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Divisione con conguagli che non sono conguagli

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 19 novembre 2021

Il conguaglio non tassato

Il caso : ipotizziamo una semplice fattispecie: eredità composta da due beni, uno che vale 30 e uno che vale 70, per un totale quindi di 100. Gli eredi sono due, in parti uguali, e pertanto a ciascuno spetta una quota di 50. Posto che i beni non possono facilmente essere divisi, cosa accadrà se in sede divisionale gli eredi si dovessero concordare per assegnare ad uno il bene di 70, con obbligo di corrispondere al coerede una somma di 20, così da portare le due quote ad uno stesso valore, appunto di 50? In definitiva, la ricchezza dei due eredi varia appunto di 50 per ciascuno, solo che un erede riduce le sue disponibilità finanziarie dell’importo corrispondente al calcolato conguaglio.

Si dovrà tassare ex art. 34 TUS questo conguaglio di 20, che tra l’altro supererebbe la quota di esenzione del 5%, oppure si tratterebbe di un conguaglio non conguaglio?

La Cassazione

La Cassazione è intervenuta più volte, su questo tema, anche molto recentemente

Interessante è la sentenza della Corte di Cassazione (n. 30956 del 29 ottobre 2021, rel. Rita Russo) che conferma una impostazione da tempo data dalla Suprema Corte, ed evidentemente poco seguita dalla Amministrazione finanziaria e talvolta anche da autorevole dottrina.

“In tema di imposta di registro, la divisione è considerata atto avente natura dichiarativa, sottoposto all'aliquota dell'1% (TUR, Tariffa, parte Prima allegata, art. 3) se le porzioni concretamente assegnate ai condividenti, quote di fatto, corrispondono alle quote di diritto, cioè a quelle quote che spettano ai partecipanti, sui beni della massa, in ragione dei diritti che essi vantano. Le quote rappresentano infatti la partecipazione ad una ricchezza che entra a fare parte del patrimonio del coerede all'atto della accettazione, sicché la successiva divisione secondo le quote non apporta ulteriore incremento patrimoniale al condividente. Solo in caso contrario si applica il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, comma 1, il quale stabilisce che la divisione con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente.”

“La comunione ereditaria è lo stato di contitolarità del patrimonio ereditario che si instaura tra gli eredi che hanno accettato l'eredità; in caso di divisione ciascun coerede può chiedere la sua parte, con attribuzione in natura di beni mobili e immobili in misura corrispondente alla relativa quota; ma, secondo quanto dispone l'art. 720 c.c. se nell'eredità vi sono immobili non comodamente divisibili, e la divisione dell'intera sostanza non può effettuarsi senza il loro frazionamento, essi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell'eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l'attribuzione. Questa attribuzione di beni in natura secondo porzioni diseguali non può però modificare le quote e privilegiare un coerede rispetto ad un altro, e per questa ragione la norma stessa prevede l'attribuzione di conguagli.”

Questo conferma la citata sentenza della Cassazione, ed in effetti così è; il conguaglio è considerato vendita solo ed esclusivamente allorché il relativo importo ecceda la quota pertoccante; se alla fin fine a nessun condividente viene assegnata una quota netta maggiore di quella che gli spetta, non si è in presenza di conguaglio alcuno. E questo al di là della concessa franchigia del 5%. In presenza di beni non facilmente divisibili, se non con costose operazioni, o comunque con un danno complessivo, perché non ci sia vendita sarà sufficiente che il condividente che riceve di più dia all’altra persona l’importo pari alla eccedenza. In tal modo la quota che gli spetterà sarà esattamente quella di legge. Nulla di più e nulla di meno. E non ci sarà vendita alcuna, relativamente al conguaglio.

“L'art. 720 c.c. opera quindi un bilanciamento tra l'interesse dei singoli eredi a ricevere una porzione in natura dei beni con l'esigenza di non pregiudicare il valore dei beni stessi o rendere materialmente impossibile la loro fruizione; in questo giudizio di bilanciamento il legislatore ha ritenuto prevalente l'esigenza di preservare il valore e l'utilità dei beni, purché a ciascun erede sia garantito il valore della sua quota in denaro (Cass. n. 25888/2016; Cass. n. 12779/2013).

Il conguaglio non è un risarcimento ma serve a ripristinare, quando non possono farsi porzioni di beni uguali, l'eguaglianza delle quote tra i condividenti, nell'ambito di una unitaria operazione di divisione, ponendo l'obbligo di corrispondere le somme a carico di colui che riceve una porzione di beni di valore maggiore della quota. Il meccanismo del conguaglio ha quindi la funzione di riequilibrare le sperequazioni che diversamente si avrebbero in caso di porzioni non eguali o di assegnazione di beni non divisibili a un solo condividente ovvero ad un gruppo degli stessi.”

“L'atto di divisione della comunione ereditaria non può essere considerato, ai fini dell'imposta di registro, alla stregua di una vendita ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 34, anche qualora alcuni coeredi abbiano ricevuto beni in natura di valore superiore alla loro quota, se in ragione dell'effetto perequativo dei conguagli non vi è stata una attribuzione di ricchezza eccedente il valore della quota spettante a ciascun coerede.”

