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Accertamento fiscale e decadenza del termine. Particolarità

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 16 giugno 2020

La questione della accertabilità di elementi di costo pluriennali legata all’anno di utilizzo, piuttosto che all’anno di formazione del costo, pareva definitivamente risolta, dopo le sentenze della Cassazione n. 9993 del 2018 e la successiva n.2899 del 2019. Interviene ora sul tema la Cassazione, con una ordinanza interlocutoria (n.10701 del 5 giugno 2020) di rinvio al Primo Presidente per un eventuale esame da parte delle Sezioni Unite. Ove dovesse prevalere la tesi preferita in questa ordinanza, e cioè la possibilità di accertamento, in questi casi, senza alcun limite di decadenza temporale, dovrebbe probabilmente intervenire la Corte Costituzionale, per violazione dei diritti dei contribuenti

 

Introduzione

La Sezione tributaria della Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 10701 del 5 giugno 2020 ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione inerente ai termini di decadenza dal potere di accertamento in presenza di componenti pluriennali di reddito.

La questione era la seguente: l’Amministrazione finanziaria può "rettificare una dichiarazione dei redditi (ovviamente, entro il relativo termine per l'accertamento) contestando un componente di reddito a efficacia pluriennale, sulla base di una diversa ricostruzione o qualificazione giuridica dei fatti costitutivi di esso, quando tali fatti siano avvenuti in un precedente periodo d'imposta la cui dichiarazione non può più essere rettificata per essere decorso il relativo termine di decadenza.?” [1]

In buona sostanza, in presenza di componenti di reddito con effetti pluriennali”la decadenza dalla potestà impositiva dell'amministrazione finanziaria, che intenda contestare un tale componente sulla base di una diversa ricostruzione o qualificazione giuridica dei suoi fatti costitutivi, si determina con il decorso del 31 dicembre del quarto (ora quinto) anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dove è indicato il singolo rateo in cui il componente reddituale è suddiviso ovvero con il decorso del 31 dicembre del quarto (ora quinto) anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione relativa al periodo d'imposta in cui il componente reddituale è maturato ed è stato contabilizzato e iscritto per la prima volta in bilancio.”?

Sia la CTP di Milano, sia la CTR di Milano (16 maggio 2013 ) avevano accolto il ricorso del contribuente contro l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate che ha fatto appunto ricorso anche in Cassazione. La fattispecie si riferiva alla imputazione in quote per 9 esercizi dell’eccedenza della svalutazione crediti rispetto allo 0,60% ammesso per gli istituti di credito (per inciso, si trattava di un credito verso Parmalat, appunto svalutato).

A dire il vero a noi la questione pareva consolidata, viste le due univoche recenti sentenze della Cassazione più sotto riportate, ma evidentemente così non è stato ritenuto.

Come illustreremo al termine della nostra analisi, la questione dei termini di accertamento decaduti relativamente a quote di oneri pluriennali di origine datata ha un impatto anche su altre importanti situazioni.

 

L’ordinanza interlocutoria

La questione ha, peraltro, una portata generale, giacché si pone in modo analogo con riguardo a tutti componenti di reddito che originano da una fattispecie a efficacia pluriennale, quali, tra gli altri, le quote di ammortamento del costo di beni e le quote di spese relative a più esercizi, quando tali costo o spese siano stati sostenuti e iscritti per la prima volta in bilancio in un periodo d'imposta per il quale l'amministrazione finanziaria sia ormai decaduta dal termine per l'accertamento. Similmente essa si pone - sempre a titolo di mero esempio - in relazione alle rate della detrazione delle spese per gli interventi di recupero edilizio, quando la spesa sia stata sostenuta in un periodo d'imposta ormai definito .”

“La CTR ha dunque ritenuto che il componente negativo di reddito a efficacia pluriennale non possa più essere contestato dall'amministrazione finanziaria, per ragioni diverse dalla mera erronea determinazione della quota, quando sia divenuta definitiva, per l'inutile decorso del relativo termine di decadenza per l'avviso di accertamento, la dichiarazione dei redditi nella quale lo stesso componente è stato indicato la prima volta.”

