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Donazioni con bonifico, donazioni indirette e donazioni nulle

di Giuseppe Rebecca 
portale IL CASO.it, 29 dicembre 2017 

La Cassazione a Sezioni Unite ha posto la parola fine alle do­nazioni cosiddette “informali”, cioè a quelle donazioni di non modico valore effettuate senza atto pubblico (Cassazione n. 18725 del 27 luglio 2017, Presidente Renato Rorford e rel. Al­berto Giusti). Nella fattispecie il riferimento era alle donazioni effettuate con bonifico bancario; la Corte di Cassazione ha ap­punto confermato che si tratta di donazioni nulle.

E questa sentenza ha un duplice risvolto, sia per gli effetti tra le parti, sia ai fini tributari.

Prima della sentenza appena citata, il quadro si delineava con numerose pronunce conformi, si pensi a Cassazione, Sez. II, 30 luglio 1990, n. 7647; Cassazione, Sez. II, 6 novembre 2008, n. 26746; Trib. Milano, Sez. IV, 21 aprile 2011; Trib. Monza 9 lu­glio 2012, ed alcune difformi, ossia App. Trieste 20 dicembre 2011; Cassazione, Sez. V, 24 giugno 2016, n. 13133.

Il caso concreto

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione lo scorso luglio si sono pronunciate su una fattispecie assai frequente: l’attribu­zione a titolo gratuito di valori mobiliari.

Tizio, pochi giorni antecedenti il suo decesso, aveva trasferito un importo rilevante (e, dunque, non di modico valore) di stru­menti finanziari alla propria figlia Caia. La banca, eseguendo l’ordine impartito da Tizio, ha proceduto con il trasferimento. A seguito poi della morte di Tizio e della successiva apertura della successione, l’altra figlia del defunto, Sempronia, aveva invo­cato la nullità del negozio appena citato in ragione del fatto che era privo della necessaria forma solenne.

Le Sezioni Unite, conformemente alla prevalente dottrina, hanno considerato la fattispecie quale donazione diretta ex art. 769 c.c., di cui la sola esecuzione materiale è avvenuta indiret­tamente tramite banca; come tale, nulla per mancanza di forma. Non si è quindi trattato di donazione indiretta, per la quale non ci sono particolari requisiti di forma, come vedremo.

La Suprema Corte ribadisce che “occorre domandarsi se la stabilità del trasferimento di ricchezza attuato donandi causa a mezzo banca sia subordinata all’adozione dello schema for- male-causale della donazione; o se l'attribuzione liberale a fa­vore del beneficiario rappresenti una conseguenza indiretta giu­stificata dal ricorso ad un 'operazione trilaterale di movimenta­zione finanziaria con l'intermediazione dell 'ente creditizio””.

I giudici di legittimità proseguono con la loro analisi distin­guendo quelle che sono le donazioni dirette da quelle indirette, e affermano che “ il regime formale della forma solenne (fuori dai casi di donazione di modico valore di cosa mobile, dove, ai sensi dell 'art. 783 cod. civ., la forma è stata sostituita dalla tra- ditio) è esclusivamente proprio della donazione tipica, e ri­sponde a finalità preventive a tutela del donante,per evitargli scelte affrettate e poco ponderate, volendosi circondare di par­ticolari cautele la determinazione con la quale un soggetto de­cide di spogliarsi, senza corrispettivo, dei suoi beni. Per la vali­dità delle donazioni indirette, invece, non è richiesta la forma dell 'atto pubblico, essendo sufficiente l'osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l'art. 809 cod. civ., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall'art. 769 cod. civ., non richiama l'art. 782 cod. civ., che prescrive l'atto pubblico per la donazione (Cass., Sez. III, 11 ottobre 1978, n. 4550; Cass., Sez. II, 16 marzo 2004, n. 5333; Cass., Sez. I, 5 giugno 2013, n. 14197)”.

Fino a qui, la citata sentenza della Cassazione.

La forma nelle donazioni

L’articolo 782 del codice civile prevede per le donazioni la forma solenne dell’atto pubblico, “sotto pena di nullità”; è altresì richiesta la presenza di due testimoni (art. 47 e 48 della legge notarile 89/13). Per le donazioni di modico valore, invece, l’art. 783 del Codice Civile non prevede alcuna forma particolare, solo la tradizione. In questi casi la modicità è determinata in base a due previsioni, quella oggettiva (valore del bene) e quella sog­gettiva (la consistenza del patrimonio del donante).

Va altresì tenuto in considerazione che la presenza di un no­taio per la redazione di detti atti non è finalizzata a rendere irri­levante un eventuale conflitto di apprezzamenti da parte degli interessati relativamente alla titolarità o all’esercizio delle situa­zioni giuridiche, ma, molto più semplicemente lo stesso è chia­mato a chiarire il valore negoziale, giuridicamente rilevante, della manifestazione stessa. “La forma sarebbe intesa es­senzialmente a favorire la riflessione dell 'autore della dichiara­zione negoziale, quando questa non ha, secondo la valutazione del legislatore, una ragione di per sé sufficientemente giustifi­cativa'’” (A. Liserre, Il formalismo negoziale e testamentario, Mi­lano, 1966, 93 ss.).

