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Migliorie su beni condotti in locazione: aspetti fiscali

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 18 gennaio 2021

Le spese per migliorie, come pure quelle di manutenzione straordinaria, sostenute su beni di terzi detenuti in locazione, od anche in comodato, hanno un trattamento fiscale non sempre definito in modo univoco.  Le imposte che possono avere un legame con la questione sono l’IVA, le impos te dirette e l’imposta di registro.

Da un punto di vista civilistico, i costi sostenuti per migliorie e spese incrementative su beni di terzi sono capitalizzabili ed iscrivibili nella voce “Altre immobilizzazioni immateriali” dello Stato Patrimoniale, qualora le migliorie e le spese incrementative non siano separabili dai beni stessi. In tale casistica l’ammortamento si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione, tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo se dipendente dal conduttore.

I criteri civilistici sono validi anche dal punto di vista fiscale ai fini dell’imputazione a conto economico dei relativi costi deducibili. Pertanto, i costi di cui trattasi non possono essere considerati deducibili integralmente nell’esercizio in cui sono stati sostenuti, ma rilevano quali costi ad utilizzazione pluriennale, ai sensi del terzo comma dell’art. 108, del Tuir nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio.Tali spese hanno ovviamente un effetto anche fiscale. Esaminiamo le varie imposte interessate.

 

L’IVA

Per quanto concerne l’IVA, con sentenza a Sezioni Unite n. 11533 dell’ll maggio 2018 (in senso conforme anche 6288 e 16223 del 2018, risolvendo così precedenti contrasti della giurisprudenza di legittimità), la Cassazione ha stabilito che va riconosciuto il diritto alla detrazione dell’IVA per lavori di ristrutturazione o manutenzione anche in ipotesi di immobile di proprietà di terzi, condotto in locazione, purché sia presente un nesso di strumentalità con l’attività d’impresa o professionale.

E questo indipendentemente dalla classificazione catastale dell’immobile; specificatamente abitazione utilizzata come ufficio.

In questo senso anche la giurisprudenza della Corte Europea di giustizia (sentenze C-672/16 del 2018, C-132/16 del 2017, C-124/12 del 2013 e C-29/08 del 2009) che, in base al principio di neutralità dell’imposta, ha riconosciuto il diritto alla detrazione dell’lva “purché sia presente un nesso di strumentalità con l’attività d’impresa o professionale”.

La Cassazione si è anche pronunciata per quanto concerne il diritto di rimborso dell’IVA correttamente detratta; con sentenza n. 10110 del 28 maggio 2020 è stato negato il diritto al rimborso, in quanto le opere di miglioramento eseguite su beni immobili di terzi sono state considerate fuori dall’ambito di applicazione dell’art. 30 comma 2 lett. c) del DPR 633/72.

Non sono infatti state ritenute riconducibili all’acquisto di beni ammortizzabili. In tale sentenza è stato anche specificato come il diritto alla detrazione dell’IVA non comporti automaticamente il riconoscimento del diritto al rimborso della imposta.

E’ stato peraltro rilevato come:

“in altre occasioni, tuttavia, la Cassazione ha riconosciuto la spettanza del rimborso IVA all’affittuario per la realizzazione di un impianto turistico situato su un fondo altrui (Cass. n. 8389/2013), nonché al locatario (Cass. n. 6200/2015) e al comodatario (Cass. nn. 6022/2020 e 9327/2014) per le spese di ristrutturazione sostenute sull’immobile detenuto, nel quale esercita l’attività d’impresa, a condizione che il proprietario non effettui alcuna deduzione delle quote di ammortamento.

È stato negato il diritto al rimborso dell’imposta assolta, invece, per la costruzione di un complesso turistico collocato su un terreno ottenuto in comodato dal soggetto passivo (Cass. n. 24779/2015).” (Mirco Gazzera, Non spetta il rimborso dell’IVA per le migliorie su beni di terzi, Eutekne info, 29 maggio 2020).

A titolo esemplificativo, tale diritto non è stato riconosciuto con riguardo:

• alle opere realizzate su un bene immobile di terzi, inseparabili dai beni a cui accedono, ossia prive di una loro autonoma funzionalità (ris. n. 179/2005);

• alle strutture realizzate nell’ambito di una concessione relativa alla progettazione, realizzazione e gestione di un complesso sportivo, ricreativo e culturale su area comunale (ris. n. 372/2008),

• all’installazione di un impianto fotovoltaico su beni di terzi, qualora l’impianto non sia separabile dal bene immobile cui si riferisce, non potendo essere rimosso al termine del periodo di utilizzo (circ. n. 36/2013, § 4)”.(Mirco Gazzera, idibem).

