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Cessione di immobile che ha usufruito del Superbonus: particolarità e problemi applicativi

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 10 gennaio 2024

Nella seduta del 22 dicembre il Senato ha approvato il disegno di legge relativo al bilancio di previsione 2024 (ddl n. 926) e lo ha subito trasmesso alla Camera (ddl n. 1627), per l’approvazione entro fine anno. A questo punto appare ragionevole che il testo sarà approvato in questi termini, senza variazione alcuna.

La norma, nella parte che qui ci interessa, relativa alle cessioni di immobili che hanno usufruito del superbonus, non ha subito alcuna modifica, rispetto al disegno di legge originario. Sono variati solo i numeri (prima si trattava dell’articolo 18, commi 2, 3 4 e 5 del ddl 926, mentre ora l’articolo è 1, commi 64, 65, 66 e 67 del ddl 1627). Invero è stata anche espunta una indicazione, comma 2 lettera a) numero 1), riferita alla lettera b-bis) che era preceduta dalla parola “successiva”, ora appunto eliminata, in quanto evidentemente risultata superflua.

Tutto il resto è del tutto perfettamente identico.

Varie proposte di modifiche, sorte in sede di discussione parlamentare, sono state tutte dichiarate inammissibili oppure respinte.

Come anticipato, ci riferiamo alla nuova presunzione di operazione speculativa, la vendita di un immobile, indipendentemente dalla data di possesso, su cui siano stati effettuati interventi aventi ad oggetto il superbonus 110%. Il riferimento, come termine iniziale, decorre dal termine dei lavori, e il periodo di osservazione è di 10 anni.

La nuova operazione speculativa

La norma introduce, dall’1 gennaio 2024, una nuova operazione speculativa, per le persone fisiche. Si tratta della vendita, entro dieci anni dal termine dei lavori, di immobili che abbiano usufruito del superbonus 110% utilizzato mediante sconto in fattura oppure cessione del credito. Non con riporto del credito in dichiarazione dei redditi.

Uniche esclusione gli immobili pervenuti per successione, oppure quelli che per la maggior parte del periodo (dieci anni oppure del minor periodo di possesso) siano stati utilizzati in proprio come abitazione principale dal cedente o dai suoi familiari. Si osserva subito una situazione particolare. Ove l’immobile fosse adibito ad abitazione principale del cedente o di suoi familiari, e appunto così utilizzato per la maggior parte del periodo dalla ultimazione dei lavori, la speculatività non ci sarebbe. Quindi se, una volta finiti i lavori, l’immobile diventasse residenza principale del cedente o di un suo familiare, e poi fosse venduto, anche dopo breve tempo, la speculatività ne sarebbe del tutto esclusa.

Quanto al conteggio, qualora la cessione sia effettuata entro 5 anni dal termine dei lavori, saranno esclusi dal conteggio dell’eventuale plusvalore le spese oggetto di contributi. Se la cessione sia invece effettuata tra i 5 e i 10 anni, detrazione a metà di tali spese. In quest’ultimo caso il prezzo di acquisto è comunque rivalutato in base agli indici ISTAT del costo della vita. La norma precisa, in alternativa, che sarà da rivalutare anche il costo di costruzione. Il che non appare del tutto chiaro, da un punto di vista pratico. E’ stato utilizzato “o”, come alternativa (acquisiti o costruiti), ma trattandosi di lavori effettuati su immobili, più correttamente a nostro avviso avrebbe dovuto essere utilizzata la congiunzione “e”. Si rivalutano sia il costo di acquisto che i lavori sostenuti. Non può che essere così.

In buona sostanza la nuova norma non riconosce in detrazione, in presenza di operazioni speculative, le spese sostenute relativamente ad operazioni che hanno consentito l’utilizzo del superbonus 110%, nel caso di cessione del credito o sconto in fattura. E fino a qui non ci sarebbe da stupirsi. Infatti, ove non ci fosse questa ripresa, il beneficio sarebbe doppio; da una parte il superbonus, dall’altra la deducibilità di spese che in effetti non sono state sostenute, essendo di fatto più che azzerate.

Quanto all’imposta, è possibile chiedere la applicazione della imposta sostitutiva del 26%, in luogo della imposta Irpef.

La situazione al 2023

Ricordiamo come, a normativa ante variazione, l’Agenzia delle Entrate si fosse invece pronunciata in senso molto permissivo. La ristrutturazione non costituiva elemento da cui far decorrere il periodo quinquennale di possesso (Risposta ad interpello n. 560 del 18 novembre 2022 e, seppur indirettamente, con la Circolare Ministeriale n. 11/E/2007, punto 3.1) e nello stesso tempo, in presenza di operazione speculativa ex art 67 TUIR, il contributo concesso non andava detratto dai conteggi di cui all’art 68 TUIR (Risposta ad interpello n. 57 del 31 gennaio 2022 e n. 204 del 24 marzo 2021). Come si può vedere, un atteggiamento molto permissivo.

Le criticità della nuova norma

La nuova norma, che non si limita in ogni caso a quanto sopra anticipato, ha delle evidenti criticità, a nostro avviso.

