>> Anno 2015

Commento alla Sentenza n. 1402/14 del Tribunale di Bergamo

di Giuseppe Rebecca
portale unijuris.it, luglio 2015

Della sentenza del Tribunale di Bergamo riepiloghiamo gli aspetti più interessanti:

Elemento soggettivo

E' stata riconosciuta la conoscenza dello stato di insolvenza da parte della banca sulla base di elementi gravi, precisi e concordati. "Nel caso di specie in cui l'accipiens è un istituto di credito deve, inoltre, farsi applicazione del principio giurisprudenziale che riconosce agli indizi dell'insolvenza una valenza rafforzata in quanto il soggetto passivo dell'azione è dotato, per sua natura, di tutti gli strumenti diretti a garantirgli piena e tempestiva cognizione della situazione finanziaria del proprio cliente, specie nei casi in cui il rapporto sia assistito da una apertura di credito o da finanziamenti che implicano un costante monitoraggio da parte della banca della situazione del cliente".

Nello specifico: consistente perdita di esercizio, relazione negativa della società di revisione e dal collegio sindacale, protesti, azioni esecutive, notizie dalla stampa locale, e, nella fattispecie, la richiesta di rientro.

Le rimesse revocabili.

Innanzitutto il Tribunale ha fatto una premessa:

"La natura solutoria della rimessa è, infatti, presupposto indispensabile della sua potenziale revocabilità, ulteriormente condizionata dalla consistenza e durevolezza della riduzione dell'esposizione debitoria. Ciò perché le fattispecie di cui all'art. 67, III comma l.f. non sono altro se non eccezioni al principio generale della revocabilità dei pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, principio espresso dall'art. 67 II comma l.f.".

"In un caso come quello che ci occupa, ove è evidente che, da una certa data in poi (e segnatamente nel semestre anteriore alla dichiarazione di insolvenza, come risulta dalla documentazione relativa agli estratti conto e come rilevato dal C.T.U.) tutte le operazioni effettuate sono state "al rientro" di tal che, a fronte di una esposizione complessiva di quasi tre milioni di Euro, nel giro di sei mesi, il residuo credito della banca nei confronti della ........ ammontava a poco più di € 60.000,00, ogni disquisizione sul concetto di consistenza e durevolezza che l'art. 67 III comma lettera b) prevede al fine della revoca delle rimesse bancarie, appare inutile".

Il concetto di durevolezza "va cercato in un punto di equilibrio tra le due impostazioni teoriche richiamate e sfocia nel concetto di stabilità nel tempo dell'effetto solutorio, così che si può ritenere che soltanto il versamento (con effetto riduttivo consistente) che non venga compensato da successivi prelevamenti (non necessariamente di importo corrispondente, ma anche superiore o inferiore, ma non tale da ridurre il ripianamento al di sotto dell'individuata soglia di "consistenza"), abbia l'effetto di determinare la durevole riduzione dell'esposizione debitoria. Per la determinazione del periodo successivo rilevante ai detti fini, deve essere fatto ricorso, necessariamente, ad un criterio relativo, dipendente dalla valutazione della frequenza delle movimentazioni del conto".

Quanto alla consistenza "è pertanto necessario riferirsi esclusivamente a parametri interni al rapporto (di conto corrente) in essere tra banca e correntista poi dichiarato fallito. Ne consegue un inevitabile ampio spettro di criteri utilizzabili dal giudice, quali: l'entità massima dell'esposizione debitoria del conto corrente nel semestre antecedente al fallimento; l'entità media delle rimesse (ed eventualmente anche dei prelevamenti) sul conto, nel periodo sospetto o nel periodo immediatamente antecedente al semestre; l'ammontare dell'esposizione debitoria nel momento in cui la rimessa della cui consistenza si tratta è stata effettuata; l'importo massimo di cui possa essere chiesta la restituzione, così come individuato applicando il principio di cui all'art.70, ultimo co. l.f. secondo il principio enunciato dal legislatore che esclude che la banca sia tenuta a restituire un importo che sia integrato dalla sommatoria delle singole rimesse di natura solutoria considerate revocabili, ove tale importo ecceda l'entità del complessivo rientro".

