amministrazione finanziaria.

Ai fini delle imposte indirette ha rilevanza il momento del trasferimento, non potendosi fa­re un processo alle intenzioni. Ci si è chiesto: [3] “Cosa succederebbe nell’Iva se la scelta dell’ali­quota da parte del cedente non dipendesse dalla natura del bene ceduto, ma dall’uso che vuol far­ne l’acquirente?”. Sarebbe esattamente la stessa cosa.

Ai fini delle imposte dirette, qualificare sotto l’aspetto tributario l’atto in funzione degli atti che porrà in essere l’acquirente pare poco razio­nale. E nemmeno si potrà parlare di elusione, in quanto l’atto di cessione è esattamente l’og­getto della compravendita (fabbricato) e nem­meno potrebbe essere diverso.

6. Rivalutazione

La citata ris. n. 395/E del 2008 ha fatto anche un’altra importante precisazione. Ha infatti am­messo il contribuente alla rivalutazione specifica per i terreni (edificabili e non) in base alla nor­ma vigente. In definitiva, ha ammesso che potes­se essere oggetto di rivalutazione un fabbricato, in quanto inserito in un Piano di recupero già approvato dal Comune, fabbricato che, come si è visto, è considerato terreno, ai fini delle imposte dirette. Conseguentemente, secondo l’Ammini­strazione finanziaria, la rivalutazione, che ri­guarda appunto le imposte dirette, era ammes­sa.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modifi­cazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, “un’area è da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a sco­po edificatorio in base allo strumento urbanisti­co generale adottato dal comune, indipendente­mente dall’approvazione della Regione e dal­l’adozione di strumenti attuativi del medesimo”. “Atteso che per i sopra esposti motivi, deve rite­nersi che la cessione abbia ad oggetto un’area edificabile, può tornare eventualmente applica­bile la disposizione che prevede la rivalutazione del valore dei terreni tramite l’applicazione del­l’imposta sostitutiva del 4% sul valore periziato, a condizione che la redazione ed il giuramento della perizia, nonché il versamento della prima o dell’unica rata, siano effettuati entro la predetta data del 31 ottobre 2008” (dalla citata ris. n. 395/E del 2008).

Siamo in presenza, come già evidenziato, di un salto logico, ma queste sono state le precise in­dicazioni ministeriali.

Lo stesso suggerimento di ricorrere, eventual­mente, alla rivalutazione per le aree, se e in quanto la normativa del momento lo dovesse consentire, lascia perplessi. Si fa una perizia, e si deve fingere che si tratti di un’area, non di un fabbricato. Il valore sarà quello dell’area. E se poi chi acquista non dovesse demolire?

Si pensi poi ai casi in cui l’iter amministrativo non sia ancora concluso, come accadrebbe ove l’immobile non fosse ancora, ad esempio, com­preso in un piano di recupero. Se ne ipotizza l’inserimento, ma il bene è ancora una costru­zione, appunto da abbattere. In questo caso, sempre letteralmente, nemmeno si potrebbe ef­fettuare la rivalutazione, salvo non si facesse un ulteriore salto logico: dire che si tratta di area, ma solo futura. La questione appare un po’ in­garbugliata, ma a stretto rigore l’applicazione della tesi ministeriale dovrebbe consentire ciò, o meglio non se ne ravvisano contrarietà; la logica è già stata superata.

7. Interrogazione alla Camera dei deputati

La questione che ci occupa è stata oggetto anche di una interrogazione presso la Camera dei De­putati del 7 ottobre 2009, n. 5-01881; [4] il Gover­no, nella sua risposta, ha in sostanza conferma­to l’interpretazione ministeriale. Gli Onorevoli Milo e Zeller, con l’interrogazione parlamentare in parola, hanno chiesto di conosce­re se, alla luce delle disposizioni normative conte­nute nell’art. 67 del Tuir, la cessione di fabbricati, posseduti da oltre 5 anni e inseriti in un Piano di Recupero già approvato dal Comune, possa dar luogo a plusvalenza tassabile in quanto, al momento della compravendita, i beni ceduti con­servano natura e caratteristiche di fabbricati. Nella risposta, il sottosegretario all’economia Daniele Molgora ha confermato l’interpretazione fornita nella ris. n. 395/E del 2008. Ha poi però così specificato, quasi a voler negare l’estensione dell’applicazione del principio: “la soluzione in­terpretativa fornita dall’Agenzia fa riferimento ad una ipotesi specifica e circoscritta e non può essere assunta a principio di carattere generale applicabile a diverse ipotesi di contratti di com­pravendita, aventi ad oggetto fabbricati ricadenti in un piano di recupero”.