Poteva benissimo affermare che, in presenza di operazione speculativa, e quindi tassabile di per sé stessa (immobile acquistato da meno di 5 anni oppure non utilizzato in proprio o da familiari per la maggior parte del periodo), le spese oggetto di superbonus non potevano essere detratte. Questa poteva essere una indicazione corretta, e sicuramente del tutto condivisibile. Ma il legislatore non si è limitato a questo, e si è allargato. Intanto ha esteso il periodo di osservazione da 5 anni a 10 anni, seppure in questo caso con un trattamento in parte differenziato, e poi ha fatto decorrere il periodo di osservazione non dall’acquisto, come è sempre stato, e come parrebbe del tutto logico che fosse, ma dal termine dei lavori.

Potrebbe quindi verificarsi che la cessione di un bene, posseduto da decenni, solo per effetto della effettuata ristrutturazione con superbonus, faccia diventare la vendita operazione speculativa, e questo con una durata del tutto inusuale.

Quasi che la speculatività sia vista nella concessione ai lavori o meglio nell’utilizzo del superbonus, non nei lavori. Nel contempo, e non se ne comprende la ragione, invero, vengono escluse le provenienze successorie. Ma se si ritiene di trovare la speculatività nel termine dei lavori, appare del tutto ininfluente la modalità di acquisizione, come pure i relativi tempi, dovendo ora solo guardare al termine dei lavori.

Non si comprende poi perché ci si riferisca ai soli casi della cessione del credito e sconto in fattura, e non in presenza di credito indicato nei modelli Unico. Le fattispecie ci paiono strutturalmente identiche, lavori con il beneficio del superbonus. Quasi che la speculatività a questo punto fosse vista nella cessione del credito! E’ di tutta evidenza come una costruzione di questo tipo presti il fianco a facili contestazioni per disparità di trattamento.

Si osservano poi altre evidenti disparità di trattamento. Le cessioni effettuate nel 2023 sono soggette alle norme precedenti; con il solo passare di un giorno, dall’1 gennaio 2024 la stessa operazione diventa operazione speculativa. La cosa non ci convince.

A nostro avviso la norma potrebbe essere dichiarata incostituzionale, trattando in modo differenziato soggetti che hanno compiuto operazioni similari, al solo verificarsi di una modalità di ottenimento del superbonus. E in ogni caso, si potrebbe ritenere che la speculatività possa essere considerata solo in presenza di determinati presupposti temporali. Se al momento in cui è stato ottenuto il superbonus la speculatività non esisteva, come fa a verificarsi in presenza di una vendita, e con decorrenza dal termine dei lavori? Qualcosa pare non essere del tutto coerente.

Le criticità rilevate da altri

Riportiamo degli estratti da qualche audizione effettuata presso le Commissioni del Senato, documenti rintracciabili nel sito del Senato.

Secondo Confedilizia (audizione del 7 novembre 2023) “l’elemento assolutamente incongruo è il fatto che la fattispecie sia riferibile anche ad immobili acquistati decenni prima, per i quali si perde qualsiasi connessione con l’intento speculativo.” E conclude chiedendo due cose: l’esclusione dei fabbricati in condominio, essendo ogni decisione relativa ai lavori demandata alla assemblea condominiale, e riservando il nuovo regime solo ad acquisti successivi alla entrata in vigore della norma sul superbonus.

Secondo ANCE (audizione sempre del 7 novembre 2023) valutazione del provvedimento è negativa per due motivi; da una parte penalizza chi ha effettuato lavori con il superbonus, di fatto restituendo la concessa agevolazione mediante la tassazione della plusvalenza, dall’altra ostacola la circolazione di immobili “performanti”, la cui “riqualificazione si pone in linea con gli obiettivi green fissati dall’Europa”.

Anche il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti è stato sentito (audizione del 9 novembre 2023). La nuova norma genera ex novo “un prtesupposto imponibile sino ad oggi inesistente, in funzione di scelte compiute dal contribuente in un momento in cui non poteva sapere che, compiendo tali scelte, si sarebbe determinato questo per lui negativo effetto fiscale. Pertanto la norma, “pur disponendo per il futuro, ha innegabilmente il retrogusto amaro della retroattività, e si pone evidentemente in contrasto con il principio del legittimo affidamento del contribuente”. Evidenzia poi che le perplessità “sono ancora più evidenti se si considera che la misura non viene citata in relazione tecnica e quindi non risponde nemmeno all’esigenza, discutibile, ma comprensibile, di reperire coperture finanziarie per altri provvedimenti di maggiore spesa o di minore entrata presenti nella manovra”.

In conclusione

Si tratta di una norma molto penalizzante, dettata probabilmente per far rimpiangere, a chi abbia ceduto il credito derivante da superbonus, il richiesto beneficio. Ma invero non se ne comprende la ragione. I lavori di cui al superbonus non possono costituire elemento costitutivo iniziale di una operazione speculativa, tantopiù nel caso di proprietà acquisita nel passato; ne manca ogni presupposto logico. In ogni caso si tratta di una norma di fatto con applicazione retroattiva, il che in campo tributario non dovrebbe essere ammesso.

Per quanto concerne i lavori condominiali, poi, la presunzione di speculatività non regge.

Ci paiono esistere plurimi motivi di disparità di trattamento, e ci attendiamo plurime eccezioni di incostituzionalità.

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