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Le anticipazioni bancarie nelle procedure concorsuali: tra recenti sentenze della Cassazione e la riforma

di Giuseppe Rebecca 
Diritto della crisi  27 marzo 2022

La sorte delle anticipazioni bancarie nelle procedure concorsuali è stata da sempre oggetto di grandi analisi, in dottrina, con soluzioni della giurisprudenza spesso anche contrastanti.

La discussione è stata particolarmente vivace per le procedure di concordato preventivo (ed anche per la da tempo abolita amministrazione controllata), mentre per i fallimenti la produzione giurisprudenziale è stata assai scarna.

Ritorniamo su un tema da noi già qui trattato ( Le anticipazioni bancarie nel concordato preventivo nel quadro della riforma del diritto concorsuale , Giuseppe Rebecca, 27 luglio 2021 e La revocatoria delle anticipazioni bancarie , Giuseppe Rebecca e Giuseppe Sperotti, 23 settembre 2021) a ciò spinti da tre sentenze di Cassazione che si sono pronunciate tutte nello stesso senso.
Le prime due sono relative ad un concordato preventivo, la terza ad un fallimento. Ci riferiamo alle sentenze n. 11524 del 15 giugno 2020, rel. Andrea Fidanzia, e la n. 11523 in pari data, estensore Guido Mercolino, già da noi commentate, e la n. 42008 del 30 dicembre 2021 , rel. Marco Vannucci.

La questione è stabilire se, in presenza di un patto di compensazione, dotato di data certa, l’istituto di credito abbia o meno il diritto di incassare legittimamente il credito anticipato alla scadenza, al momento del pagamento da parte del debitore della impresa che ha appunto goduto della anticipazione. Questo qualora l'evento avvenga con l’impresa a suo tempo finanziata in procedura concorsuale, concordato preventivo o fallimento.
L’istituto di credito compenserebbe così, in tutto o in parte, il suo credito.

In mancanza di una norma specifica che tratti questa particolare fattispecie, la giurisprudenza ha dovuto supplire, peraltro in modo ondivago, come si vedrà, e a nostro personale avviso con soluzioni non ancora definitive.
In calce, una sintesi delle sentenze ad oggi note.

 

Le sentenze della Cassazione n. 11524 e 11523 del 2020, relative ad un concordato preventivo.

Dal nostro precedente articolo riprendiamo in parte una sintesi del commento alle sentenze nn. 11524 e 11523 del 2020.

Ricordiamo innanzitutto come la Cassazione si sia pronunciata su questa specifica situazione , prima del 2020, sia in un senso che nell’altro.

Per la non applicabilità del patto di compensazione, queste sono le sentenze , tutte peraltro riferite a casi sorti ante l’11 settembre 2012, della prima sezione (salvo quella del 1999, a Sezioni Unite): Cass., 25 settembre 2017, n. 22277; Cass., 7 maggio 2009, n. 10548; Cass., 12 gennaio 2007, n. 578; Cass., Sez. Un. n. 7751 del 1999; Cass., 28 agosto 1995, n. 9030; Cass., 18 dicembre 1990 n. 11988 ; Cass., 28 giugno 1985 n. 3879; Cass., 26 febbraio 1981 n. 1182.

Per l’applicabilità, invece, del patto di compensazione, queste sono le sentenze sempre relative a casi sorti anteriormente alla data dell’11 settembre 2012, della prima sezione: Cass., 10 aprile 2019, n. 10091; Cass., 19 febbraio 2016, n. 3336 (relativamente ad una amministrazione controllata); Cass., 1 settembre 2011, n. 17999 (relativamente ad una amministrazione controllata); Cass., 15 aprile 2011, n. 8752; Cass., 23 marzo 2001, n. 4205; Cass., 7 marzo 1998 n. 2539; Cass. 5 agosto 1997 n. 7194; Cass. 17 luglio 1997 n, 6558; Cass. 23 luglio 1994 n. 6870.

Il riferimento alla data dell’11 settembre 2012 è motivato dalla modifica normativa, con effetto appunto da tale data, dell’art. 169 bis l. fall. (art. 33 D.L. n. 83/2012, conv. con modificazioni dalla L. 134/2012), articolo che ha trattato ex novo i contratti pendenti nel concordato preventivo.