8. La Corte europea

L’interpretazione dell’Amministrazione finanzia­ria sembra trovare un qualche parziale avallo in una recente sentenza della Corte di Giustizia UE. [5]

La questione riguardava l’Iva in Olanda: cessione di un terreno con relativo fabbricato destinato alla demolizione, con avvio dei lavori da parte dello stesso venditore. Ai fini Iva è da considerare ces­sione di area non edificata, e, nella fattispecie, soggetta a Iva, in luogo della esenzione, applicabi­le invece nel caso di cessione di immobile. Nella fattispecie, però, è stata data molta rilevanza alla demolizione già iniziata dal venditore. Secondo la proprietà (impresa), si trattava di ces­sione di area soggetta a Iva; secondo il Fisco olan­dese, invece, cessione di fabbricato, esente Iva. Come si è detto, quindi, soccombente è risultato il Fisco olandese e, quindi, è stata data ragione all’impresa. Qui gli interessi delle parti erano contrapposti, rispetto alla situazione italiana, ma la Corte europea si è pronunciata per la tesi della cessione di area.

La cessione di un terreno su cui sorge un fabbricato la cui demolizione è già iniziata prima di tale cessione, e la demolizione stessa di tale fabbricato formano, per la Corte Europea, un’operazione unica avente ad oggetto, nel suo complesso, non la cessione del fabbricato esisten­te, ma quella di un terreno non edificato. L’o­perazione quindi non può ricadere nell’esenzione prevista dalla citata norma della sesta direttiva, indipendentemente dallo stato di avanzamento dei lavori di demolizione del vecchio fabbricato al momento della cessione del terreno. Infine, relativamente alla questione se tale terre­no rientri nella nozione di terreno edificabile ai fini dell’Iva, la Corte rileva che l’art. 4, n. 3), let­tera b), della direttiva demanda agli Stati mem­bri di definire la predetta nozione, sia ai fini dell’assoggettamento all’imposta ai sensi di tale disposizione, sia ai fini dell’eventuale esenzione. Il Fisco olandese propendeva per la tesi della cessione di fabbricato, la Corte Europea per la tesi di cessione di area; si noti peraltro come la demolizione fosse già stata iniziata, al momento della cessione, da parte del venditore stesso, e quindi come la fattispecie fosse in parte diversa da quella qui analizzata.

9. Le osservazioni della dottrina

Pochi invero sono stati gli interventi dottrinari[6] su questa risoluzione, e da tempo si assiste a un generale disinteresse, quasi che l’argomento non fosse importante. Certo non può essere inteso, questo silenzio, come assuefazione, come silente accettazione, essendo ingiustificata la presa di posizione dell’Amministrazione finanziaria. In particolare, [7] è stata evidenziata anche la pro­blematica di ordine pratico, relativa alla deter­minazione della plusvalenza. Si farà infatti riferimento al costo, costruzione compresa, o solo al terreno, come letteralmente parrebbe? Si ritiene preferibile il riferimento al costo com­plessivo, se non altro per equità. L’eccesso di sostanzialità dell’Agenzia delle En­trate [8] desta perplessità.

Una critica può essere proposta anche con rife­rimento a precedenti affermazioni della stessa Amministrazione finanziaria che, per quanto concerne l’acquisto, con la circ. n. 1/E del 19 gennaio 2007, paragrafo 7.4,[9] ha stabilito che nel caso di acquisto di fabbricato da demolire, ma in quel momento atto all’uso, si tratta pur sem­pre di acquisto di fabbricato, e non di area [10]. Al contrario, in presenza di un rudere, da un punto di vista fiscale si considera acquisto di un’area; è evidente la contraddizione, nel primo caso, rispetto alla tesi ora sostenuta.

10. La giurisprudenza

Scarsa è la giurisprudenza sul tema.

