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Con la riforma del catasto rischia di aumentare l'imposizione immobiliare

di Giuseppe Rebecca
EUTEKNE.INFO - Il quotidiano del Commercialista, 23 settembre 2014

La delega fiscale di cui alla L. n. 23/2014 sta facendo i suoi primi incerti passi, con le bozze dei decreti delegati. Analizziamo specificatamente la questione del Catasto e delle strutture che lo comporranno.

Le Commissioni Finanze del Senato e della Camera hanno già dato il loro parere al Governo circa la composizione delle Commissioni censuarie, nuovo strumento operativo sul quale si baserà tutta la costruzione del nuovo Catasto previsto appunto dalla riforma fiscale; dovranno cosi essere definiti da queste Commissioni unità, categorìe e valori catastali, i nuovi valori catastali.

La riforma del catasto urbano è un progetto datato. Già nel 19S1 venne infatti elaborato per il Ministro Reviglio un progetto non dissimile dall’attuale: superficie in metri quadri, microzone per definire il valore di mercato dell’area, caratteristiche specifiche dell’immobile per il calcolo dell’imponibile individuale.

Parrebbe che ora, dopo oltre trent’anni, sia arrivata la volta buona. Trattiamo qui di un aspetto forse non ancora bene analizzato e cioè delle possibili conseguenze che deriveranno dalla revisione dei valori ai fini delle imposte, dirette e indirette. Il problema era ben presente al legislatore, e non poteva essere altrimenti; si è pertanto provveduto con una delega specifica. Solo che, come vedremo, si tratta di parole, di belle parole, del tutto inapplicabili, sotto l’aspetto pratico-operativo.

Stupisce peraltro osservare come poche voci si siano alzate contro quello che si preannuncia come il “cataclisma” fiscale prossimo venturo, almeno secondo noi. La delega, per la riforma fiscale, oltre ad una generale previsione di riduzione dell’imposizione fiscale (art. 16), così si rassicurano tutti, prevede una cosa molto importante, come si è già detto: l’invarianza di gettito complessivo relativamente agli immobili. Ma sono promesse, solo belle parole, come si vedrà, la realtà sarà diversa. La riforma catastale, modificando radicalmente i criteri di determinazione dei valori catastali imponibili e portando i valori fiscali più vicini ai reali, rispetto a quelli attuali, rischia di innescare un processo di lievitazione dell’imposizione tributaria sugli immobili, tale da dare il colpo di grazia al settore, già così fortemente colpito dalla frenesia degli introiti facili e immediati.

Sulla stampa specializzata è stato ipotizzato, con il nuovo Catasto, un aumento dei valori fino a 10 volte più alto. La stima dell’aumento medio è poi “scesa” al 68%. Al di là dell’aumento dei valori, sicuro, non dovrebbe invece aumentare il gettito complessivo, come prevede la legge; ci sono però parecchi aspetti problematici ancora irrisolti, e a nostro avviso nemmeno risolvibili.

L’invarianza prevista dalla delega fiscale non è, infatti, invarianza del prelievo a carico del contribuente, né invarianza di una specifica imposta, ma semplice invarianza teorica di gettito totale per lo Stato, pare di poter intendere. La legge delega non stabilisce nemmeno il principio dell’invarianza del gettito a livello locale, in quanto manca una specifica norma in tal senso.

L’art. 2, comma 3, lett. 1) della L. n. 23/2014 attribuisce al Governo la delega di emanare, tramite decreto legislativo, norme dirette a: “garantire l’invarianza del gettito delle singole imposte il cui presupposto e la cui base imponibile sono influenzati dalle stime di valori patrimoniali e rendite, a tal fine prevedendo, contestualmente all’efficacia impositiva dai nuovi valori, la modifica delle relative aliquote impositive, delle eventuali deduzioni, detrazioni o franchigie, finalizzate ad evitare un aggravio del carico fiscale, con particolare riferimento alle imposte sui trasferimenti e all’imposta municipale propria (DviU), prevedendo anche la tutela dell’unico immobile non di lusso e tenendo conto, nel caso delle detrazioni relative all’IMU, delle condizioni socio-economiche e dell’ampiezza e della composizione del nucleo familiare, come rappresentate nell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), anche alla luce dell’evoluzione cui sarà soggetto il sistema tributario locale fino alla piena attuazione della revisione prevista dal presente articolo”.

Nella successiva lett. m) è anche previsto un meccanismo di monitoraggio, con relazioni dapprima semestrali, con possibilità di intervenire anche con correttivi. Si tenga anche conto che, come già visto, lo stesso art. 16 della legge delega prevede, in generale, il dichiarato obiettivo di riduzione dell’imposizione fiscale. Purtroppo non possiamo attenderci niente di positivo, per i contribuenti, né a riforma completata né nel frattempo.