 

Le imposte dirette

Le sentenze sopra riportate riguardano l’iva, ma la soluzione adottata è destinata ad esplicare effetti anche rispetto all’analoga questione della deducibilità per il conduttore degli stessi costi ai fini delle imposte sui redditi.

La Cassazione (n. 13327/2013) aveva già affermato che le spese di ristrutturazione dell’immobile in cui si esercita l’attività d’impresa sono deducibili dal soggetto che le ha effettivamente sostenute, anche se si tratta del conduttore e non del proprietario.

“Questo approccio “sostanzialistico” della Cassazione supera (sotto l’aspetto tributario) quanto previsto dalla disciplina civilistica, per giungere a un concetto di inerenza che valorizza il legame esistente tra soggetto che si è fatto carico della spesa e impresa che, grazie anche ad essa, produrrà proventi imponibili.

I giudici sembrano voler evitare che si giunga al paradosso che chi ha effettivamente sostenuto i costi non li possa dedurre, così come non può fare chi ne sarebbe astrattamente legittimato ma non è il soggetto che ha di fatto realizzato l’investimento”. (Giorgio Gavelli, Il Sole 24 Ore, 2011)

Nello stesso senso anche Cass. n. 24277 del 27 novembre 2015; i costi di manutenzione straordinaria sostenuti su un immobile di terzi sono deducibili se sostenuti per assicurare lo sfruttamento nel tempo degli immobili e finalizzati all’esercizio della propria attività lavorativa.

Quindi, si deve ritenere che la deducibilità di detti costi riguarda il soggetto che esegue i lavori, non subordinandoli a chi possiede il diritto di proprietà dell’immobile.

A fronte di certi atteggiamenti negativi dell’Amministrazione finanziaria, la Cassazione si è espressa a favore della tesi della deducibilità di tali oneri per chi li ha sostenuti.

Relativamente ai professionisti, la Cassazione (sentenze n. 11907/2019 e 7226/2020) è intervenuta rilevando che i costi di ristrutturazione dell’immobile, così come risultanti dalla documentazione contabile, sono deducibili se sostenuti al fine di poter avere un migliore esercizio dell’attività professionale ed un aumento della redditività.

In senso conforme anche Agenzia delle Entrate Circ. n. 47/e72008 e Ris. 99/e/2009.

E questo indipendentemente dalla classificazione catastale; nei casi specifici si trattava di abitazioni utilizzate come uffici.

La deducibilità è peraltro limitata al 5% del costo complessivo di tutti i beni ammortizzabili, con eccedenza deducibile in quote costanti nei successivi 5 anni. Sul tema, per un approfondimento, si veda lo studio del CNDCEC del 25 luglio 2019.

Secondo CTR Brescia (sentenza n. 2908 del 16 maggio 2016) le migliorie su beni di terzi condotti in locazione sono fiscalmente deducibili in base ai criteri civilistici di ripartizione temporale adottati dal contribuente.

Il principio contabile OIC 24 dispone, al n. 76 eh:

«l’ammortamento dei costi per migliorie dei beni di terzi si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione, tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo, se dipendente dal conduttore».

Nel caso specifico l’impresa aveva considerato, nella redazione del bilancio, un’utilità futura dei costi di manutenzione di cinque anni, ancorché il contratto di affitto di azienda avesse una durata di 15 anni, rinnovo compreso. L’amministrazione aveva contestato questo comportamento e ripartito le spese sul più lungo arco temporale dell’affitto del ramo d’azienda. Secondo la CTR la norma fiscale si “appiattisce” su quella civilistica, ma ha anche stabilito che il contribuente deve provare la correttezza dei criteri di ripartizione temporale dei costi adottati. L’onere del contribuente è solo di dimostrare che il periodo di utilità futura fosse effettivamente quello previsto.

Dal canto suo la Cassazione (sentenza n. 383, 13 gennaio 2016) si è pronunciata in un caso che riguarda la corretta imputazione di spese di manutenzione straordinarie su beni di terzi, detenuti in locazione.  L’impresa aveva capitalizzato le spese e imputate al conto economico in base alla durata residua del contratto di locazione. Non aveva tenuto conto del periodo di possibile rinnovo del contratto di locazione. La sentenza, la prima in merito, è stata tranchant; si tiene conto del solo periodo di durata iniziale, se così ha fatto l’impresa, contabilmente.