“Nella giurisprudenza della Corte si rinvengono due precedenti che hanno recentemente affrontato la questione ex professo (in relazione a fattispecie di deduzione di quote di ammortamento), risolvendola in modo analogo alla CTR. Si tratta di Cass. 31/01/2019, n. 2899 (non massimata) e di Cass. 24/04/2018, n. 9993, così massimata:”(i)n tema di accertamento, nell'ipotesi di beni ammortizzabili, il termine di decadenza per l'esercizio del potere impositivo decorre dall'annualità nella quale è stata presentata la dichiarazione in cui i costi sono stati concretamente sostenuti e la quota di ammortamento è stata iscritta in bilancio, rispetto alla quale sorgono i presupposti del diritto alla deduzione, a ciò non ostando il principio di autonomia dei periodi di imposta, che non opera in relazione a situazioni geneticamente unitarie ma destinate a ripercuotersi su annualità successive, e non potendo il contribuente, come peraltro affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 280 del 2005, essere esposto all'azione del Fisco per un periodo eccessivamente dilatato".”

La Cassazione n 9993/2018, cui la successiva n, 2899/2019 si limita a rimandare, ha sostenuto come”la tesi dell'Agenzia delle entrate, secondo cui la decadenza dalla potestà impositiva si sarebbe determinata con il decorso del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dove è indicato il singolo rateo in cui il componente reddituale è suddiviso, non potesse trovare conferma in una “meccanicistica” applicazione del “criterio di autonomia dei periodi d'imposta", in quanto tale criterio “non rileva in termini assoluti ed incondizionatamente, atteso che, come ha posto ben in evidenza la giurisprudenza in tema di efficacia espansiva del giudicato su annualità diversa da quella oggetto della decisione definitiva (cfr. Cass. n. 4832/15, 21395/17), esso non opera in relazione a situazioni geneticamente unitarie e, tuttavia, comunque destinate a ripercuotersi su annualità successive.”

“Negato che l'autonomia dei periodi d'imposta potesse dare fondamento alla tesi dell'amministrazione finanziaria, la Corte, in secondo luogo - e soprattutto - fece ricorso all'interpretazione costituzionalmente conforme, in particolare, con riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005,”da cui è derivata l'adozione della vigente disciplina in tema di decadenza dell'Agenzia dal potere impositivo (e che) ha ribadito (cfr. anche Corte Cost. ord. 352/04) che, nella prospettiva di cui all'art. 24 Cost., è conforme a Costituzione, e va ricercata dall'interprete, soltanto una ricostruzione del sistema che non lasci il contribuente esposto all'azione esecutiva del fisco per termini eccessivamente dilatati ed ha nel contempo, a tal fine, rilevato la congruità del termine, sancito dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, al quale, in forza del n. 330 del 1994, va corrispondentemente rapportato l'obbligo di conservare i documenti allegati alla dichiarazione.”

Aderendo alla tesi “della possibilità di contestare un costo pluriennale o una quota di ammortamento oltre il termine per la rettifica della dichiarazione relativa al periodo d'imposta di concreto sostenimento del primo o di iscrizione in bilancio dell'ammortamento, si arriverebbe “a violare lo stesso dictum di Corte Cost. 280/05", atteso che è a tale periodo “che si ricollegano (..) i presupposti del diritto alla deduzione, e, quindi, il diritto medesimo nel suo definitivo valore (mentre il frazionamento interferisce solo sul relativo mero esercizio) e la predisposizione della documentazione giustificativa.”

Precedentemente, nello stesso senso di cui alle sentenze 2008 e 2009 sopra richiamate, si hanno Cass. n. 3304 del 11 febbraio 2009, richiamata dalle sentenze 9993/2018 anche se non appare del tutto chiaro l’assunto., la n. 12880 del 21 maggio 2008 e n. 15178 del 23 giugno 2010. queste ultime due che secondo Cass 9993/2018 non possono assumere rilevanza in senso contrario.