Il conto anticipi è stato escluso da ogni conteggio di rimesse revocabili.

L'articolo 70 e l'importante novità[1].

Quanto all'articolo 70 l.f., il giudice ha applicato una formula innormativa, a svantaggio della procedura fallimentare. Ha detratto, della differenza tra saldi (il massimo scoperto del periodo e il saldo contabile al momento del concorso) quanto addebitato nel periodo per spese, commissioni e altre spettanze, in quanto esenti da revocatoria.

Nell'applicare l'art. 70 l.f., e quindi nel fare la differenza tra saldi (il massimo scoperto e il saldo al momento dell'apertura del concorso) il giudice de qua ha detratto gli addebiti per interessi, spese e commissioni varie, in quanto "costituiscono pagamenti esenti da revocatoria in ragione della loro natura". Così afferma il giudice: "appare corretto, allora, che dette somme, che hanno già concorso alla determinazione del saldo passivo e sono, quindi, già ricomprese nell'importo individuato a titolo di rientro ex art. 70 l.f.m, non debbono essere ulteriormente sommate a tale importo (dato dalla differenza tra l'importo di massimo scoperto ed il saldo contabile all'apertura del concorso), bensì detratte. Ne consegue che la somma che la convenuta deve essere condannata a restituire alla attrice è pari ad € 541.934,25, oltre interessi legali dalla domanda al saldo così composta:

massimo scoperto

€ 656.498,19

saldo contabile all'apertura del concorso

€ 1.283,42

addebiti per commissioni ecc

€ 113.280,52

Fino qui la sentenza. Cerchiamo ora di analizzare la questione, da un punto di vista operativo.

Bisogna innanzitutto distinguere due casi, e cioè se l'addebito degli interessi e delle commissioni abbia inciso sul massimo scoperto oppure sul saldo al momento della dichiarazione di fallimento, o meglio se tale addebito sia anteriore o posteriore all'esposizione massima, o ancora quali e quanti siano tali addebiti.

Esaminiamo separatamente i due casi.

Addebito ante massimo scoperto

In questo caso il saldo del massimo scoperto tiene ovviamente già conto degli addebiti, e quindi con la revocatoria del rientro di fatto si revoca indirettamente anche quanto addebitato.

Questo probabilmente era il caso esaminato dal Tribunale di Bergamo, che opta invece per la non revocabilità di tale importo, da detrarre, considerandolo un pagamento normale. Invero la norma che esenta da revocatoria i pagamenti nei termini d'uso non riguarda esplicitamente gli interessi, come è stato già da tutti evidenziato.

Addebito post massimo scoperto e ante saldo finale

In questo caso, l'addebito riduce in linea teorica il saldo revocabile, aumentando l'esposizione. Ne consegue che, ai fini del calcolo del rientro, questo addebito andrà sommato al differenziale.

Ci sia consentita una semplice esemplificazione pratica:

a) addebito ante massimo scoperto:

Maggior esposizione del periodo

- 500

Preventivo addebito di interessi e commissioni (che hanno già influito sul saldo)

- 50

Saldo al momento della dichiarazione del concorso

- 300

Il rientro contabile è di 200 (500-300); secondo la sentenza 150 (500-300-50). Secondo noi si revocano invece 200.

b) addebito post massimo scoperto

Maggior esposizione del periodo

- 500

Addebiti per interessi e commissioni successivi

- 50

Saldo della dichiarazione del concorso

- 300

Il rientro contabile è sempre di 200 (500-300); secondo la nostra tesi, l'importo revocabile diventa di 250

(500-300+50).

In definitiva, nel caso di interessi che hanno già influenzato il massimo scoperto, non se ne tiene conto, mentre nel caso di interessi addebitati nel frattempo, si dovrebbero aggiungere all'importo revocabile.



[1] Questo punto è tratto dall'analisi sull'articolo 70 l.f. pubblicata ne ilcaso.it

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