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Divisioni successorie con conguagli: interpelli sul conguaglio divisorio

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 14 dicembre 2021

In un precedente nostro articolo, ne Il Commercialista Telematico del 19 novembre 2021, Divisione con conguagli che non sono conguagli, si era analizzato un semplice caso, che qui riportiamo: “eredità composta da due beni, uno che vale 30 e uno che vale 70, per un totale quindi di 100. Gli eredi sono due, in parti uguali, e pertanto a ciascuno spetta una quota di 50. Posto che i beni non possono facilmente essere divisi, cosa accadrà se in sede divisionale gli eredi si dovessero concordare per assegnare ad uno il bene di 70, con obbligo di corrispondere al coerede una somma di 20, così da portare le due quote ad uno stesso valore, appunto di 50? In definitiva, la ricchezza dei due eredi varia appunto di 50 per ciascuno, solo che un erede riduce le sue disponibilità finanziarie dell’importo corrispondente al calcolato conguaglio. Si dovrà tassare ex art. 34 TUS questo conguaglio di 20, che tra l’altro supererebbe la quota di esenzione del 5%, oppure si tratterebbe di un conguaglio non conguaglio?”

Si era concluso che, secondo l’orientamento oramai consolidato da parte della Cassazione, non si era in presenza di alcun conguaglio, e questo anche nel caso in cui le risorse per pareggiare le quote fossero di provenienza esterna alla comunione stessa.

Queste le sentenze della Cassazione che si sono pronunciate, univocamente, sul punto: n.32613 del 9 novembre 2021, n.30956 del 29 ottobre 2021, n. 3988/2021, n.20736/2019, n. 13637/2018, n.7606/2018, n. 17512/2017, n.20119/2012 e 17866/2010.

In questo articolo esamineremo dettagliatamente tre risposte ad interpelli dell’Agenzia delle Entrate, su temi in qualche modo legati alla tematica sopra esposta; soprattutto i primi due hanno uno specifico riferimento alla giurisprudenza della Cassazione.

 

L’Amministrazione finanziaria

L’Amministrazione finanziaria è intervenuta tre volte, sul tema, richiamandole prime due volte parte delle sentenze della Cassazione sopra riportate, evidentemente in quanto condivise. Anche se le fattispecie sottoposte all’esame della Agenzia delle Entrate non sono proprio del tutto coerenti (nei casi sottoposti manca il conguaglio ) , è stata comunque avvertita la esigenza di richiamare qualche sentenza di Cassazione sul tema del conguaglio , tra quelle sopra indicate. Avendolo fatto senza un motivo immediato, e senza alcun distinguo, ne deriva che il richiamo ha valenza di condivisione.

Esaminiamo le tre risposte.

La risposta ad interpello n.30 del 6 febbraio 2020 si riferiva ad un caso di divisione ereditaria senza alcun conguaglio, ma con quote di diritto esattamente corrispondenti a quelle di fatto.

In questo caso l’Agenzia delle Entrate ha condiviso la soluzione proposta dal contribuente, ma ha anche ritenuto di confermare quanto sentenziato da una sentenza di Cassazione. Così si è espressa, l’amministrazione: “ai fini della corretta applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, dell'atto di divisione, occorre considerare se esso realizzi un'assegnazione di beni o diritti, per ciascun condividente, di valore corrispondente o eccedente il valore spettante secondo la quota di diritto. Come affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza del 28 marzo 2018, n. 7606, “In tema di imposta di registro, in caso di scioglimento della comunione ereditaria (...) mediante assegnazione dei beni in natura e versamento di conguagli in denaro, ove i coeredi abbiano ricevuto il valore delle rispettive quote, si applica l'aliquota degli atti di divisione e non l'aliquota degli atti traslativi”. Diversamente, qualora il valore della quota ricevuta sia superiore al valore della sua quota spettante di diritto, l'atto si considera vendita per la parte eccedente e, pertanto, troveranno applicazione le aliquote proprie degli atti traslativi. Premesso quanto sopra, nella fattispecie in esame in cui, come affermato dal Notaio interpellante, il valore dei diritti assegnati corrisponde al valore delle quote di diritto spettanti a ciascun condividente, si condivide la soluzione proposta, secondo cui il descritto atto di divisione debba essere registrato in termine fisso, con l'applicazione dell'aliquota proporzionale dell'1 per cento, prevista per gli atti aventi natura dichiarativa dall'articolo 3 della Tariffa, Parte I, allegata al TUR (circolare del 29 maggio 2013, n. 18/E, par. 2.2.1). Dovranno essere, inoltre, corrisposte le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 ciascuna (Circolare del 21 febbraio 2014, n. 2/E, par. 1.2).”

Quindi, ancorchè la fattispecie non prevedesse alcun conguaglio, l’Agenzia è andata oltre, riconoscendo l’orientamento dalla Cassazione.