Tutto ciò vale per le donazioni dirette.

Per le donazioni indirette, invece, la dottrina si è per lo più dichiarata a favore di una tesi liberale in merito alla forma, e la Cassazione ha più volte avallato questa soluzione (Cass. 16 marzo 2004, n. 5333; Cass. 29 marzo 2001, n. 4623; Cass. 21 gennaio 2000, n. 642; Cass. 10 aprile 1999, n. 3499; Cass. 23 dicembre 1992, n. 13630; Cass. 28 novembre 1988, n. 6416; Cass. 19 febbraio 1985, n. 1446; Cass. 9 dicembre 1982, n. 6723; Cass. 18 dicembre 1970, n. 2710; Cass. 23 gennaio 1967, n. 203; Cass. 28 gennaio 1943, n. 117). In particolar modo, si segnala la sentenza della Cassazione n. 5333/2004 nella quale è stato chia­rito che “la donazione indiretta è caratterizzata dal fine perse­guito di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall'ordinamento; rea­lizzazione dunque che può venire attuata anche mediante un col­legamento tra più negozi, ossia un preliminare e il pagamento del prezzo, procurando in tal modo al destinatario della libera­lità il diritto di rendersi intestatario del bene, non essendo ne­cessaria la forma dell 'atto pubblico prevista per la donazione, ma bastando l'osservanza della forma richiesta per l'atto da cui la donazione indiretta risulta. Non costituiscono ingiuria grave verso il donante, al fine della revoca della donazione per ingra­titudine ai sensi dell'articolo 801 del cc, né il rifiuto di accon­sentire alla richiesta del donante di vendita di immobile oggetto di donazione (tale richiesta equivalendo a una pretesa di resti­tuzione del bene legittimamente rifiutata indipendentemente dai motivi della stessa), né quei comportamenti di reazione legittima (perché attuata attraverso gli strumenti offerti dall'ordina­mento) tale richiesta e ad altri atti in vario modo finalizzati a sostenerla'” .

La donazione indiretta: definizione e casi

La donazione indiretta è quel negozio giuridico che permette di conseguire il medesimo effetto di una donazione “formale”, e cioè un incremento del patrimonio del soggetto beneficiario gra­zie a detta liberalità, con il correlativo depauperamento del pa­trimonio del soggetto disponente (il donatario) per semplice spi­rito di liberalità. Esempi di atti unilaterali riconducibili a dona­zioni indirette sono: “l'adempimento di un pagamento dovuto da altri, la rinuncia a un credito o a un diritto reale, la electio amici in dipendenza della stipula di un contratto “per persona da nominare”, il rilascio di una “delega” ad operare su un conto corrente senza obbligo di rendiconto, l'istituzione di un trust; esempi di contratti sono: la vendita con corrispettivo vo­lutamente irrisorio, l'assicurazione o un altro contratto a favore di un terzo, l'accollo di un debito altrui) ” (Angelo Busani, Cor­riere Tributario n. 45/2017 p. 3538.).

Un altro caso classico e particolarmente diffuso è quello dei genitori che pagano il prezzo dovuto dal figlio per comprare un appartamento.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nella sentenza del 2017, fornisce anche un dettagliato elenco di tutti i casi in cui la donazione indiretta può realizzarsi:

• il cosiddetto contratto a favore di terzo: ad esempio quando si versa una somma su un conto cointestato e, quindi, in so­stanza, si arricchisce il cointestatario che beneficia dell’al­trui versamento;

• il pagamento di un debito altrui (si pensi al padre che paga una o più rate del mutuo intestato al figlio);

• il pagamento di un prezzo dovuto da altri (si pensi al genitore che paga il prezzo dell’appartamento che viene intestato al figlio);

• la vendita di un bene a un prezzo irrisorio (che è una dona­zione per la differenza tra il valore del bene ed il prezzo pa­gato);

• la rinuncia a un proprio credito a favore del debitore che, in tal caso, è anche il beneficiario della donazione.

Donazione nulla: fattispecie ed effetti

La donazione è nulla:

• se manca uno dei suoi elementi essenziali;

• se ha causa illecita, o oggetto illecito, impossibile, indeter­minabile;

• se contrasta con una norma imperativa.

In tali casi la donazione è impugnabile da chiunque vi abbia interesse ed in qualsiasi tempo.

La donazione nulla è poi convalidabile mediante conferma espressa o esecuzione volontaria, dopo la morte del donante, e nella conoscenza della causa di invalidità (art. 799).

Sotto il profilo degli effetti, se il donante muore, dopo aver effettuato una donazione nulla, i suoi eredi avranno diritto a farsi restituire la somma donata dal donatario, a prescindere dal fatto che la donazione sia, o meno, lesiva dei diritti di legittima. In­fatti, la donazione nulla sta a significare che il bene donato (eventualmente anche denaro) non è mai uscito dalla sfera giu­ridica del donante e che, quindi, egli (o, appunto, il suo erede) ha il diritto di pretenderne la restituzione. Ricordiamo che se in­vece si fosse in presenza di donazione valida - e questo accade nel caso della donazione indiretta o della donazione diretta sti­pulata con atto pubblico - (per poterla contestare da parte degli eredi del donante) occorre che essa abbia leso la quota di legit­tima.