Ora, con la sentenza n. 11524 del 15 giugno 2020, Pres. Didone, rel. Fidanzia, la Cassazione si è pronunciata per la compensabilità tra anticipazione e successivo incasso.

Si tratta di una sentenza che ha ritenuto di pronunciare un principio di diritto, ex art. 363 c.p.c., ancorchè il caso sottopostole fosse stato dichiarato inammissibile .

Questi i principi di diritto pronunciati:

“L’art. 169 bis L. fall., che consente al debitore proponente un concordato di chiedere al giudice delegato lo scioglimento dei contratti pendenti, è applicabile al contratto-quadro di anticipazione bancaria contro cessione di credito o mandato all’incasso ed annesso patto di compensazione, fino quando la banca, nell’anticipare al cliente l’importo dei crediti non ancora scaduti vantati da quest’ultimo nei confronti dei terzi, non abbia ancora raggiunto il tetto massimo convenuto tra le parti.

L’art. 169 bis L. fall. è inapplicabile alla singola operazione di anticipazione bancaria in conto corrente contro cessione di credito o mandato all’incasso con annesso patto di compensazione, ancora in corso al momento dell’apertura del concordato, avendo la banca, con l’erogazione della anticipazione, già compiutamente eseguito la propria prestazione.

Il collegamento negoziale e funzionale esistente tra il contratto di anticipazione bancaria ed il mandato all’incasso con patto di compensazione, che consente alla banca di incamerare e riversare in conto corrente le somme derivanti dall’incasso dei singoli crediti del proprio cliente nei confronti di terzi, dando luogo ad un unico rapporto negoziale, determina l’applicazione dell’istituto della c.d. compensazione impropria tra i reciproci debiti e crediti della banca con il cliente e la conseguente ínoperatività del principio di “cristallizzazione” dei crediti, rendendo, pertanto, del tutto irrilevante che l’attività di incasso della banca sia svolta in epoca successiva all’apertura della procedura di concordato preventivo”.

Merita comunque osservare come la motivazione, a supporto della tesi avanzata, probabilmente non avvertita così sicura, abbia ritenuto di intrattenersi anche su quella che al momento era solo una bozza di un provvedimento futuro, la bozza del decreto correttivo della Crisi di Impresa. Riferimento quindi doppiamente non adeguato, sia in quanto solo futuro, ovviamente, sia in quanto a semplice livello di bozza. In pratica, si è aggrappata sul nulla.

L’altra sentenza dello stesso giorno, la n. 11523 (rel. Guido Mercolino) si è pronunciata nello stesso senso, senza comunque pronunciare principi di diritto; questa la massima: ”In tema di anticipazione di credito in conto corrente, nel regime precedente all'entrata in vigore dell'art. 169 bis l.fall., è ammissibile la compensazione tra il credito vantato dalla banca per il rimborso dell'anticipazione concessa alla società ammessa al concordato preventivo ed il debito nei confronti di quest'ultima per la restituzione degli importi riscossi in esecuzione dell'incarico conferitole, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore all'ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito invece posteriore, in quanto, non operando il principio della "cristallizzazione dei crediti", né l'imprenditore in costanza di procedura, né gli organi concorsuali vantano il diritto a che la banca riversi loro le somme riscosse anziché compensarle. ”.

Certo che, con la affermazione dei principi di diritto di cui alla sentenza n, 11524 del 15 giugno 2020, l’orientamento per i concordati preventivi sembrerebbe oramai segnato, anche se una pronuncia a Sezioni Unite non stonerebbe di certo.

 

La sentenza della Cassazione n. 42008 del 2021 relativa ad un fallimento.

La Cassazione si è ora pronunciata sulla questione delle anticipazioni bancarie nel fallimento, e ha sposato la tesi da poco fatta propria nell’ambito del concordato preventivo, come sopra riportato .