Innanzitutto, ricordiamo che il Presidente della Commissione Finanze del Senato, Mauro Marino, ha affermato: “Non bisogna aspettare che il percorso di cinque anni per il nuovo catasto sia portato a termine: le sperequazioni maggiori possono essere ridotte drasticamente con un algoritmo che valga per il periodo transitorio e che entrerà in vigore a breve” (il risultato é noto).

Cosa vuol dire? Che, a breve, avremo un algoritmo anticipatore della riforma. Ma cosa sarà mai? Un qualcosa di automatico? Parrebbe di sì, o meglio di uno strumento che, partendo dalla base vecchia, arrivi ad una nuova valorizzazione. Come si fa a non temere il peggio? Con gli algoritmi si possono fare molte cose, e non necessariamente tutte buone. Staremo a vedere. Con i nuovi e sicuri maggiori valori degli immobili, ci sarà, conseguentemente, anche l’aumento del gettito fiscale, a parità di aliquote attuali? Anche questo è pacifico, é un semplice calcolo aritmetico, salvo la clausola dell’invarianza, della parità di gettito. Come ha riferito il Presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici, “Il fatto che le basi imponibili siano più basse (oggi, ndr) non significa che il gettito delle imposte sia inferiore a quanto il Fisco si attende. Il legislatore sa, come ha sempre saputo, di intervenire su basi imponibili basse e conseguentemente, come d’altronde ha fatto finora, modula le aliquote in modo tale da ottenere il gettito voluto: cioè le tiene più elevate. C’è semmai da dire che nel sistema catastale attuale possono presentarsi situazioni di squilibrio di valori, a seconda delle epoche dell’accatastamento, delle revisioni intervenute, del diverso funzionamento degli uffici erariali e dei comuni. Ma per ovviare a queste sperequazioni non c’è bisogno di cambiare i criteri di determinazione dei valori imponibili. Basta fare le revisioni generali con il metodo con cui son state già fatte e si stanno facendo quelle per microzone. Sovvertendo il sistema si rischia di mandare all’aria tutta l’economia del settore immobiliare”.

Staremo a vedere come e quando sarà gestita, l’invarianza. Noi siamo scettici, molto scettici. Certo è che, ove le aliquote, tutte, sia per le imposte dirette che per quelle indirette, non subissero la stessa riduzione proporzionale corrispondente al relativo aumento di valore degli immobili, ne conseguirebbe una situazione del tutto insostenibile, da parte dei contribuenti.

Ma già qui c’è qualcosa che non va, evidentemente. I valori degli immobili si prevedono in aumento, come già detto, ma l’aumento sarà molto diversificato sul territorio, sia per area, che per zona e per tipologia di immobili. Sarà dato maggior peso al posizionamento dell’area (città o periferia), alle zone (più o meno degradate), agli interventi di recupero e all’età dell’immobile. Le aliquote, invece, si presume siano le stesse, come oggi, su tutto il territorio nazionale. Ma per garantirsi l’equivalenza rispetto ad oggi, vorrà dire che per il futuro avremo aliquote per ogni Comune, o meglio aliquote per ogni immobile? Oppure una sola aliquota media, che possa tenere conto di tutte le variazioni? E questo sia per le imposte dirette che per le imposte indirette. Chiaramente non potrà essere così.

Ma ci domandiamo: che senso ha tutto ciò? Dove si arriverà? E chi pagherà di più? E qualcuno riuscirà a pagare di meno? Ma allora, non varrebbe la pena di stare fermi? C’è qualcosa di schizofrenico, in tutto ciò. E l’unica spiegazione che ci diamo è solo una, scoraggiante. Si vuole aumentare il gettito, facendo finta di nulla. Si anticipa una rassicurazione, la riforma fiscale ha l’obiettivo di ridurre le imposte, si dà poi la bonaria rassicurazione che il gettito totale sugli immobili non aumenterà e si abbandonano i contribuenti al loro triste segnato destino.

Se poi i proprietari dovessero protestare, si vedrà, piano piano, cosa fare. La politica dei piccoli passi, appunto. Che fallimento!

A noi pare difficile, per non dire impossibile, l’applicazione pratica della clausola di salvaguardia. Evidentemente non basta il disastro della Tasi, con migliaia di delibere e di regolamenti, in un guazzabuglio sempre più inestricabile? Con un’imposta che doveva ridurre l’imposizione, rispetto all’IMU, e che invece, soprattutto per i più deboli, l’ha aumentata? Già i grossi pasticci iniziati da Monti hanno portato al collasso il mercato immobiliare. Per raccogliere subito qualche risorsa si è di fatto applicato una patrimoniale monstre sul patrimonio immobiliare: e tutto ciò per nulla. Siamo tutti più poveri, e con scarse e sempre più incerte possibilità di crescita.

Il nuovo Catasto darà il colpo di grazia al settore, già fiaccato. Ma non c’è nessuno che ha il coraggio di bloccare lo stillicidio di norme fiscali derivanti solo da esigenze immediate di cassa, con tutti i disastri futuri che ne derivano?

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