"Non si vede per quale motivo si debba negare la facoltà dell'Ufficio di emettere un avviso di accertamento anche quando non ne derivi un'immediata maggiore pretesa impositiva, ma si debbano comunque contestare i criteri adottati nella redazione del bilancio ed i loro riflessi sulle obbligazioni fiscali negli esercizi futuri. L'avviso di accertamento può infatti assolvere non solo alla funzione di recuperare un tributo non pagato nell'esercizio, ma anche a quella di regolarizzare ogni altro aspetto del comportamento tributario della parte nel periodo e di assicurare il corretto svolgimento del rapporto fiscale nel futuro".

Sentenza n. 9834 del 13 maggio 2016; “con tale pronuncia, la Corte ha quindi statuito non che l'amministrazione finanziaria era decaduta dal potere di accertamento, ma solo che, essendo ormai cessato l'obbligo del contribuente di conservare le fatture di acquisto dei beni, l'onere di provare il diritto alla deduzione del costo poteva essere da lui assolto - come ritenuto dalla sentenza della CTR impugnata - mediante le annotazioni contenute nelle scritture contabili.”

In senso contrario, n. 15178 del 23 giugno 2010”Con le ricordate pronunce n. 9993 del 2018 e n. 2899 del 2019, la Corte ha concluso che, “con riguardo ai ratei dei suddetti componenti reddituali pluriennali (nella specie, quote di ammortamento del costo di beni o del valore di avviamento), il recupero a tassazione, da parte dell'amministrazione, salvo che dipenda dalla mera erronea determinazione del rateo (per l'applicazione di un'aliquota errata o per errore di fatto nel calcolo del suo ammontare), deve avvenire entro il termine per la rettifica della dichiarazione relativa al periodo d'imposta in cui il componente reddituale è maturato (nella specie, in cui il costo per i beni o per l'avviamento è stato sostenuto) ed è stato contabilizzato e iscritto per la prima volta in bilancio.”

Il Collegio, nell0rdinanza di rinvio sopra indicata, muove più obiezioni, alle ultime sentenze della Cassazione.

La prima non l’abbiamo ben capita ; così è sintetizzata: “Da ciò l'oppugnabilità di ricollegare alla definitività di una dichiarazione, in quanto non rettificata nei termini, anche l'effetto di rendere non più contestabili, mediante avvisi di accertamento per i periodi d'imposta successivi, i componenti pluriennali di reddito che sono stati in essa considerati per la prima volta.”

La seconda nega che il richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 280/2005 possa avere un effetto. “La sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005 non si è occupata della decadenza in genere ma solo di quella per la notificazione della menzionata cartella di pagamento (per la quale un termine di decadenza mancava del tutto) e ha fatto riferimento al termine di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, che viene qui in rilievo, solo per precisare al legislatore che il termine che era chiamato a stabilire al fine di colmare la lacuna creata dalla stessa sentenza, concernendo un procedimento assai semplice, non avrebbe potuto essere più lungo.

Pertanto, non sembrerebbe che da tale sentenza si possa ricavare l'incostituzionalità in sé né, in generale, di un termine più esteso di quello del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, purché, beninteso, non irragionevole.”

Infine, come terza obiezione, “poiché l'accertamento tributario non ha qui a oggetto singoli “diritti” del contribuente ma la determinazione dell'imposta da lui complessivamente dovuta per ogni periodo e poiché la decadenza costituisce un limite all'esercizio del potere di accertamento, sembra invece doverne logicamente conseguire che, ai fini della soluzione della questione in esame, non rileva quando è sorto il diritto del contribuente a dedurre per più anni un componente negativo ma quando è sorta ciascuna obbligazione tributaria determinata avvalendosi di tale diritto.”

E così conclude, questa ordinanza “Insomma, gli argomenti utilizzati da Cass. n. 9993 del 2018, poi seguita da Cass. n. 2899 del 2019, non sembrerebbero, in effetti, idonei a superare il chiaro dato testuale del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 43, comma 1, - che, per di più, in quanto stabilisce un termine di decadenza, è norma di stretta interpretazione (Cass., 25/05/2012, n. 8350, 28/03/2017, n. 8775) - il quale, senza prevedere alcuna deroga per i componenti reddituali pluriennali, stabilisce che ii termine di decadenza dal potere impositivo decorre dalla presentazione di ciascuna dichiarazione.”