Ad ogni buon conto non rileva che quanto corrisposto a titolo di conguaglio provenga dalla massa ereditaria o meno; “la norma non si riferisce alla provenienza dei beni, ma unicamente al loro valore ( Cass. n.17512/2017, n. 17866/2010, n. 20119/2012).”

Dalla massima di cui alla sentenza n.17512/2017: “In tema di imposta di registro, in caso di scioglimento della comunione ereditaria mediante assegnazione di beni in natura ad un condividente e versamento agli altri eredi di somme di danaro pari al valore delle loro quote, si applica l'aliquota degli atti di divisione, e non quella della vendita, atteso che quest'ultima è utilizzabile, ai sensi dell'art. 34 del d.P.R. n. 131 del 1986, soltanto ove al condividente siano attribuiti beni per un valore eccedente rispetto a quello a lui spettante e limitatamente alla parte in eccesso.” Per una analisi, vedasi articolo di Stefano Baruzzi, ne IL FISCO n. 34/2017.

Dalla massima di cui alla sentenza n. 17866/2010: “In tema di imposta di registro, in caso di scioglimento della comunione ereditaria (nella specie con sentenza) mediante assegnazione dell'intero bene ad alcuni comproprietari, con versamento, da parte loro agli altri condividenti di somme in denaro pari al valore delle quote, si applica l'aliquota propria degli atti di divisione e non la regola, prevista dall'art. 34 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (secondo cui la divisione con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente) essendo irrilevante che la somma corrisposta non provenga dalla massa ereditaria, atteso che l'art. 34 cit. non si occupa della provenienza dei beni assegnati, ma soltanto del loro valore.” Per una analisi specifica, vedasi articolo di Antonio Montesano ne IL FISCO n. 12/2011.

Per un commento alla sentenza n. 20119/2012 vedasi articolo di Daniela Amendola, ne IL FISCO, n. 21/2013.

Ma si può segnalare anche la non richiamata sentenza di Cassazione n. 7606/2018 così massimata: “In tema di imposta di registro, in caso di scioglimento della comunione ereditaria (nella specie, per divisione giudiziale), mediante assegnazione dei beni in natura e versamento di conguagli in denaro, ove i coeredi abbiano ricevuto il valore delle rispettive quote, si applica l'aliquota degli atti di divisione e non l'aliquota degli atti traslativi, atteso che quest'ultima è applicabile, ai sensi dell'art. 34, D.P.R. n. 131/1986, soltanto nel caso in cui ad un condividente siano stati attribuiti beni per un valore eccedente quello a lui spettante e limitatamente alla parte in eccedenza, mentre non rileva che la somma corrisposta a titolo di conguaglio provenga o meno dalla massa ereditaria, in quanto la norma citata non si riferisce alla provenienza dei beni, ma unicamente al loro valore.”

“Qualora la divisione (nella specie, giudiziale) di un compendio mobiliare o immobiliare abbia luogo mediante la sua integrale assegnazione ad uno dei condividenti, con pagamento agli altri di una somma pari al valore delle rispettive quote, si applica l'imposta di registro con l'aliquota dell'uno per cento prevista dall'art. 3 della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, senza che il conguaglio sia assoggettato a tassazione.”

 

L’Amministrazione finanziaria

L’Amministrazione finanziaria è intervenuta due volte, sul tema, richiamando le sentenze della Cassazione sopra riportate, condividendole. Con la risposta ad interpello n.30 del 6 febbraio 2020 (ove invero non c’era alcun conguaglio, ma le quote di diritto corrispondevano a quelle di fatto ), e con la risposta ad interpello n. 452 del 1 luglio 2021, relativa ad uno stralcio divisionale transattivo, con assegnazione di una quota inferiore a quella pertoccante.

Conclusione

In conclusione, ove il conguaglio tra eredi in una divisione non attribuisca alcun maggior valore ad un erede, rispetto alla sua quota, non si applicherà il disposto di cui all’art. 34 TUS, che presume vendite i conguagli superiori al 5% del valore della quota. E questo sia che il conguaglio sia trovato all’interno della massa ereditaria o al di fuori. Nel caso di pagamento di una somma, a conguaglio, le necessarie risorse finanziarie possono quindi provenire eventualmente anche all’esterno della massa da dividere. Si avrà conguaglio solo nel caso in cui ad un erede sia complessivamente attribuita una quota di valore superiore. Di fatto, quindi, secondo la Cassazione molto difficilmente ci potrà essere la tassazione di un conguaglio. E l’Amministrazione finanziaria ora concorda. Si osserva invece come autorevole dottrina non si sia inizialmente espressa in questo senso, e nell’esempio sopra formulato sia stata propensa a intravvedere la tassazione del conguaglio. E questo anche indipendentemente dal fatto che le risorse utilizzate provengano dalla sfera privata del coerede, piuttosto che dalla massa ereditaria da dividere.

 

Altre sentenze di Cassazione sempre nello stesso senso: n.32613 del 9 novembre 2021, n. 3988/2021, n.20736/2019 e n. 13637/2018.

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