La risposta ad interpello n. 452 del 1 luglio 2021 si riferiva ad uno stralcio divisionale transattivo, con assegnazione di una quota di fatto inferiore a quella di diritto. L’Agenzia dapprima richiama, per quanto di interesse in quella sede, le sentenze della Cassazione n.7606/2018, n.17512/2017, n.20119/2012 e n.17866/2010. Poi così è stato detto: “Trattasi nello specifico di un'ipotesi di divisione ereditaria in cui le parti si accordano per estromettere dalla comunione ereditaria una erede, assegnandole beni per un valore complessivo (“quota di fatto”) inferiore alla sua quota ereditaria (“quota di diritto”). In particolare, la “quota di fatto” comprende il valore della quota parte del bene immobile oggetto di assegnazione in sede di divisione e una somma di danaro pari a Euro xxx. La circostanza (qui assunta acriticamente in base ai valori rappresentati dal notaio istante e non oggetto di verifica in tale sede) che la “quota di fatto” sia inferiore alla “quota di diritto” determina l'ipotesi di una divisione senza conguaglio e, pertanto, non trova applicazione la diposizione di cui all'art. 34, comma 2, del TUR, ma l'articolo 3 della Tariffa, Parte I, allegata al TUR. Per quanto riguarda la determinazione della base imponibile su cui applicare l'aliquota dell'1 percento prevista dal predetto articolo 3 occorre aver riguardo al valore della “quota di diritto” spettante “alla comunista stralciata” che, nel caso di specie, è superiore alla “quota di fatto”. In effetti, nella bozza di atto di divisione è presente la “piena ed irrevocabile rinuncia” da parte della comunista stralciata ad ottenere ulteriori somme a favore degli altri comunisti. Al riguardo si ritiene che tale disposizione non ha natura di atto di liberalità, ma rappresenta un atto avente contenuto patrimoniale e facente parte integrante dell'atto di divisione parziale. Per completezza si rammenta che dovranno essere, inoltre, corrisposte le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 ciascuna (Circolare del 21 febbraio 2014, n. 2/E, par. 1.2).”

Quindi anche in questo caso, ancorché mancasse ogni conguaglio, abbiamo lo stesso più richiami a sentenze di Cassazioni relative invece a casi con conguagli.

La risposta ad interpello n. 534/2020 del 6 novembre 2020 in realtà non trattava dei conguagli direttamente, ma in modo indiretto. La fattispecie si riferiva ad una divisione di beni diversi tra una madre e due figli, tramutando quote di diritto di proprietà della madre in usufrutto su quote maggiori, anche su altri beni sempre della dividenda comunione ereditaria. L’aspetto ritenuto importante è che non ci fossero dei conguagli specifici.

“Per determinare la quota di diritto e la quota di fatto dei singoli condividenti occorre aver riguardo alla valore venale in comune commercio dei beni oggetto di divisione. … Il valore della quota di diritto, calcolato come sopra, andrà, dunque, confrontato con il valore della quota di fatto attribuita alla citata condividente, calcolata come indicato sopra. Qualora sulla base della valutazione effettuata, emerga un conguaglio, lo stesso, se superiore al cinque per cento del valore della quota di diritto, dovrà essere assoggettato all'imposta di registro, con l'aliquota stabilita per i trasferimenti immobiliari. Al riguardo, la risoluzione del 14 giugno 2007, n. 136/E, ha precisato che se, nell'atto di divisione con conguaglio, ad uno dei condividenti sono assegnati beni immobili ad uso abitativo, per la determinazione della base imponibile, si può applicare il criterio del prezzo-valore ai sensi dell'articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (cfr. circolare 6 febbraio 2007, n.6/E). Sulla base di quanto precede, si ritiene che la possibilità di applicare il criterio catastale (tipico degli atti di trasferimento immobiliare) è ammesso soltanto nel caso di emersione di un conguaglio divisionale di valore superiore al cinque per cento del valore della quota di diritto, eccedenza considerata 'vendita' e, dunque, soggetta all'applicazione dell'imposta di registro nella misura proporzionale, ai sensi dell'articolo 1 della tariffa, Parte I del TUR.”

Quindi, qualora non ci sia uno specifico dichiarato conguaglio, e le quote di diritto siano superiori a quelle di fatto, si applicherà sempre l’aliquota della divisione, l’1%. Ci resta comunque una curiosità: come possa esistere una divisione in cui tutte le quote di diritto siano superiori a quelle di fatto. A noi parrebbe cosa impossibile, non potendo effettuare le valutazioni in base a criteri automatici. Solo applicando questi ultimi potrebbe accadere, ma la risposta dell’Agenzia li esclude.

 

Conclusione

In conclusione, ove il conguaglio tra eredi in una divisione non attribuisca alcun maggior valore ad un erede, rispetto alla sua quota, non si applicherà il disposto di cui all’art. 34 TUS, che presume vendite i conguagli superiori al 5% del valore della quota. E questo sia che il conguaglio sia trovato all’interno della massa ereditaria o al di fuori. Nel caso di pagamento di una somma, a conguaglio, le necessarie risorse finanziarie possono quindi provenire eventualmente anche all’esterno della massa da dividere. Si avrà conguaglio solo nel caso in cui ad un erede sia complessivamente attribuita una quota di valore superiore. Di fatto, quindi, secondo la Cassazione molto difficilmente ci potrà essere la tassazione di un conguaglio.

E l’Amministrazione finanziaria sembrerebbe ora concordare, avendo richiamato delle sentenze specifiche su questo tema. Invero ciò è stato fatto in casi ove non c’era un conguaglio, ma diremmo a maggior ragione che, essendo stata avvertita la esigenza di effettuare tale richiamo, senza prendere alcuna distanza, ne consegue che l’orientamento parrebbe condiviso. La tesi della Cassazione è quindi condivisa dalla Amministrazione finanziaria.

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