>> Anno 2023

Cessione di immobile ristrutturato. Decorrenza del quinquennio

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 13 gennaio 2023

In questo intervento analizziamo il trattamento fiscale, ai fini dell’articolo 67 del TUIR di una vendita, da parte di un non imprenditore, di un immobile ristrutturato.

La cessione da parte di un non imprenditore (persone fisiche, società semplici e enti non commerciali) di un immobile nel quinquennio dall’acquisto costituisce sempre operazione tassata; si tratta infatti di un reddito diverso, ex art. 67 del TUIR.

Nel caso di cessione di fabbricati costruiti ex novo dal cedente, eventualmente anche mediante contratti di appalto a terzi per l’esecuzione delle relative opere, quale termine iniziale ai fini del calcolo del quinquennio si considera quello di ultimazione della costruzione.

Infatti, come previsto dall’ art. 67 comma 1 lett. b) del TUIR, la cessione a titolo oneroso di immobili diversi dalle aree fabbricabili genera un reddito diverso imponibile, allorché:
- la vendita avvenga entro cinque anni dalla costruzione o dall’acquisto;
- il corrispettivo percepito superi il costo storico di acquisto o costruzione.

La risposta ad interpello n. 560 del 18 novembre 2022

Qualora invece si sia in presenza di una ristrutturazione, e quindi con immobile già preesistente, oggetto appunto di ristrutturazione, la decorrenza del quinquennio non viene differita al termine dei lavori.

In questo senso vedasi la risposta ad interpello n 560 del 18 novembre 2022 da parte dell’Agenzia delle Entrate.
In tale risposta è precisato che la ratio della norma è quella di assoggettare a tassazione i guadagni derivanti dalle cessioni di beni immobili posti in essere con finalità speculative da parte dei soggetti non imprenditori. Intento che si presume sempre dalla circostanza del ridotto arco temporale (cinque anni) intercorso tra la data di acquisto o di costruzione dell’immobile e la data di vendita dello stesso.

Però, sempre ai fini dell’art. 67 TUIR, non influisce sul conteggio del tempo la circostanza che l’immobile sia stato nel frattempo oggetto di un intervento di ristrutturazione ed eventualmente anche di ampliamento.

In conclusione, la cessione di un immobile ristrutturato dopo il quinquennio dalla data di acquisto non può mai originare una fattispecie imponibile, se effettuata da un non imprenditore, E questo anche in presenza di ampliamento, come nella fattispecie esaminata.

Una conferma

Una conferma, seppure indiretta, viene fornita sempre dalla amministrazione finanziaria, ancora nel 2007. Un immobile che risulta da una ricostruzione perde la sua originaria identità giuridica e catastale, per acquisirne una del tutto nuova, solo qualora non vengano rispettati i preesistenti parametri volumetrici, salvo tollerate fisiologiche variazioni. Così si è espressa la circolare ministeriale n. 11/E/2007, al punto 3.1.