Questa la massima della sentenza n. 42008 del 30 dicembre 2021, estensore Marco Vannucci: “ In tema di conto corrente bancario, ove il correntista e la banca abbiano pattuito l’anticipazione su crediti per ricevute con clausola di compensazione, l’incasso da parte della banca, anche nell’interesse del cliente, del danaro incorporato nelle ricevute bancarie consegnatele costituisce adempimento di un’obbligazione già sorta e determina la sola esigibilità del relativo credito verso la banca da parte del cliente.

Pertanto, in caso di successivo fallimento di quest’ultimo, tra le operazioni di anticipazione di danaro avvenute prima della dichiarazione di fallimento e la riscossione dei crediti portati dalle suddette ricevute bancarie avvenute in epoca successiva sussistono i presupposti richiesti dall’art. 56 l. fall., per effetto della perdurante efficacia della clausola di compensazione fra i reciproci debiti restitutori, giacché il debito della banca è solo divenuto esigibile (da parte della curatela fallimentare) dopo la stessa dichiarazione di fallimento del correntista.

Come risulta evidente, si è seguita la stessa tesi evidenziata dalle due sentenze del 2020, peraltro riferite ad un caso di concordato preventivo, e non ad un fallimento. E’ esplicitamente richiesta in ogni caso la prova della data certa al patto di compensazione.

A supporto della tesi evidenziata in questa sentenza si citano anche molte altre sentenze conformi di Cassazione. In merito tre osservazioni che ci paiono dirompenti: la prima è che sono sentenze che si riferiscono alle procedure di concordato preventivo ed anche alla amministrazione controllata. Qui siamo invece in presenza di un fallimento . La seconda osservazione è che in ogni caso sono tutte riferite a casi anteriori al 2012, data di variazione dell’articolo 169 bis l. fall. relativo ai contratti pendenti nel concordato preventivo. Infine la terza è che stranamente vengono invece omesse, nell’elencazione, le numerose sentenze contrarie, anche a Sezioni Unite, più sopra citate.
Si citano solo quelle nello stesso senso, anche se riferite a procedure concorsuali minori.

Per una esemplificazione dal nostro punti di vista rimandiamo al nostro precedente articolo del 23 settembre 2021.

 

Le anticipazioni bancarie nel quadro della riforma concorsuale.

Riprendiamo, dal nostro precedente intervento sopra citato del 27 luglio 2021, quanto precisato in merito a questo particolare aspetto.

Il Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza non tratta specificatamente delle anticipazioni bancarie.

Invero l’articolo 155 di tale codice non consente la compensazione fra un credito della massa (ed è quello verso il mandatario per la restituzione delle somme pagate al terzo, appunto) ed un credito concorsuale (che è quello del mandatario per precedenti finanziamenti o anticipazioni al mandante anteriormente alla dichiarazione di fallimento).

Ne tratta invece specificatamente il decreto correttivo (D. Lgs. 147/2020) il quale interviene , con l’articolo 15, sulla questione incassi da parte della banca su anticipazioni fatte ante la presentazione di una procedura di concordato preventivo, variando in modo particolarmente significativo l’art. 97 del D. Lgs. n. 14/2019.

Innanzitutto sono dichiarati inefficaci eventuali patti contrari alla prosecuzione di contratti ancora ineseguiti o non completamente eseguiti, con l’aggiunta del comma 14 che così recita: “Nel contratto di finanziamento bancario costituisce prestazione principale ai sensi del comma 1 anche la riscossione diretta da parte del finanziatore nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata. In caso di scioglimento, il finanziatore ha diritto di riscuotere e trattenere le somme corrisposte dai terzi debitori fino al rimborso integrale delle anticipazioni effettuate nel periodo compreso tra i centoventi giorni antecedenti il deposito della domanda di accesso di cui all’articolo 40 e la notificazione di cui al comma 6” .