Qualora si tratti di donazioni nulle, è di tutta evidenza come non possano essere considerate manifestazioni di capacità con­tributiva e conseguentemente non possano essere considerate tassabili.

Non dovrebbe quindi più essere richiesta alcuna imposta, come invero è stato, nel passato (Cassazione n. 634/2012 e n. 22118/2010 avevano avallato il comportamento degli uffici che sostenevano che fosse dovuta l'imposta di donazione in presenza di trasferimento informale di denaro tra nonni e nipoti, anche minorenni, o tra genitori e figli). Ma se la donazione è nulla per mancanza del prescritto requisito formale, non si può ovvia­mente pretendere l'applicazione dell'imposta di donazione. Né si può affermare che l'imposta di donazione si deve applicare, come l'imposta di registro, anche agli atti nulli (articolo 38, Dpr 131/1986), in quanto queste imposte presuppongono appunto un "atto", che nella fattispecie manca.

Donazione indiretta e donazione “informale” - Tassazione

La distinzione tra la donazione indiretta e quella informale non appare comunque mai semplice.

La donazione in generale è valida salvo al rispetto di determi­nate regole formali, nonché non è richiesto alcun requisito, come ha confermato la sentenza della Cassazione.

Nel testo unico dell’imposta di successione e donazione (D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346), le liberalità diverse dalla do­nazione “formale” sono osservate in una pluralità di norme:

a) l’art. 1, comma 1, ove si sancisce che l’imposta sulle dona­zioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti “per donazione o altra liberalità tra vivi”;

b) l’art. 1, comma 4, ove si sancisce che l’imposta di dona­zione non si applica ai casi di “donazione o liberalità di cui agli artt. 742 e 783 del Codice civile” (vale dire per le “spese non soggette a collazione”, di cui all’art. 742 c.c., e per le donazioni “di modico valore”, di cui all’art. 783 c.c.);

c) l’art. 1, comma 4-bis, ove si sancisce che, ferma restando “l'applicazione dell'imposta anche alle liberalità indirette risul­tanti da atti soggetti a registrazione ”, l'imposta però non si ap­plica nei casi di donazioni o di altre liberalità “collegate” ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immo­biliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per tali atti sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in misura proporzionale, o dell 'imposta sul valore aggiunto [...] A questo punto, occorre chiedersi a cosa il legislatore del D.Lgsl n. 346/1990 abbia inteso riferirsi (e quale scopo abbia perseguito) parlando variamente (o confusamente) di “altra liberalità tra vivi” (all’art. 1, comma 1), di “liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione” (all’art. 1, comma 4-bis), di “do­nazioni indirette” (all’art. 55, comma 1-bis), di “liberalità diverse dalle donazioni” (all.art. 56-bis, comma 1) e di “atti di liberalità tra vivi dalla donazione (all’art. 58,comma 5) ” (An­gelo Busani, Ibidem).

Non esiste comunque un obbligo di registrare le donazioni in­dirette.

Si riporta l’interessante tabella predisposta dal Notaio Angelo Busani. 

Donazione “in­formale” non risul­tante da atto sog­getto a registra­zione

 

 -

Non sussiste il presupposto per la sua tassazione

Donazione “in­diretta” risultante da atto soggetto a registrazione

 

 -

Non sussiste il presupposto per la sua tassazione

Donazione “in­diretta” o “infor­male” risultante (anche per enun­ciazione) da atto soggetto a regi­strazione

Rientrante nell'esonero da tassazione di cui all'art. 1, comma 4-bis, D.Lgs n. 346/1990

Non sussiste il presupposto per la sua tassazione

Facoltà di regi­strazione volonta­ria

Aliquote “ordi­narie” (4%, 6%, 8%)

Franchigie “or­dinarie” (100 mila, 1 milione, 1,5 mi­lioni)

 

Donazione di­chiarata nell'am­bito di un procedi­mento di accerta­mento

Aliquote dell'8% Franchigie “or­dinarie” (100 mila, 1 milione, 1,5 mi­lioni)

 

Effetti di donazione nulla

Qualora la donazione di denaro fatta in vita dal de cuius sia dichiarata nulla, la relativa somma diviene oggetto di un credito del de cuius verso l’erede donatario, alla cui quota la somma stessa deve essere imputata , a norma dell’art. 724, comma II, c.c. (Cass. Civ. Sez. II, sent. n. 20633 del 30 settembre 2014).

I casi sono numerosi. Come conseguenza si avrà la collazione. La nullità della donazione comporta la qualificazione dell’im­porto donato come credito ereditario in favore dell’asse e a ca­rico del soggetto al quale il denaro venne attribuito.

Ne segue che il coerede (già donatario) dovrà, in sede di divi­sione, imputare alla propria quota la somma già ricevuta ai sensi del II comma dell’art. 724 cod. civ., a meno che non l’abbia pre­cedentemente restituita alla massa, estinguendo così il proprio debito.

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