“L’art. 3 del DPR 380/2001 ha incluso tra gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui alla lettera d) anche quelli di totale demolizione e fedele ricostruzione di edifici preesistenti. Poiché non è stato, però, soppresso l’art. 31 della legge n. 457/78, si chiede di sapere se la predetta inclusione abbia o meno effetto ai fini dell’applicazione dell’aliquota Iva del 10% ai sensi del n. 127-quaterdecies) della tabella A, parte III, allegata al DPR 633/72. In caso di risposta affermativa, si chiede di confermare se, qualora l’intervento di totale demolizione e fedele ricostruzione riguardi un fabbricato cd. “Tupini”, oppure un’abitazione “prima casa”, sia possibile applicare il trattamento di maggior favore (aliquota 4%) previsto per la nuova costruzione di tali fabbricati e abitazioni. R. La tabella A, parte III, n. 127-quaterdecies), del D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633, prevede l’applicazione dell’aliquota Iva ridotta del dieci per cento per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di case di abitazione non di lusso, diverse dalle c.d. prime case, e alla realizzazione degli interventi di recupero del patrimonio edilizio, di cui all’art. 31, comma 1, lett. c), d) ed e), della legge n. 457/78, concernenti, rispettivamente, il restauro e il risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia e la ristrutturazione urbanistica. Le previsioni contenute nella lett. d) dell’art. 31, della legge n. 457/78, sono state integrate per effetto dell'articolo 3 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamenti in materia edilizia, approvato con D.P.R. n. 380/2001, che ha sostituito, con modificazioni, l’art. 31 in discussione. 13 Ai sensi del comma 1, lett. d), del citato art. 3, nella categoria degli interventi di ristrutturazione sono ricompresi “anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”. Al riguardo, la scrivente ritiene che, sebbene la Tabella A, parte III, n. 127- quaterdecies), del D.P.R. n. 633 del 1972, faccia espresso riferimento all’art. 31 della legge n. 457/78, e non all’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, atteso il carattere interpretativo del predetto art. 3, l’aliquota Iva agevolata del dieci per cento sia applicabile anche ai contratti di appalto relativi alla demolizione e fedele ricostruzione, a condizione che i lavori di ricostruzione dell’edificio avvengano nel rispetto della volumetria e della sagoma di quello preesistente. Ciò chiarito, in merito al secondo quesito, relativo alla realizzazione di interventi di demolizione e fedele ricostruzione di un fabbricato cd. “Tupini”, oppure di una “prima casa”, la scrivente ritiene che non possa trovare applicazione il trattamento fiscale di maggior favore, consistente nell’applicazione dell’aliquota Iva agevolata del quattro per cento prevista, ai sensi della Tabella A, parte II, del D.P.R. n. 633/72, punto n. 39), per i contratti di appalto relativi alla nuova costruzione di tali fabbricati o abitazioni. Ciò in considerazione del fatto che a seguito dell’interpretazione autentica operata dal T.U. dell’edilizia, gli interventi di demolizione e fedele ricostruzione non possono essere ricondotti alle ipotesi di nuova costruzione, bensì concretizzano interventi di recupero di edifici preesistenti.”

Studio del Notariato su immobili oggetto di frazionamento

Può risultare interessante analizzare anche, per certi aspetti in parte collegabili a questa fattispecie, lo studio del Consiglio Nazionale del Notariato 31 gennaio 2020 n. 182-2019/T. Questo studio ha analizzato la fattispecie della rivendita di un fabbricato oggetto di frazionamento. Sono stati individuati due diversi casi; il primo in cui la vendita è posta in essere a seguito di un’attività edilizia più ampia, definita “pesante”, di cui il frazionamento costituisce solo una fase. La seconda in cui il frazionamento risulta l’unico intervento edilizio effettuato.
Nel primo caso una vendita eseguita nel quinquennio successivo al frazionamento potrà essere considerata idonea a far conseguire plusvalenze, rispettando le previsioni di cui all’art. 67 comma 1 lett. b) del TUIR.

Nell’altro caso si tratta invece di una vendita di un bene di cui il soggetto era già proprietario, ancorché l’oggetto della vendita sia un bene di minore consistenza, derivante appunto dall’effettuato frazionamento.

La rivendita post godimento del superbonus

Ricordiamo anche come l’amministrazione finanziaria si sia già espressa per escludere in ogni caso di dover considerare in detrazione dal costo, nel conteggio dell’eventuale plusvalore, ove la cessione fosse imponibile, i contributi riscossi in base al superbonus 110% ed anche agli altri bonus. In questo senso vedasi le risposte ad interpello n. 57 del 31 gennaio 2022 e n. 204 del 24 marzo 2021. E questo indipendentemente dalle modalità di utilizzo del bonus, detrazione fiscale, cessione del credito o sconto in fattura. In ogni caso non vanno a ridurre il costo sostenuto, che deve quindi essere considerato al lordo di questi benefici.

Conclusione

Nel caso di ristrutturazione di un immobile civile effettuata da un non imprenditore il quinquennio del possesso, ai fini di una eventuale applicazione dell’art. 67 TUIR, non viene modificato dai lavori effettuati. La decorrenza si ha sempre dall’acquisto del bene, risultando del tutto ininfluenti gli eseguiti lavori.

Stampa