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Cessione di fabbricato che ha usufruito del Superbonus, due casi particolari: cessione ante termine lavori e accavallamento delle norme

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 1 febbraio 2024

In tre precedenti articoli (28 dicembre, 10 e 15 gennaio, sempre ne Commercialista Telematico) abbiamo trattato della nuova fattispecie di operazione speculativa, e cioè della vendita, entro dieci anni dal termine dei lavori, di un immobile per il quale si sia usufruito del supebonus 110%. Uniche esclusioni la provenienza successoria, oppure l’utilizzo del superbonus solo con riporto in quote nella dichiarazione dei redditi (non quindi sconto in fattura o cessione a terzi) o infine l’utilizzo come abitazione principale, per la maggior parte del periodo, da parte del cedente o di suoi familiari. In tutti gli altri casi, indipendentemente dal periodo di possesso dell’immobile, previsione di operazione speculativa, con esclusione dal conteggio delle spese deducibili, al 100% oppure al 50%, di quelle oggetto di contributo.

Ne abbiamo evidenziato criticità e incertezze applicative.

Qui analizziamo due casi particolari, il primo, probabilmente poco realizzabile, ma che comunque potrebbe verificarsi, è il seguente: la vendita dell’immobile sul quale si sia usufruito dei contributi superbonus 110% ante termine dei lavori.

Il secondo caso riguarda l’accavallamento di due situazioni impositive.

 

Il primo caso. Cessione ante termine dei lavori

La norma che prevede la nuova fattispecie di reddito diverso (art. 1, commi da 64 a 67 della legge 213 del 30 dicembre 2023) fa decorrere il periodo di osservazione da lavori “conclusi da non più di 5(o 10) anni all’atto della cessione”. Letteralmente proprio così è detto. Ora, la norma inserisce una nuova previsione di reddito diverso, in aggiunta a quelle già esistenti. Quindi, per restare nel campo delle vendite di immobili, oltre alla vendita di un immobile entro i 5 anni dall’acquisto o dalla costruzione, ora si ha il reddito diverso derivante dalla vendita di un immobile su cui si siano avuti i contributi 110% entro 5 o 10 anni dalla conclusione dei lavori. Il termine di decorrenza iniziale è proprio la conclusione dei lavori, che potrà essere determinata dalla Cilas o dalla Scia.

Ci si chiede: ma se si dovesse vendere prima della conclusione dei lavori, come sarà considerata, la fattispecie? Ovviamente se si dovesse rientrare nella previsione corrente, quella prima di questa novità, e cioè vendita entro 5 anni dall’acquisto, si rientrerebbe appieno nella previsione di vendita speculativa. Appare opportuno anche ricordare come, in questo ambito, la ristrutturazione non costituisca comunque elemento da cui far decorrere il periodo quinquennale di possesso (Risposta ad interpello n. 560 del 18 novembre 2022 e, seppur indirettamente, la Circolare Ministeriale n. 11/E/2007, punto 3.1) e nello stesso tempo, in presenza di operazione speculativa ex art 67 TUIR, il contributo concesso non va detratto dai conteggi di cui all’art 68 TUIR (Risposta ad interpello n. 57 del 31 gennaio 2022 e n. 204 del 24 marzo 2021). Come si può vedere, un atteggiamento molto permissivo, per queste cessioni, soggette alle norme preesistenti.

Ma come considerare questa operazione, sulla base della nuova norma? Letteralmente non ci si rientra, mancando il periodo di riferimento iniziale. I lavori non sono stati conclusi, e quindi non si rientrerebbe nella nuova previsione. Certo la fattispecie lascia perplessi, in quanto parrebbe troppo facile aggirare la norma. Basterebbe vendere prima del termine dei lavori. E come operazione, è ben possibile. Ricordiamo quanto è stato considerato sulla base della normativa pregressa: qualora risulti che oggetto della compravendita sia un fabbricato, ancorché allo stato rustico, ovvero non ultimato ma esistente ai sensi dell'art. 2645-bis, comma 6, del codice civile (deve quindi esistere almeno un rustico comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e deve essere completata la copertura), la plusvalenza derivante dalla cessione è inquadrabile nella previsione normativa di cui all'articolo 67, comma 1, lett. b), relativa agli immobili ceduti entro cinque anni dall'acquisto o dalla costruzione.
In tale ipotesi, per verificare l'esistenza del presupposto impositivo è necessario individuare il momento da cui inizia a decorre il computo del quinquennio.
In relazione a tale aspetto, considerato che l'immobile venduto è allo stato "rustico", si ritiene che occorre riferirsi al momento in cui il manufatto è stato realizzato e cioè al momento in cui è venuto ad esistenza secondo il criterio civilistico di cui all'art. 2645-bis, comma 6, c.c..

“Il concetto di ultimazione della costruzione o dell'intervento di ripristino dell'immobile, al quale si ricollega il regime impositivo dell'operazione, deve essere individuato con riferimento al momento in cui l'immobile sia idoneo ad espletare la sua funzione ovvero sia idoneo ad essere destinato al consumo. Pertanto, come già precisato con circolare n. 38/E del 12 agosto 2005 in materia di accertamento dei requisiti prima casa, si deve considerare ultimato l'immobile per il quale sia intervenuta da parte del direttore dei lavori l'attestazione della ultimazione degli stessi, che di norma coincide con la dichiarazione da rendere in catasto ai sensi degli articoli 23 e 24 del DPR 6 giungo 2001, n. 380. Inoltre, si deve ritenere ultimato anche il fabbricato concesso in uso a terzi, con i fisiologici contratti relativi all'utilizzo dell'immobile, poiché lo stesso, pur in assenza della formale attestazione di ultimazione rilasciata dal tecnico competente si presume che, essendo idoneo ad essere immesso in consumo, presenti tutte le caratteristiche fisiche idonee a far ritenere l'opera di costruzione o di ristrutturazione completata.