Una sentenza della Commissione tributaria re­gionale di Bologna[11], emessa peraltro prima del­la risoluzione qui considerata, sostanzialmente conferma la tesi successivamente espressa dal­l’Amministrazione finanziaria. La Commissione emiliana ha condiviso la tesi dell’ufficio per la quale la cessione di un vec­chio fabbricato effettuata nei confronti di una società di leasing, la quale lo aveva acquistato nell’interesse di un soggetto intenzionato a demolirlo per procedere alla realizzazione di un nuovo immobile a uso direzionale, in effetti si sostanzia, ove l’insieme degli elementi indizia­ri raccolti dall’Ufficio fiscale induca a ritenere “fondatamente presumibile (l’ipotesi) che il con­tribuente abbia contrattato non la cessione di un fabbricato, ma quella di un’area edificabile” in un tentativo di elusione dell’art. 81, comma 1, lettera b), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

L’Amministrazione finanziaria aveva, ritenuto che il reale oggetto del contratto di compraven­dita fosse da individuare nel terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria a seguito della de­molizione del fabbricato preesistente, e non già in quest’ultimo come dichiarato in atto, ed aveva accertato la plusvalenza. I giudici non hanno ri­tenuto simulato il contratto di compraven­dita, ma hanno riqualificato l’oggetto del nego­zio giuridico, in realtà non si trattava di una ces­sione di una unità immobiliare, bensì della alie­nazione di una area edificabile. Gli elementi considerati sono stati così indivi­duati:

• nel prezzo di vendita concordato in atto, di gran lunga superiore al valore peritale del­l’immobile;

• nel comportamento della società acqui­rente che dopo solo quattro mesi dall’acqui­sto ha demolito il fabbricato acquistato per poi riedificare sfruttando, quindi, la potenzia­lità edificatoria dell’area.

In senso diametralmente opposto si è pronun­ciata la Commissione tributaria provinciale di Milano[12].

Questa la massima: “L’intervento di riqualifica­zione urbanistica in dipendenza di convenzione stipulata fra privato e Comune non rientra nella nozione di lottizzazione prevista dall’art. 67 (ex 81) del Tuir ostando alla tassazione dell’eventu­ale plusvalenza conseguita non solo il dato ur­banistico ma anche il decorso del quinquennio (cespiti pervenuti per successione apertasi oltre il periodo fissato dalla norma)”. Nella fattispecie non si trattava di terreno lot­tizzato, in quanto nessuna richiesta era stata presentata al Comune per la lottizzazione, ma in effetti si trattava solo di cessione di immobili fa­centi parte di una zona soggetta a Piano Regola­tore, convenzionato con il Comune. Il collegio ha ribadito che l’operazione posta in essere si inseriva in un programma di intervento mirato a “riqualificare il tessuto urbanistico edi­lizio, ambientale”, volto a valorizzare i fabbricati già esistenti e, quindi, non si era in presenza di un’area destinata a essere edificata ex novo. E vi­sto che i fabbricati risalivano a successione a­perta nel 1996, per gli stessi non sussisteva plu­svalenza. In definitiva, quindi in presenza di ri­qualificazione di un’area già costruita, nes­sun riferimento ad aree, ma a fabbricati.

11. La Direzione regionale Emilia Romagna

La Direzione regionale Emilia Romagna[13] ha con­fermato in toto l’orientamento della ris. 22 ottobre 2008, n. 395/E. Con la risposta a interpello del 31 maggio 2010 (prot. 909-28406/2010)[14] ha infatti affermato che l’atto di cessione di fabbricato da demolire, sotto l’aspetto tributario, va riqualifi­cato in cessione di area.

Secondo la Direzione regionale dell’Emilia Ro­magna, individuando nel compendio immobilia­re un’area edificabile in virtù del fatto che le co­struzioni avrebbero perduto qualunque valore in seguito al piano concordato con il Comune, con­clude per l’imponibilità della plusvalenza, con possibilità di applicare l’imposta sostitutiva del 4% sul valore di perizia per sterilizzare la maggiore Irpef a tassazione separata altrimenti dovuta per la cessione.

12. Permuta e Iva

È pacifico che in presenza di una permuta (fab­bricato o area contro costruenda unità immobi­liare) l’Iva si renderà dovuta al momento della permuta stessa, risultando pagato il prezzo in quel momento.

L’impresa dovrà quindi fatturare all’atto, con I­va, e gli acquirenti (privati) la devono pagare. Non c’è alternativa, se non considerare parte di quell’importo come caparra, e fatturare solo la differenza. In questo caso sarà necessario che le parti concordino le modalità di pagamento di quest’Iva, importo che comunque la società co­struttrice versa subito (o ridurrà il suo credito). Certamente non si è in presenza di un ricavo, per l’impresa, non essendo ancora venuto a esi­stenza il bene, ma semplicemente un debito per il pagamento anticipato.