La relazione illustrativa, poi, meglio specifica: “Infine, viene introdotto il comma 14 al fine di tener conto delle peculiarità dei contratti di finanziamento bancario c.d. “autoliquidanti”. Si tratta dei rapporti nei quali una parte, il cui interesse è quello di fruire dell’immediata disponibilità di crediti non ancora scaduti vantati verso soggetti terzi, cede in varie forme tali crediti ad un intermediario a fronte del finanziamento erogato. Tra le operazioni autoliquidanti rientrano, ad esempio (e senza pretesa di esaustività), le operazioni di anticipo su fatture, le anticipazioni al salvo buon fine, i finanziamenti a fronte di cessioni di credito, altri anticipi su crediti commerciali e lo sconto di portafoglio commerciale. In tutte tali ipotesi la restituzione di quanto anticipato richiede un ruolo attivo da parte dell’istituto di credito che ha erogato il finanziamento. L’attività di riscossione, in questo ambito, è certamente ancillare alla prestazione principale, ma, al tempo stesso, ne costituisce una modalità essenziale. In materia esiste un vivace contrasto giurisprudenziale e dunque esistono incertezze sul piano interpretativo che incidono negativamente sulla propensione degli istituti di credito a sostenere l’attività delle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo, anche in considerazione di condotte opportunistiche che nella prassi si sono a volte riscontrate da parte dei debitori beneficiari del finanziamento. La nuova disposizione, al fine di sanare i contrasti interpretativi, prevede in modo espresso che anche la riscossione diretta da parte del finanziatore nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata costituisce prestazione principale ai sensi dell'art 97, comma 1. Ciò vuol dire che l’erogazione dell’anticipazione da parte del finanziatore non esaurisce le obbligazioni a suo carico e che, tra queste, vi è quella di procedere alla riscossione dei crediti del finanziato, sicché, fino a quando l’attività di riscossione non sia stata ultimata, il contratto deve considerarsi pendente. Diviene conseguentemente superflua la regola posta dall’(originario) art. 99, comma 2, secondo la quale anche il mantenimento di linee di credito autoliquidanti costituisce, se autorizzato, finanziamento prededucibile. I contratti pendenti, infatti, proseguono durante il concordato preventivo senza necessità di autorizzazione alcuna e la prosecuzione genera debiti che devono essere soddisfatti in prededuzione. In questa prospettiva, è apparso invece necessario disciplinare gli effetti dello scioglimento del contratto, ove autorizzato dal tribunale. Si è previsto che, in tal caso, il finanziatore abbia diritto di riscuotere e trattenere le somme corrisposte dai terzi debitori” .

Questa nuova norma pone una specifica limitazione temporale alle operazioni di anticipazione compiute nel periodo compreso tra i 120 giorni prima del deposito della domanda di concordato preventivo e la notificazione della sospensione o dello scioglimento del contratto. Solo queste anticipazioni, infatti, potranno essere compensate.

Si tratta, a nostro avviso, di una impostazione eccedente la legge delega, che non aveva assolutamente previsto soluzioni di questo tipo.

La relazione Illustrativa dà atto delle diverse tesi fino ad ora sostenute e segnala come la norma disponga, al fine di sanare i contrasti, di sposare la tesi delle prestazioni non ancora del tutto eseguite. Si tratta in ogni caso di disposizioni nuove, tra l’altro applicabili solo con riferimento ad un preciso e limitato lasso temporale, e conseguentemente, come si è già anticipato, si è per la tesi della novità, non certamente della interpretazione autentica. La norma varrà solo per il futuro, non certamente per il passato. Aver considerato compensabili gli incassi successivi solo se ed in quanto derivanti da operazioni di anticipazione effettuate in un determinato lasso temporale, aver posto questa condizione specifica, sta a significare che si tratta di una norma del tutto nuova, e pertanto inapplicabile al pregresso. E a maggior ragione nemmeno applicabile in via analogica, trattandosi appunto di norma del tutto nuova e con certi specifici requisiti. La compensazione sarà possibile solo per determinate anticipazioni, e questo sta a significare. a nostro avviso, che oggi, in mancanza di una norma specifica, tale compensazione non pare poter essere effettuata.

La relazione si allarga, e specifica anche che le attuali incertezze incidono negativamente sulla propensione degli istituti di credito a sostenere le imprese in concordato. Non ne condividiamo l’incipit. Di norma si hanno operazioni a cavallo, rispetto alla domanda di concordato preventivo; anticipazioni avute ante procedura e riscossioni effettuate post, per le quali non vale certamente quanto affermato. Altra cosa sarebbero operazioni successive alla presentazione della domanda di concordato preventivo, operazioni che però non sono frequenti, nella realtà operativa.