Con riferimento ai fabbricati in corso di ristrutturazione si precisa che la relativa cessione si deve ritenere imponibile ad IVA a condizione che i lavori edili siano stati effettivamente realizzati anche se in misura parziale. Non è sufficiente, pertanto, la semplice richiesta delle autorizzazioni amministrative alla esecuzione dell'intervento perché il fabbricato possa considerarsi in fase di ristrutturazione. Se è stato richiesto o rilasciato il permesso a costruire o è stata presentata la denuncia di inizio attività ma non è stato dato inizio al cantiere, il fabbricato interessato non può essere considerato, ai fini fiscali, come un immobile in corso di ristrutturazione (circolare 12/E/2007). “

Ricordiamo anche quanto precisato in merito, dalla Risoluzione ministeriale n. 23/E del 28 gennaio 2009, e cioè che la cessione di un fabbricato in corso di costruzione, ma “esistente” dal punto di vista urbanistico (ossia costituito dal rustico comprensivo di mura perimetrali delle singole unità e di copertura), genera plusvalenza tassata ai fini Irpef, quando avviene entro cinque anni dalla sua “venuta ad esistenza”.
Diversamente, qualora l’edificio non possa essere considerato “esistente” sotto il profilo urbanistico, si configura una cessione di area edificabile che genera, in ogni caso, plusvalenza imponibile ad Irpef.

La Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 15850 dell’8 giugno 2021, ha precisato che, nel caso in cui la dichiarazione di fine lavori del direttore evidenzi che una porzione di fabbricato è ancora da ultimare, per verificare la data di ultimazione della costruzione o dell’intervento occorre riferirsi a quella del successivo certificato di agibilità.

 

Il secondo caso. Un accavallamento delle norme

Ben potrebbe verificarsi un caso in cui siano applicabili due normative diverse, non essendoci una precisa prevalenza di una norma rispetto ad un’altra. Chi deciderà quale norma applicare?

Si tratta di questo; vendita di un immobile acquisito da meno di 5 anni, ovviamente non per successione e nemmeno adibito per la maggior parte del periodo ad abitazione principale dal proprietario o da familiari, sul quale si siano effettuati lavori che hanno dato origine ai contributi superbonus, con sconto in fattura o ceduti a terzi. Si tratta di una operazione che rientra in due norme diverse, sempre come reddito diverso.

Può infatti rientrare nel testo di base dell’articolo 67 del TUIR; si tratta di operazione speculativa, che in base alle interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate più sopra riportate è tassata con la possibilità di detrarre le spese sostenute, indipendentemente dal contributo incassato. Quindi plus tassata al lordo del contributo.

Ma rientra anche nella nuova norma, e non essendo passati 5 anni dalla conclusione dei lavori, la tassazione sarà piena, senza poter detrarre le spese di cui al superbonus.

Come si può notare, una differenza rilevantissima, e assolutamente ingiustificata. Magari l’Agenzia delle Entrate riterrà prevalente la nuova norma, ma in effetti manca un preciso riferimento obbligatorio a questa. La disposizione di cui all’articolo 67 originario del TUIR è sempre in vigore, e la scelta fra le due norme pare che sia del tutto libera.

Qualche esemplificazione

Potrebbe risultare interessante esaminare qualche esemplificazione pratica di sintesi, per immobili non pervenuti per successione e non adibiti per la maggior parte del periodo ad abitazione principale del proprietario o di suoi familiari e oggetto di superbonus 110% con sconto in fattura o cessione del contributo.

Caso a): vendita di un immobile ristrutturato, con lavori terminati, acquistato da meno di 5 anni; incertezza tra applicazione dell’art.67 del TUIR (con detrazione di tutte le spese di cui al superbonus, al lordo dei contributi) e applicazione della nuova norma, con nessuna detrazione delle spese di cui al superbonus.

Caso b): stesso caso, con lavori non terminati. Probabilmente applicazione solo dell’articolo 67 del TUIR, e nessuna applicazione della nuova norma.

Caso c): vendita di un immobile ristrutturato, indipendentemente dalla data di acquisto, entro 5 anni dal termine dei lavori: spese di cui al superbonus non detraibili dalla plusvalenza.

Caso d): vendita di un immobile ristrutturato, indipendentemente dalla data di acquisto, tra i 5 e i dieci anni dal termine dei lavori: spese di cui al superbonus detraibili al 50%. E costo di acquisto rivalutato in base agli indici ISTAT. Incertezza circa la rivalutazione anche dei costi di costruzione.

 

Conclusione

Qualora l’immobile ceduto, oggetto di interventi che hanno usufruito del superbonus, nelle modalità sopra indicate, sia posseduto da oltre 5 anni, in base alle norme preesistenti sarebbe escluso da tassazione. In base alle nuove norme, tenuto conto che la nuova previsione decorre dal termine dei lavori, potrebbe sembrare possibile rendere inapplicabili tali norme cedendolo ante fine dei lavori. Letteralmente così risulterebbe.

Quanto poi a vendite che sarebbero rientrate anche nella vecchia previsione di speculatività, incertezza circa quale delle due norme applicare, quella di base, oppure la nuova.

Per altre considerazioni sulla norma, rimandiamo ai nostri tre precedenti articoli.

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