Contratto di leasing e art.1526 cod. civ. - Equo compenso ed altro

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di Giuseppe Rebecca
Il Diritto Fallimentare e delle Società Commerciali, N.4 - 2003

1. Introduzione – La Cassazione, con una serie di sentenze invero datate (sono del 13 dicembre 1989, dal n. 5569 al n. 5574), ha inquadrato le problematiche derivanti dalla risoluzione di un contratto di leasing, leasing traslativo oppure leasing di godimento. In Italia, la fattispecie leasing di godimento è praticamente inesistente (sennò si rientrerebbe, sotto l’aspetto pratico, nel noleggio), ragione per cui non appare nemmeno interessante analizzare approfonditamente le differenze tra le due previsioni, differenze che invero non possono essere limitate, ad una mera valutazione del rapporto tra valore effettivo del bene alla fine del contratto e valore di riscatto. Non entriamo comunque nel merito di questa problematica, e trattiamo specificatamente della risoluzione di un contratto di leasing traslativo, in sede di fallimento. In questo campo si osserva un gran proliferare di sentenze e di studi, non sempre però del tutto appaganti per gli interessati. E probabilmente anche le stesse società di leasing poco hanno fatto per cercare di arrivare ad una soluzione più semplice, più razionale, soluzione che sarà in seguito illustrata. 2. Generalità. – Nel caso di risoluzione di un contratto di leasing traslativo, per inadempimento dell’utilizzatore, l’applicazione dell’art. 1526 codice civile, oramai ritenuta indiscussa, prevede che «il venditore (concedente) deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno». (1) Nel tempo la giurisprudenza ha dato soluzioni diverse per cercare di determinare, in via equitativa, l’importo a favore della società di leasing, proponendo, tra le altre, di determinarlo come il giusto utile, oltre al recupero del finanziamento. (...)

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