Si rende dovuta una precisazione: le somme delle quali si discute sono esattamente quelle anticipate; qualora la banca avesse anticipato solo una parte del credito, come di norma accade, (l’80%, o altra percentuale) solo per la parte anticipata la banca avrà diritto a trattenere l’importo, non per l’eventuale differenza, che dovrà essere resa all’impresa in concordato.

 

La sentenza della Cassazione n. 42008 del 2021 relativa ad un fallimento.

La Cassazione si è ora pronunciata sulla questione delle anticipazioni bancarie nel fallimento, e ha sposato la tesi da poco fatta propria nell’ambito del concordato preventivo, come sopra riportato .

Questa la massima della sentenza n. 42008 del 30 dicembre 2021, estensore Marco Vannucci: “ In tema di conto corrente bancario, ove il correntista e la banca abbiano pattuito l’anticipazione su crediti per ricevute con clausola di compensazione, l’incasso da parte della banca, anche nell’interesse del cliente, del danaro incorporato nelle ricevute bancarie consegnatele costituisce adempimento di un’obbligazione già sorta e determina la sola esigibilità del relativo credito verso la banca da parte del cliente.

Pertanto, in caso di successivo fallimento di quest’ultimo, tra le operazioni di anticipazione di danaro avvenute prima della dichiarazione di fallimento e la riscossione dei crediti portati dalle suddette ricevute bancarie avvenute in epoca successiva sussistono i presupposti richiesti dall’art. 56 l. fall., per effetto della perdurante efficacia della clausola di compensazione fra i reciproci debiti restitutori, giacché il debito della banca è solo divenuto esigibile (da parte della curatela fallimentare) dopo la stessa dichiarazione di fallimento del correntista.

Come risulta evidente, si è seguita la stessa tesi evidenziata dalle due sentenze del 2020, peraltro riferite ad un caso di concordato preventivo, e non ad un fallimento. E’ esplicitamente richiesta in ogni caso la prova della data certa al patto di compensazione.

A supporto della tesi evidenziata in questa sentenza si citano anche molte altre sentenze conformi di Cassazione. In merito tre osservazioni che ci paiono dirompenti: la prima è che sono sentenze che si riferiscono alle procedure di concordato preventivo ed anche alla amministrazione controllata. Qui siamo invece in presenza di un fallimento . La seconda osservazione è che in ogni caso sono tutte riferite a casi anteriori al 2012, data di variazione dell’articolo 169 bis l. fall. relativo ai contratti pendenti nel concordato preventivo. Infine la terza è che stranamente vengono invece omesse, nell’elencazione, le numerose sentenze contrarie, anche a Sezioni Unite, più sopra citate.
Si citano solo quelle nello stesso senso, anche se riferite a procedure concorsuali minori.

Per una esemplificazione dal nostro punti di vista rimandiamo al nostro precedente articolo del 23 settembre 2021.

 

Le anticipazioni bancarie nel quadro della riforma concorsuale.

Riprendiamo, dal nostro precedente intervento sopra citato del 27 luglio 2021, quanto precisato in merito a questo particolare aspetto.

Il Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza non tratta specificatamente delle anticipazioni bancarie.

Invero l’articolo 155 di tale codice non consente la compensazione fra un credito della massa (ed è quello verso il mandatario per la restituzione delle somme pagate al terzo, appunto) ed un credito concorsuale (che è quello del mandatario per precedenti finanziamenti o anticipazioni al mandante anteriormente alla dichiarazione di fallimento).

Ne tratta invece specificatamente il decreto correttivo (D. Lgs. 147/2020) il quale interviene , con l’articolo 15, sulla questione incassi da parte della banca su anticipazioni fatte ante la presentazione di una procedura di concordato preventivo, variando in modo particolarmente significativo l’art. 97 del D. Lgs. n. 14/2019.