A sostegno di tale assunto viene anche citato il principio della derivazione dal bilancio delle imposte e il correlato principio OIC 29 circa gli errori di bilancio, che debbono essere prontamente corretti. “A tale dovere sembra dover logicamente corrispondere il potere dell'amministrazione finanziaria di contestare i bilanci successivi nei quali la correzione non sia stata rilevata, senza che a ciò possa opporsi un ipotizzato “consolidamento” del bilancio in cui il dato contabile è stato per la prima volta erroneamente iscritto.”

E così conclude, la Cassazione: “Occorre però ancora porsi l'interrogativo se la lettura “restrittiva” del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, fatta propria da Cass. n. 9993 del 2018 e n. 2899 del 2019, possa trovare giustificazione, sul piano dell'interpretazione logica e costituzionale, nell'eventualità che la disciplina del dovere di conservazione della documentazione fiscale, ancorchè distinta, sul piano concettuale, da quella della decadenza, possa essere comunque tale - in relazione alla peculiarità dei componenti di reddito pluriennali di dipendere da fatti verificatisi in periodi d'imposta anche di molto anteriori a quello cui si riferisce la dichiarazione contestata dall'amministrazione finanziaria da comportare altrimenti un inaccettabile pregiudizio al diritto di difesa del contribuente.”

Queste quindi le motivazioni per il rinvio alle Sezioni Unite: “se la decadenza dalla potestà impositiva dell'amministrazione finanziaria, che intenda contestare una svalutazione dei crediti risultanti in bilancio e, più in generale, un componente di reddito a efficacia pluriennale per ragioni che non dipendono dal mero errato computo del singolo rateo di esso, si determini con il decorso del termine per la rettifica della dichiarazione dove è indicato il singolo rateo in cui il componente reddituale pluriennale è suddiviso ovvero con il decorso del termine per la rettifica della dichiarazione relativa al periodo d'imposta in cui il componente reddituale pluriennale è maturato ed è stato iscritto per la prima volta in bilancio.”

Certo che ove le Sezioni Unite dovessero pronunciarsi nel senso prospettato da questa ordinanza si realizzerebbe una situazione del tutto insostenibile, che a nostro avviso dovrebbe essere rimessa alla valutazione della Corte Costituzionale, per illegittimità delle norme così interpretate. La Consulta ha ripetutamente affermato il principio secondo cui “va dall’interprete ricercata soltanto una ricostruzione del sistema che non lasci il contribuente esposto, senza limiti temporali, all’azione esecutiva del fisco, in quanto ciò non è consentito dall’art.24 Cost. Si pensi al caso degli immobili; ove dovesse valere la tesi ora prospettata in via preferenziale da questa ordinanza potrebbero esserci accertamenti sulle quote di ammortamento anche dopo oltre trenta anni dall’acquisto!

 

Eventuali altri impatti

La questione qui trattata può riguardare anche altre fattispecie, che qui ci limitiamo solo ad elencare:

1) L’utilizzo delle perdite fiscali .

Queste sono accertabili nell’anno di formazione, non invece nell’anno di utilizzo, come aveva cercato di sostenere l’Amministrazione Finanziaria (in questo senso CTR Venezia 12 giugno 2007 n. 18/6/07, CTR Torino 14 novembre 2014 n. 1332/31/14 e CTR Reggio Calabria n. 217/4/2016).

2) L’utilizzo delle detrazioni di imposta .

L’eventuale controllo deve riguardare l’anno in cui sono state sostenute le spese, non l’anno di utilizzo delle stesse (CTR Milano, 16 aprile 2015 n. 2597/49/15).

3) Il riporto di un credito di imposta IVA.

Tale riporto non può posticipare i termini di accertamento (Cassazione n. 3098 dell’1 febbraio 2019).

La decadenza dei termini per eventuale accertamento decorre sempre dal momento iniziale in cui è sorto il diritto, e non dall’anno in cui ci siano stati degli utilizzi. E questo in tutti i casi sopra riportati. Ove così non dovesse essere, ne deriverebbe la evidente incostituzionalità, come sopra indicato.



[1] Tutte le espressioni virgolettate sono riprese dalla ordinanza della Cassazione n. 10701/2020

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