Qualora poi il contratto fosse stipulato con con­dizione sospensiva (cessione condizionata alla costruzione del nuovo immobile), è solo al mo­mento dell’avveramento della condizione, e quin­di alla costruzione, che si avrà l’applicabilità dell’Iva.

13. Piani urbanistici

Si ricorda che in presenza di un piano urbanisti­co (piano particolareggiato) di edilizia resi­denziale comunque denominata, l’atto gode di aliquote ridotte per le imposte indirette. Infatti, dal 1° gennaio 2008 si hanno: l’imposta di registro 1%, imposte ipotecarie e catastali 4% (3% + 1%). I lavori devono essere completati en­tro cinque anni a cura dell’acquirente, diretta­mente.

In assenza di chiarimenti, Ance ritiene, come pe­raltro Assortirne, che il trasferimento agevolato possa riguardare, oltre che le aree, anche le “co­struzioni”, come i fabbricati per i quali il piano preveda la demolizione o la ricostruzione, ovve­ro il restauro o la bonifica edilizia.

14. Conclusioni

La vendita di un fabbricato da demolire o com­preso in un piano di recupero è attualmente sot­to osservazione da parte dell’Amministrazione finanziaria. Ma l’interpretazione data non con­vince. A nostro avviso, prima o poi dovrà essere variato l’atteggiamento. Per chi deve effettuare in questo periodo delle compravendite, nell’atte­sa di un revirement (a nostro avviso possibile), pare prudente seguire il suggerimento dell’Am­ministrazione finanziaria e rivalutare l’area (o meglio l’immobile), se opzione ritenuta conve­niente. Poco importa che si tratti di costruzione e non di area, e ciò, fors’anche in assenza di pre­ventiva approvazione del piano di recupero o dello stesso piano casa. Certo che la norma, al momento, scade il 2 novembre 2010 con immo­bili in possesso al 31 dicembre 2009. I tempi so­no stretti.



[1] In "il fìsco" n. 41/2008, fascicolo n. 1, pag. 7402; cfr. C. Cor-radin, I: reddito derivante dalla cessione di fabbricati ri­cadenti in Piani di recupero, in "il fìsco" n. 41/2008, fasci­colo n. 2, pag. 7421; E. Zanetti, Le nuove incertezze "rega­late" dal"Agenzia delle Entrate sulla nozione di area edificabile, in "il fisco n. 46/2008, fascicolo n. 1, pag. 8223.

[2] In banca dati ''fisconline”.

[3] G. Gavelli-G. Tosoni, II piano qualifica l'immobile, in "Il Sole-24 Ore" del 25 agosto 2010.

[4] In banca dati "fisconline".

[5] Sent. 19 novembre 2009, C-461/08, in banca dati "fisconline"

[6] A. Busani, Trasformazione fiscale da fabbricato a terreno, in "Il Sole-24 Ore" dell'8 novembre 2008, pag. 31, L. Gaia-ni, L'area fabbricabile si estende, in "Il Sole-24 Ore" del 23 ottobre 2008, pag. 34, C. Corradin, Il reddito derivante dalla cessione di fabbricati ricadenti in Piani di Recupero, cit, E. Zanetti, Le nuove incertezze "regalate", dall'Agen­zia delle Entrate sulla nozione di area edificabile, cit

[7] C. Corradin, Il reddito derivante dalla cessione di fabbri­cati ricadenti in Piani di Recupero, cit, pag. 7421.

[8] E. Zanetti, Le nuove incertezze "regalate", dall'Agenzia delle Entrate sulla nozione di area edificabile, cit, pag. 8223.

[9] in banca dati "fisconline"

[10] P. Meneghetti-G.P. Ranocchi, Piani di recupero edificabili, in "Il Sole-24 Ore" del 18 gennaio 2010.

[11] Comm. trib. reg. Bologna, Sez. Vili, sent. n. 7 del 22 mag­gio 2008, in banca dati "fisconline"

[12] Sent. n. 377/3/2008 del 22 dicembre 2008, in banca dati "fisconline"

[13] Cfr. G. Gavelli-G. Tosoni, cit.

[14] in banca dati "fisconline"

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