Innanzitutto sono dichiarati inefficaci eventuali patti contrari alla prosecuzione di contratti ancora ineseguiti o non completamente eseguiti, con l’aggiunta del comma 14 che così recita: “Nel contratto di finanziamento bancario costituisce prestazione principale ai sensi del comma 1 anche la riscossione diretta da parte del finanziatore nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata. In caso di scioglimento, il finanziatore ha diritto di riscuotere e trattenere le somme corrisposte dai terzi debitori fino al rimborso integrale delle anticipazioni effettuate nel periodo compreso tra i centoventi giorni antecedenti il deposito della domanda di accesso di cui all’articolo 40 e la notificazione di cui al comma 6” .

La relazione illustrativa, poi, meglio specifica: “Infine, viene introdotto il comma 14 al fine di tener conto delle peculiarità dei contratti di finanziamento bancario c.d. “autoliquidanti”. Si tratta dei rapporti nei quali una parte, il cui interesse è quello di fruire dell’immediata disponibilità di crediti non ancora scaduti vantati verso soggetti terzi, cede in varie forme tali crediti ad un intermediario a fronte del finanziamento erogato. Tra le operazioni autoliquidanti rientrano, ad esempio (e senza pretesa di esaustività), le operazioni di anticipo su fatture, le anticipazioni al salvo buon fine, i finanziamenti a fronte di cessioni di credito, altri anticipi su crediti commerciali e lo sconto di portafoglio commerciale. In tutte tali ipotesi la restituzione di quanto anticipato richiede un ruolo attivo da parte dell’istituto di credito che ha erogato il finanziamento. L’attività di riscossione, in questo ambito, è certamente ancillare alla prestazione principale, ma, al tempo stesso, ne costituisce una modalità essenziale. In materia esiste un vivace contrasto giurisprudenziale e dunque esistono incertezze sul piano interpretativo che incidono negativamente sulla propensione degli istituti di credito a sostenere l’attività delle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo, anche in considerazione di condotte opportunistiche che nella prassi si sono a volte riscontrate da parte dei debitori beneficiari del finanziamento. La nuova disposizione, al fine di sanare i contrasti interpretativi, prevede in modo espresso che anche la riscossione diretta da parte del finanziatore nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata costituisce prestazione principale ai sensi dell'art 97, comma 1. Ciò vuol dire che l’erogazione dell’anticipazione da parte del finanziatore non esaurisce le obbligazioni a suo carico e che, tra queste, vi è quella di procedere alla riscossione dei crediti del finanziato, sicché, fino a quando l’attività di riscossione non sia stata ultimata, il contratto deve considerarsi pendente. Diviene conseguentemente superflua la regola posta dall’(originario) art. 99, comma 2, secondo la quale anche il mantenimento di linee di credito autoliquidanti costituisce, se autorizzato, finanziamento prededucibile. I contratti pendenti, infatti, proseguono durante il concordato preventivo senza necessità di autorizzazione alcuna e la prosecuzione genera debiti che devono essere soddisfatti in prededuzione. In questa prospettiva, è apparso invece necessario disciplinare gli effetti dello scioglimento del contratto, ove autorizzato dal tribunale. Si è previsto che, in tal caso, il finanziatore abbia diritto di riscuotere e trattenere le somme corrisposte dai terzi debitori” .

Questa nuova norma pone una specifica limitazione temporale alle operazioni di anticipazione compiute nel periodo compreso tra i 120 giorni prima del deposito della domanda di concordato preventivo e la notificazione della sospensione o dello scioglimento del contratto. Solo queste anticipazioni, infatti, potranno essere compensate.

Si tratta, a nostro avviso, di una impostazione eccedente la legge delega, che non aveva assolutamente previsto soluzioni di questo tipo.

La relazione Illustrativa dà atto delle diverse tesi fino ad ora sostenute e segnala come la norma disponga, al fine di sanare i contrasti, di sposare la tesi delle prestazioni non ancora del tutto eseguite. Si tratta in ogni caso di disposizioni nuove, tra l’altro applicabili solo con riferimento ad un preciso e limitato lasso temporale, e conseguentemente, come si è già anticipato, si è per la tesi della novità, non certamente della interpretazione autentica. La norma varrà solo per il futuro, non certamente per il passato. Aver considerato compensabili gli incassi successivi solo se ed in quanto derivanti da operazioni di anticipazione effettuate in un determinato lasso temporale, aver posto questa condizione specifica, sta a significare che si tratta di una norma del tutto nuova, e pertanto inapplicabile al pregresso. E a maggior ragione nemmeno applicabile in via analogica, trattandosi appunto di norma del tutto nuova e con certi specifici requisiti. La compensazione sarà possibile solo per determinate anticipazioni, e questo sta a significare. a nostro avviso, che oggi, in mancanza di una norma specifica, tale compensazione non pare poter essere effettuata.