L’Amministrazione finanziaria, invece, si era da tempo pronunciata per la necessità di tener conto del possibile rinnovo contrattuale (risoluzioni 400/1983 e 2980/1982). 

La sentenza della Cassazione 7885/2016 (sempre sezione quinta) fa un po’ di chiarezza sulla deducibilità delle spese di manutenzione.  Il caso, datato, riguardava la possibilità di dedurre integralmente nell’esercizio le spese di manutenzione straordinarie, ove non capitalizzate, sotto l’aspetto contabile.  Si trattava di spese per il rifacimento del tetto del capannone di proprietà dell’impresa, oltre che spese di manutenzione di uno stampo produttivo. Per la Cassazione si possono dedurre le spese di manutenzione spesate a conto economico, anche se straordinarie. L’unico requisito è il rispetto del limite del 5% del costo complessivo.

L’articolo 102, comma 6 del Tuir stabilisce che le spese di manutenzione, riparazione, trasformazione e ammodernamento dei beni strumentali all’esercizio dell’impresa, qualora non siano imputate a incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili. Quindi piena adesione al criterio contabile, salvo la verifica della capienza del 5 per cento. E in effetti così si era comportata l’impresa.

In realtà, dunque, è il Tuir che avrebbe bisogno di manutenzione, per rendere più definito il trattamento fiscale delle spese di manutenzione, evitando così di dover ricorrere a organi amministrativi o giurisdizionali. 

 

L’eventuale riduzione dei canoni di locazione

Qualora i beni sui quali fossero stati effettuati dei lavori di miglioria fossero concessi in locazione, e i canoni di locazione fossero appunto ridotti in funzione del sostenimento di queste spese, potrebbe anche ravvisarsi una operazione permutativa (Cassazione 28725/2017 e 15808/2006).

Se l’immobile necessita di lavori di risistemazione per renderlo idoneo non alla specifica attività, ma ad un utilizzo generico, e il conduttore si sostituisce al locatore nella loro esecuzione scontandoli, per accordo tra le parti, dal canone di locazione, ci si può trovare infatti in presenza di una permuta. Conseguentemente la riduzione di canone, ancorché non incassata, dovrebbe essere fatturata e compensata con i lavori stessi.

Secondo CTR Lombardia (sentenza n 2134/13/2020) il canone di locazione va integralmente dichiarato, ancorché le parti ne abbiano concordato iuna riduzione, a titolo di copertura delle spese di adeguamento dei locali sostenute dal conduttore, qualora tali migliorie restino comunque acquisite dal locatore alla cessazione del contratto. Nel caso specifico, a fronte di lavori accollati al conduttore, le parti avevano concordato l’annullamento delle prime due rate di canone che conseguentemente non venivano dichiarate nella dichiarazione dei redditi.  L’Agenzia delle Entrate ha invece accertato il recupero di queste due rate del canone di locazione.

Secondo la CTR è necessario fare una distinzione : se le opere eseguite suH’immobile assolvono esclusivamente agli interessi del conduttore, nel qual caso nulla quaestio, oppure se le stesse costituiscano comunque in un vantaggio differito alla riconsegna in favore del locatore.  Solo in questo ultimo caso, infatti, il canone intero va dichiarato dal locatore. Il conduttore potrà, in toto o in parte, dedurre i costi documentati a tal fine sostenuti. Nello stesso senso, precedentemente, CTR Lombardia n. 3999/22/2019 del 15 ottobre 2019.

Sempre in senso conforme Corte di Cassazione n. 15808/2006, secondo la quale il locatore non può detrarre dal canone di locazione quanto dovuto per lavori di ristrutturazione, trattandosi appunto di lavori che vanno a beneficio della proprietà. Invece per la esclusione della possibilità di configurare una operazione di tipo permutativo, CTR Lazio n. 3284/7/19 del 28 maggio 2019; nella fattispecie la concessa riduzione del canone aveva il solo fine di agevolare il conduttore nella fase di avvio dell’attività.

 

Conclusioni sulle spese per migliorie di beni di terzi

In conclusione, le spese per migliorie o per manutenzioni straordinarie sostenute su beni di terzi detenuti in locazione o in comodato, se relative ad esigenze specifiche del conduttore sono liberamente deducibili per lo stesso, con iva detraibile, anche se non rimborsabile, generalmente.

Quanto ai canoni di locazione, una riduzione delle prime mensilità in funzione dei lavori da sostenere potrebbe comportare delle problematiche; una riduzione per consentire un più agevole avvio dell’attività non creerà problemi.

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