La relazione si allarga, e specifica anche che le attuali incertezze incidono negativamente sulla propensione degli istituti di credito a sostenere le imprese in concordato. Non ne condividiamo l’incipit. Di norma si hanno operazioni a cavallo, rispetto alla domanda di concordato preventivo; anticipazioni avute ante procedura e riscossioni effettuate post, per le quali non vale certamente quanto affermato. Altra cosa sarebbero operazioni successive alla presentazione della domanda di concordato preventivo, operazioni che però non sono frequenti, nella realtà operativa.

Si rende dovuta una precisazione: le somme delle quali si discute sono esattamente quelle anticipate; qualora la banca avesse anticipato solo una parte del credito, come di norma accade, (l’80%, o altra percentuale) solo per la parte anticipata la banca avrà diritto a trattenere l’importo, non per l’eventuale differenza, che dovrà essere resa all’impresa in concordato.

Conclusioni

Prima che il codice della crisi possa entrare in vigore, al di là della problematica dell’eccesso di delega, per noi del tutto evidente, ci si augura che la Cassazione si pronunci a Sezioni Unite circa la eventuale compensabilità degli importi che ne derivano. Con ciò chiarendo una volta per tutte se la banca possa trattenere o meno quanto successivamente incassato da parte di terzi su anticipazioni a suo tempo effettuate al cliente. Le sentenze n. 11524 e 11523 del 2020, da taluno ritenute risolutive, relative ad un concordato preventivo, purtroppo non aiutano, ed anzi a nostro avviso creano ancora maggior confusione, su un argomento che meriterebbe una chiara presa di posizione. Specificatamente per la sentenza n. 11524, poi, la dottrina inserita in una sentenza non fa testo, come è ovvio, anzi depotenzia la sentenza stessa. La sentenza n. 42008 del 2021, relativa ad un fallimento, non appare convincente, richiamando solo sentenze nello stesso senso riferite a procedure concorsuali minori, ed omettendo di richiamare le numerose sentenze contrarie, sempre per concordati preventivi, di cui una anche a Sezioni Unite, ancorché datata.


Dettaglio delle sentenze che si sono pronunciate per la NON applicabilità del patto di compensazione, sentenze della Cassazione Civile tutte riferite a casi sorti ante l’11 settembre 2012.

  • Cassazione 25 settembre 2017 n. 22277;
  • Cassazione 7 maggio 2009 n. 10548;
  • Cassazione 12 gennaio 2007 n. 578;
  • Cassazione S.U. n. 7751 del 1999;
  • Cassazione 28 agosto 1995 n. 9030;
  • Cassazione 18 dicembre 1990 n. 11988;
  • Cassazione 28 giugno 1985 n. 3879;
  • Cassazione 26 febbraio 1981 n. 1182.

Corti di merito

Dettaglio sentenze per l’applicabilità del patto di compensazione, sentenze della Cassazione Civile tutte riferite, eccetto le prime tre, a casi ante l’11 settembre 2012:

  • Cassazione 30 dicembre 2021 n. 42008, per un fallimento ;
  • Cassazione 15 giugno 2020 n. 11524 e n. 11523;
  • Cassazione 10 aprile 2019 n. 10091 ;
  • Cassazione 19 febbraio 2016 n. 3336 (relativamente ad una amministrazione controllata);
  • Cassazione 1 settembre 2011 n. 17999 (relativamente ad una amministrazione controllata);
  • Cassazione 15 aprile 2011 n. 8752;
  • Cassazione 23 marzo 2001 n. 4205;
  • Cassazione 7 marzo 1998 n. 2539;
  • Cassazione 5 agosto 1997 n. 7194;
  • Cassazione 17 luglio 1997 n. 6558;
  • Cassazione 23 luglio 1994 n. 6870.

Corti di merito:

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